Ho visto parecchie volte la reggia di Paul Biya, da più di 25 anni inspiegabilmente presidente della Repubblica del Camerun, dove in questi giorni il papa Benedetto XVI è approdato in visita apostolica. La sua foto è appesa ovunque, non solamente all'entrata degli uffici pubblici ma anche delle discoteche, luogo molto frequentato dagli africani. Ma la maggioranza dei camerunesi non è d'accordo con il capo dello Stato, che fa esattamente quello che vuole: l'ultima modifica alla costituzione è stata effettuata proprio un anno fa, contro il volere del popolo camerunese. Il sociologo Pierre Titi Nwel ci ricorda che “negli ultimi due mesi, il governo ha tagliato l'acqua agli abitanti della zona di Mvolyé (Yaoundé), dove si è recato il papa, con il pretesto che bisognava sistemare il luogo per la visita”. Nel discorso pronunciato proprio a Yaoundè Benedetto XVI ha affermato: “Di fronte al dolore o alla violenza, alla povertà o alla fame, alla corruzione o all'abuso di potere, un cristiano non può rimanere in silenzio”. Parole sacrosante ma ancora troppo diplomatiche e generiche, se pensiamo che sono uscite dalla bocca del pontefice in risposta al discorso di benvenuto del presidente Paul Biya, primo responsabile di un governo che non ascolta le proteste della gente e non utilizza le molteplici risorse per lo sviluppo reale del Paese. Come il ricco Zaccheo alla vista di Gesù è sceso dal sicomoro e ha deciso di restituire ciò che aveva rubato e di darlo ai poveri, speriamo faccia altrettanto Paul Biya, soprattutto non ostacolando l'iter democratico delle prossime elezioni nel 2010 e ritirandosi definitivamente dalla scena politica.
Se da una parte il Camerun, similmente a quanto accade per molti stati africani, spicca a livello internazionale per il grado elevato di corruzione, dall'altra, come giustamente ha evidenziato Ratzinger, gode di una situazione pacifica, soprattutto al nord dove cristiani di differenti confessioni, musulmani e vuduisti convivono tranquillamente. Nonostante i pronunciamenti ufficiali del pontefice, che ribadiscono la superiorità della religione cattolica rispetto agli altri credi, abbiano provocato dibattiti accesi, “a Ngaounderè - così mi ha spiegato il pastore luterano Martin, nell'estate del 2007 – la gente professa liberamente la propria fede e rispetta quella degli altri, con grande civiltà”.
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