Due spunti presi da un'intervista all'Arcivescovo di Poitiers, mons. Albert Rouet, una delle figure più libere dell'episcopato francese.
Cerco di prendere atto che ci troviamo alla fine di un'epoca. Si è passati da un cristianesimo di abitudine, ad un cristianesimo di convinzione. Il cristianesimo è perdurato grazie al fatto di essersi riservato il monopolio della gestione del sacro e delle celebrazioni. Di fronte alle nuove religioni, alla secolarizzazione, le persone non fanno più riferimento a questo sacro. Pur tuttavia, possiamo dire che la farfalla è “più” o “meno” della crisalide? E' un'altra cosa. Allora, non ragiono in termini di degenerazione o di abbandono: stiamo mutando. Bisogna misurare l'ampiezza di questa mutazione.
[...]La minaccia per la Chiesa è di diventare una sottocultura. La mia generazione teneva particolarmente all'inculturazione, all'immersione nella società. Oggi, il rischio è che i cristiani si rinchiudano tra di loro, semplicemente perché hanno l'impressione di essere di fronte a un mondo di incomprensione. Ma non è accusando la società di tutti i mali che si diventa luce per l'umanità. Al contrario, occorre un'immensa misericordia per questo mondo in cui milioni di persone muoiono di fame. Tocca a noi aprirci al mondo e tocca a noi renderci amabili.
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