mercoledì 7 aprile 2010

Da un cristianesimo di abitudine ad un cristianesimo di convinzione

Due spunti presi da un'intervista all'Arcivescovo di Poitiers, mons. Albert Rouet, una delle figure più libere dell'episcopato francese.

Cerco di prendere atto che ci troviamo alla fine di un'epoca. Si è passati da un cristianesimo di abitudine, ad un cristianesimo di convinzione. Il cristianesimo è perdurato grazie al fatto di essersi riservato il monopolio della gestione del sacro e delle celebrazioni. Di fronte alle nuove religioni, alla secolarizzazione, le persone non fanno più riferimento a questo sacro. Pur tuttavia, possiamo dire che la farfalla è “più” o “meno” della crisalide? E' un'altra cosa. Allora, non ragiono in termini di degenerazione o di abbandono: stiamo mutando. Bisogna misurare l'ampiezza di questa mutazione.

[...]La minaccia per la Chiesa è di diventare una sottocultura. La mia generazione teneva particolarmente all'inculturazione, all'immersione nella società. Oggi, il rischio è che i cristiani si rinchiudano tra di loro, semplicemente perché hanno l'impressione di essere di fronte a un mondo di incomprensione. Ma non è accusando la società di tutti i mali che si diventa luce per l'umanità. Al contrario, occorre un'immensa misericordia per questo mondo in cui milioni di persone muoiono di fame. Tocca a noi aprirci al mondo e tocca a noi renderci amabili.

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