...i 10 comandamenti non sono
più gli stessi
di Alberto MAGGI
Dopo la lettura di Benigni i
comandamenti non sono più gli stessi. Chi potrà mai dimenticare che il
comandamento “Non rubare”, Dio l’ha scritto direttamente nella lingua italiana,
in quanto insegnamento esclusivo per la corrotta Italia! Forse
se la Chiesa avesse insistito meno sul sesso (tema ignorato da Gesù nel suo
insegnamento) e più sul peccato di corruzione, sull’avidità, sull’ingordigia
– atteggiamenti denunciati con forza da Gesù in quanto ritenuti la causa di
ogni ingiustizia umana - la società sarebbe differente.
E si spera che la Chiesa cattolica di Papa Francesco cancelli definitivamente
dal Catechismo della Chiesa l’infelice articolo nel quale si legittima la pena
di morte. In uno dei momenti più alti di tutto il programma, l’attore, con i
tratti del volto tesi, ha infatti denunciato una società omicida che sopprime
solo per legittimare i propri interessi e mai per giustizia.
Alla fine comunque Roberto
Benigni è riuscito a scontentare tutti, sia i conservatori reazionari
(come si è permesso ridicolizzare l’insegnamento della Chiesa cattolica sulla
sessualità?) sia i progressisti, sempre con la puzza sotto il
naso, che hanno trovato non abbastanza provocatoria l’interpretazione che ha
dato dei comandamenti di Mosè.
Eppure nella prima serata i
tradizionalisti avevano esultato vedendo con quale enfasi, quasi da
telepredicatore pentecostale, Benigni aveva presentato i primi tre
comandamenti, quelli esclusivi del popolo di Israele, centrati sull’unicità di
Dio. Ma poi Benigni ha rovinato tutto ieri sera, denunciando il crimine di
una Chiesa sessuofoba che ha manipolato la stessa parola di Dio e trasformato
il comandamento “Non commettere adulterio” in “Non commettere atti impuri”,
rovinando così generazioni di adolescenti che si sono sentiti colpevolizzati
per quelli che erano solo fenomeni dovuti all’esuberanza di ormoni in circolo.
Ma da vero genio dello
spettacolo, l’asso nella manica Roberto l’ha tirato fuori proprio verso la fine
della seconda serata. Dopo aver presentato in maniera
teologicamente corretta e profonda i comandamenti, e la figura di Mosè e del
Dio d’Israele, accentuando e magnificandone le luci e tacendo o sorvolando
sulle ombre (secondo la Bibbia ha ammazzato più ebrei Mosè per liberarli dalla
schiavitù egiziana che il faraone per trattenerli), il grande attore, con
nonchalance, ha assestato il colpo basso.
Roberto Benigni ha raccontato
infatti, come Gesù interrogato da uno degli scribi – i teologi ufficiali
dell’istituzione religiosa – su quale fosse il comandamento più importante,
nella sua risposta abbia ignorato provocatoriamente le tavole di Mosè, e si sia
rifatto all’“Ascolta Israele”, il “Credo” che gli ebrei recitavano due volte il
giorno: “Il più importante è “Ascolta Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico
Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la
tua mente e con tutta la tua forza”. La domanda dello scriba concerneva un
solo comandamento, il più importante. Ma secondo Gesù l’amore per Dio non è
completo se non si traduce in amore per il prossimo, e per questo aggiunge alla
sua risposta un precetto contenuto nel libro del Levitico: “E il secondo è
questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più
importante di questi”.
La disinvoltura di Gesù verso i
comandamenti di Mosè è infatti a dir poco sconcertante. Quando l’uomo ricco gli chiese quali comandamenti osservare
per ottenere la vita eterna, Gesù nella sua risposta omise quelli che
riguardavano gli obblighi verso Dio e gli elencò solo i doveri verso gli
uomini. Per Gesù non sono indispensabili per la salvezza i tre comandamenti
esclusivi di Israele, la cui osservanza garantiva a questa nazione lo “status”
di popolo eletto: Cristo ha preferito ribadire il valore di cinque essenziali
comandamenti validi per ogni uomo, ebreo o pagano, credente o no, che
riguardano basilari atteggiamenti di giustizia nei confronti del prossimo: “Non
uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso,
onora tuo padre e la madre”.
“Con dieci parole fu creato il
mondo” (Pirqé Aboth 5,1), insegnava la teologica ebraica con riferimento alle
dieci parole di Esodo 34,28: “Scrisse sulle tavole le parole dell’alleanza, le
dieci parole”. L’evangelista Giovanni nel prologo al suo vangelo non è
d’accordo. Prima ancora della creazione del mondo c’era il Logos, un’unica
Parola in base alla quale tutto fu creato (“In principio era la Parola”, Gv
1,1), una sola Parola che si formulerà nell’unico comandamento che Gesù lascerà
ai suoi: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io
vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). Con
Gesù il credente non è più colui che ubbidisce a Dio osservando le sue Leggi,
ma colui che assomiglia al Padre praticando un amore uguale a quello che del
Padre è proprio.
______________________________________________________
L’AUTORE – Alberto
Maggi, frate dell’Ordine dei Servi di Maria, ha studiato nelle Pontificie
Facoltà Teologiche Marianum e Gregoriana di Roma e all’École Biblique et Archéologique française
di Gerusalemme. Fondatore del Centro Studi Biblici «G. Vannucci» (www.studibiblici.it ) a Montefano
(Macerata), cura la divulgazione delle sacre scritture interpretandole sempre
al servizio della giustizia, mai del potere.
Ha pubblicato, tra gli altri: Roba
da preti; Nostra Signora degli eretici; Come
leggere il Vangelo (e non perdere la fede); Parabole
come pietre; La follia di Dio e Versetti pericolosi.
E’ in libreria con Garzanti Chi non muore si rivede – Il mio viaggio
di fede e allegria tra il dolore e la vita
Nessun commento:
Posta un commento