martedì 28 febbraio 2012

Contraddizioni all'italiana

1. Finti poveri senza dignità e veri poveri con una grande dignità

Da una parte, un evasore finto povero di Limena (Padova) affita in nero a clandestini,
un amministratore di condominio 72enne, milionario, con la faccia tosta di chiedere prestazioni sociali agevolate al proprio Comune, dichiarando un patrimonio mobiliare e immobiliare pari a zero.
Dall'altra a Vicenza un clochard restituisce un borsello con 500 euro, dichiarando: "Non li voglio, sono troppi soldi. Ho fatto solo il mio dovere".

2. Stipendi operai tra i più bassi in Europa e stipendi dirigenti e politici tra i più alti al mondo

Secondo i dati Eurostat, pubblicati nel rapporto ‘Labour market statistics’ e relativi all’anno 2009, lo stipendio medio annuo di un lavoratore italiano è stato di 23.406 euro contro i 48.914 di un lavoratore del Lussemburgo, i 44.412 di un lavoratore olandese, i 41.00 di un lavoratore tedesco, i 40.698 di un lavoratore belga.

I nostri lavoratori guadagnano di più solo di un lavoratore di Malta, Slovacchia, Slovenia e Portogallo e si collocano in fondo alla graduatoria dei redditi europei.
Contro questi dati relativi ai lavoratori, stride il livello degli stipendi dei manager italiani, che invece risultano i più alti in Europa.
La media per il 2008 dei nostri manager si è attestata su circa 2,15 milioni di euro, a fronte di una media europea pari a circa 1,82 milioni (secondo una ricerca di Assonime).

3. La terra che diede i natali ai più grandi navigatori della storia, da Cristoforo Colombo ad Amerigo Vespucci, è diventata la patria di comandanti imprudenti di immense navi oltre la misura d'uomo.

4. Gli italiani (e coloro che sono stati eletti) sembrano preferire le faraoniche opere come TAV, MOSE, treni superveloci Roma-MIlano, gli F-35... rispetto ad una efficienza minima dei servizi pubblici di base.

giovedì 9 febbraio 2012

L'unica pensione sicura!

Mai come in questi mesi sto vivendo a contatto con la gente, operai, famiglie, immigrati... oltre al fatto che anch'io come padre, marito e lavoratore sono DENTRO le dinamiche quotidiane della vita.
Di fronte a quanto sta succedendo nel nostro Paese, tra scandali (quale partito si salva? quale nave è così sicura?) e tentativi di riforma (mercato del lavoro, legge elettorale, sistema fiscale, ecc...), osservo incuriosito le reazioni della gente e mi interrogo...

1. La gente preferisce schierarsi con chi contesta tutto e tutti, accusa e grida. Perchè in un certo modo rappresenta quel malessere interiore che è più collegato con il mondo delle relazioni affettive che con quello economico.

2. La sicurezza, la stabilità, la fiducia... sono sempre più esperienze che vengono collegate alla quantità di denaro e di servizi piuttosto che alla qualità delle relazioni, familiari, comunitarie, ecc...

3. La crescita è ormai sinonimo di mercato libero e di azioni commerciali. Sembra quasi che un Paese cresce, si sviluppa, è felice, sta bene... solamente se circolano soldi liquidi. Fanno girare il mercato, si dice. Ma un operaio sarà veramente più felice se il suo stipendio aumenterà di qualche centinaio di euro? Sarà veramente più felice se dentro ad un centro commerciale potrà comprare un prodotto in più?

4. A volte, come rappresentante sindacale, mi sembra di lottare per difendere i capricci di alcuni lavoratori, ho proprio la sensazione di aiutarli a scavarsi la fossa di una superficialità culturale che porta solo a tanta rabbia e cattiveria. Assisto a continue scenate che oltre ad essere sterili non fanno altro che rovinare il fegato di molti lavoratori. Avrei voglia di proporre un altro stile di vita, più fondato sulle relazioni che sul denaro. Ormai è questa la vera lotta di classe, da una parte "padroni e operai" indistintamente, soli a difendere i propri capricci individuali, dall'altra persone che cercano di creare relazioni, comunità, famiglia, amicizia... vero sostegno, unica pensione sicura!

Religione e marketing

La fede non è un prodotto come gli altri

intervista di Nadia Henni-Moulaï a Éric Jaffrain

Lei parla della Chiesa come un “prodotto”. Che cosa significa?
Da diversi anni, la Chiesa (cattolica) presenta la religione come si presenta un prodotto di consumo, usando l’approccio nato dal marketing commerciale. A mio avviso, si tratta di un errore strategico fondamentale: la Chiesa non deve vendere se stessa, ma il suo prodotto centrale. Non si vende la fede come uno spazzolino da denti.

La Chiesa sarebbe quindi un’azienda...
Assolutamente! Ma che manca di chiarezza nella sua visione, nella sua missione e nei suoi prodotti. La sua strategia d’impresa è troppo legata alla propria marca, in quanto cerca di venderla come prodotto centrale. Oggi, la Chiesa difende più la propria azienda che Dio, nel senso che il packaging (riti, forme di devozione, atmosfera, gerarchia) diventa il modo di consumo inaggirabile. In questo, l’istituzione si è sostituita alla figura divina: prima di tutto, non siete credenti, ma cattolici. (continua)