giovedì 7 gennaio 2010

LA CHIESA SECONDO PADRE BALDUCCI

"...servirebbe un Concilio Vaticano III per far applicare quello II!"

(tratto da www.ildialogo.org)

L’allontanamento da Firenze, che le autorità ecclesiastiche impongono a Balducci, si rivela provvidenziale, per la sua vocazione all’annuncio. Nella Roma del VATICANO II, non solo arricchisce la sua intelligenza della PAROLA venendo a contatto con il meglio della TEOLOGIA MONDIALE (JEAN DANIELOU, HENRI DE LUBAC, YVES CONGAR, MARIE DOMINIQUE CHENU, KARL RAHNER, HANZ KUNG, PAUL GAUTHIER),, ma ha pure l’occasione di parlare in luoghi per lui impensabili.
Una sua serie di conferenze ai LAUREATI CATTOLICI presso la “SAPIENZA” gli procura una convocazione da parte dell’ASSESSORE DEL SANT’UFFIZIO, il CARDINALE ALFREDO OTTAVIANI. Pur nella differenza di idee , tra i due si stabilisce una certa stima e simpatia, al punto che quando OTTAVIANI intende organizzare un ciclo di conferenze per i ragazzi del CIRCOLO da lui fondato nel rione vicino al SANT’UFFIZIO, chiama BALDUCCI, suscitando contenuto divertimento in PAOLO VI, e vivo disappunto in alti esponenti della CURIA ROMANA (“Come? BALDUCCI parla al SANT’UFFIZIO?”).
Va registrato che l’esperienza romana, favorendo il contatto diretto con gli uomini del potere visti nella loro quotidiana e a volte meschina umanità, più che risentimento gli suscita compassione e pietà filiale. Questa costatazione dà modo a BALDUCCI di sostanziare la sua parola di comprensione anche nei confronti di coloro cui solo il paludamento del rango conferisce autorità.
L’esilio romano lo mette in grado di seguire in presa diretta il VATICANO II. Accettando l’offerta di tenere sul periodico bolognese “IL REGNO”, una corrispondenza regolare sul CONCILIO, contribuisce a meglio diffonderne i fermenti profetici tra i tanti lettori della rivista.
Egli si convince che qualcosa di rivoluzionario sta accadendo quando il VATICANO II pone il VANGELO al centro dell’aula conciliare, e soprattutto quando promulga la DEI VERBUM, nella quale viene affermato che LA PAROLA è NORMA NORMANS anche di fronte alla CHIESA. (CIOE’ LA CHIESA DEVE INTERROGARE SE’ STESSA NON RIFERENDOSI AI SUOI DOCUMENTI DEL PASSATO, MA ALLA PAROLA DI CRISTO”).
Trova così autorevole conferma il suo quasi ormai ventennale SERVIZIO ALLA PAROLA. Egli interpreta il ritorno alla centralità della SCRITTURA come salutare rottura della continuità, come ripresa di uno slancio vitale all’interno della Chiesa e come abbandono da parte dell’istituzione della logica delle società chiuse.
L’euforico unanimismo che si riscontra all’interno del mondo cattolico durante e dopo il concilio, apre a Balducci la porta di molti ambienti ecclesiastici da lui ritenuti conservatori, dando goi la possibilità di allargare il ventaglio del proprio dialogo. I suoi temi preferiti sono:
- LA CHIESA INTESA COME COMUNITA’ DEI CREDENTI,
COME POPOLO DI DIO IN CAMMINO;
- LA CHIESA COMUNITA’ DI FEDE PRIMA CHE ISTITUZIONE;
- LA COLLEGIALITA’ EPISCOPALE;
- LA CHIESA DEI POVERI.
Ben presto si accorge però che il CONCILIO “E’ UN MATRIMONIO D’AMORE SEGUITO DA UNA LUNA DI MIELE PURTROPPO BREVE”. Difatti quando i pronunciamenti si misurano con i problemi concreti (LEGGE DI NATURA, REGOLAMENTAZIONE DELLE NASCITE, COLLEGIALITA’), lo slancio profetico si affievolisce, mentre costata come il dialogo CHIESA-MONDO non riesca ad uscire da una logica e da una visione del mondo di stampo ecclesiocentrico.

La critica di fondo che BALDUCCI fa alla ECCLESIAM SUAM di PAOLO VI è che questa, pur prospettando positivamente un dialogo tra il credente e il mondo, lo circoscrive in una serie di centri convergenti verso la Chiesa. Per BALDUCCI invece il punto focale del rapporto CHIESA-MONDO deve essere L’UOMO CON I SUOI PROBLEMI E LE SUE SPERANZE: tutte le questioni debbono cioè essere ricondotte alla soglia antropologica e ivi confrontate con le istanze esistenziali e storiche in ogni campo. La Chiesa in questo senso diventa per lui marginale. è problema subalterno, non primario.

Nessun commento:

Posta un commento