Dal 1 maggio 1891 in Italia si celebra, in questa data, la festa dei lavoratori riprendendo una decisione assunta negli USA il 5 settembre 1882 e poi sancita in Europa dalla Seconda Internazionale socialista di Parigi nel 1889.
Solo durante il fascismo ci fu una interruzione; ma la festa fu subito ripristinata nel 1945 e, malgrado le difficoltà dell’immediato dopoguerra e i tentativi di giustapporvi, nel 1956 ad opera del pontefice Pio XII, una festa “cristiana” del lavoro nel nome di san Giuseppe artigiano per portare bianche bandiere e lavoratori cristiani in piazza san Pietro, è ormai patrimonio comune e indiscusso che il 1° maggio è la festa dei lavoratori.
Comizi, feste popolari e, dal 1990, il concerto di piazza san Giovanni a Roma costituiscono un’esperienza che anche per i giovani è occasione per avvicinare e vivere il mondo del lavoro in una circostanza gioiosa.
A tutto ciò quest’anno le autorità ecclesiastiche cattoliche hanno deciso di sovrapporre un raduno di dimensioni planetarie in occasione della beatificazione di Giovanni Paolo II.
Senza entrare nel merito del significato di questa beatificazione, che pure è oggetto di discussioni e critiche autorevoli in diversi ambienti ecclesiali cristiani, le comunità cristiane di base italiane denunciano un palese tentativo di espropriare il mondo del lavoro della sua festa.
La gerarchia cattolica interviene quindi, senza alcun rispetto per la storia, per riaffermare con un suo uomo simbolo, papa Wojtila, una prepotente immagine di sé, un prestigio scosso da tante vicende recenti e da una leadership contraddittoria.
Anche noi credenti, convinti della necessità di salvaguardare la laicità dello Stato, vogliamo quindi testimoniare, insieme a milioni di uomini e donne, che il 1° maggio è e deve rimanere nella memoria collettiva, la festa dei lavoratori, contro la prepotenza del Vaticano e la torpida acquiescenza delle autorità civili.
Le comunità cristiane di base italiane
Roma, 7 marzo 2011
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