Per molti cristiani il natale è un periodo sofferto, subìto, pieno di contraddizioni e tensioni di stomaco. Ma chi l'ha detto che bisogna celebrare la nascita di Gesù in questo modo?
Vi propongo una riflessione di don Giorgio de Capitani: SE IO FOSSI PAPA... ABOLIREI IL NATALE!
Sì, se fossi papa, abolirei o, meglio, sospenderei il Natale. Per un tempo determinato. Lo riprenderei quando la blasfemia natalizia non si sarà del tutto spenta. Ci vorranno anni, forse. Tanti. Tanta è l’oscenità che ci ha preso anima e corpo. Ormai non si capisce più la differenza. L’anima si è sciolta nel corpo. E per corpo intendo tutto il nostro modo di vivere. Se si può dire ancora “vivere”.
Per rimanere nel senso della parola “oscenità” secondo Carmelo Bene, il Natale ha tolto di scena il mistero più paradossale del cristianesimo: un Dio che si fa carne. Non è sconvolgente? Razionalmente difficile da accettare. Religiosamente scandaloso. Eppure noi cristiani - già dirci cristiani è una presunzione imperdonabile! - siamo riusciti a mettere le nostre sporche mani vellutate anche sul Mistero divino e lo abbiamo frantumato in una miriade di deformazioni, calpestandolo in nome magari di un dio che abbiamo castrato per renderlo del tutto innocuo, o un gingillo da appendere al collo. O sulle bandiere. O su pezzi di legno logorati dall’uso inverecondo.
Ed ecco che ogni giorno assistiamo ad una farsa - la scena è rimasta, purtroppo - dove gli atti unici diventano lo svolgersi inarrestabile di una comicità travolgente. Qui la fantasia non ha limiti. Fantasia arricchita da una serie di contraddizioni diventate ormai la prassi comune del potere. E così la Lega, grumo di polvere impastata di odio e di cecità, si arroga il diritto di farsi garante di un Mistero ridotto all’abc della voluttà animalesca. Ma forse gli animali sanno distinguere la preda. La Lega no. Si nutre di religione e di carogne, le rigetta e ce le offre su un piatto ambito dalla gente incolta e avida di qualcosa di pancescamente appetibile, senza farsi mai un vero problema esistenziale.
Non vorrei soffermarmi sulle ultime polemiche: mi arrabbierei, e basta. Non saprei andare oltre una incazzatura capace solo di ammutolirmi, dentro. Ma, purtroppo, il Natale è anche questo: una strumentalizzazione ai fini propagandistici.
Vorrei, ripeto, andare oltre. C’è ben altro che una strumentalizzazione politica. Il Natale è la grande occasione di una massa che si fa idolatra dell’inutile, dell’effimero, del banale, del già visto e rivisto. Il Natale coagula un mondo di relazioni false in un crescendo inarrestabile. Inutile gridare al pericolo. Ne vieni trascinato, anche contro voglia. Vuoi rimanere fuori da questa frenesia collettiva? Come cristiano, non puoi non sentire il dovere di urlare, e di far valere i diritti di un Dio che si fa scandalo, proprio perché è rifiutato. Dai suoi. Dalla religione. Dalla Chiesa.
Per un cristiano, e ora parlo come cristiano, non sopporto, non accetto che il Mistero dell’Incarnazione di Cristo sia la giustificazione oscena di una omologazione di massa ai piedi di un idolo che si chiama consumismo. Chi esce di casa per andare in chiesa, non ci va con la testa nel Mistero. Ci va con la testa consumata dall’inutile perverso, che rende la strada per la casa di Dio un’unica vetrina di negozi o di supermercati, illuminati da un rituale d’obbligo, dove il Cristo incarnato si fa giocattolo, collane d’oro, panettone, oggetti sacrileghi, il tutto per condurci al Mistero natalizio già soddisfatti, nella migliore condizione per rifiutare l’Essenziale. Il Mistero rimane là, nella penombra sonnifera.
Tutto è di troppo a Natale. Anche una poesia carica delle solite emozioni. Peggio, se recitata da bambini usati per l’occasione. Anche una cena nel contesto della Messa di mezzanotte. Anche una Comunione che sa di prima comunione. Tutto disturba il Mistero che si sgonfia al primo apparire dell’alba di santo Stefano. Già se n’è andato. Chi? Il Natale! Già, se n’è andato. tra l’incenso e i canti natalizi, tra i fumi di cibi e bevande, tra l’acre odore dell’incenso e le nenie natalizie, tra gli auguri senza senso e l’ansia di un giorno stucchevole e verboso. Se n’è andato via, veloce. Non preoccupatevi. Tornerà. L’anno prossimo. Allo stesso mese. Allo stesso giorno. Alla stessa ora. Uguale. Con le stesse attese, le medesime emozioni. Tornerà.
E di Cristo incarnato che cosa è rimasto? Di chi?... di Cristo?
Ciao. A presto.
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