Sono appena tornato da un viaggio in Camerun. Della visita del papa non rimane che la sua foto assieme al presidente Paul Biya appesa sulla vetrina di qualche edicola della capitale. Due capi di stato a confronto, sbiaditi dalla forte umidità. Mentre passeggio noto ancora la loro immagine stampata sulle stoffe che le donne africane usano per creare i coloratissimi vestiti tradizionali. Mi presento come italiano e subito un tale, cattolico osservante, mi chiede un poster di Benedetto XVI, da appendere nell'ufficio della sua fanta-associazione. Mi accorgo infatti che si tratta di un bugiardo, un ciarlatano che prova ad intenerire il cuore degli occidentali per ricevere fondi per la sua associazione che non c'è. Lo evito ma non gli nego il poster desiderato.
Ho un amico in Camerun, si chiama Etienne ed è parroco di Ombessa, una cittadina di qualche migliaio di abitanti. É stato il primo camerunense ad aiutarmi gratuitamente, quando nel 2007 un imprevisto mi aveva obbligato a chiedere aiuto. Mi ospitò nella sua canonica assieme ad un gruppo di giovani padovani. Da allora ci manteniamo in contatto.
Gli spiego la situazione in Italia, parrocchia del papa, le difficoltà che incontrano i movimenti di riforma e chiedo a lui di raccontarmi la situazione dei preti in Camerun. Mi risponde senza mezzi termini: «Credevo che in Italia, "Paese sviluppato", ci fosse più democrazia all'interno della Chiesa cattolica! Qui i vescovi non possono alzare la voce su alcune questioni come il celibato obbligatorio dei preti altrimenti perderebbero i finanziamenti che arrivano dal Nord del mondo. Comunque la maggior parte dei vescovi, e non solo dei preti, ha moglie e figli, ma non lo dichiara pubblicamente. E spesso sono i preti più bravi a lasciare il ministero!»
Parla in generale, fatica a condividere con me la sua situazione personale. Ma riesco ad intravvedere qualcosa, oltre le parole. É dispiaciuto per l'improvviso spostamento di una giovane suora con la quale collabora. Sono una squadra, li vedo, li sento. Sono belli e mi fanno tenerezza. Lei lo chiama "padre" e lui "sorella", anche in privato?
Organizza un incontro con gli adolescenti della parrocchia. Francesco, un mio compagno di viaggio, rivolge loro la classica domanda: “Qual è il vostro sogno?” Su 20 partecipanti 5 ragazzi vogliono diventare preti e una ragazzina suora. Incredibile! Le vocazioni non sembrano essere in crisi, lì dove l'ordinazione sacerdotale ti garantisce una bella casa con la televisione, un automobile seminuova e una cuoca discreta. Proprio in questi giorni un altro mio compagno di ordinazione ha comunicato al vescovo Mattiazzo di lasciare il ministero ufficiale. Non crede nell'obbedienza al vescovo, nel celibato obbligatorio, nella presunzione dell'istituzione cattolica. Dunque tra non molto avremo in Italia un clero composto quasi interamente da giovanotti africani e indiani. Giocheranno a fare i preti in cambio di uno stipendio in grado di mantenere tutta la loro famiglia d'origine. E li chiamiamo sottosviluppati?!
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