martedì 6 ottobre 2009

IL FALLIMENTO DELLA "REGOLARIZZAZIONE" IN ITALIA

dal sito dei comboniani di Castel Volturno

Alla fine sono arrivate solo 257 mila richieste di regolarizzazione. Se ne aspettavano 500 mila. E' un fallimento, l'ennesimo fallimento di questa classe politica in materia di immigrazione.
La regolarizzazione riguarda per la maggior parte cittadini provenienti dall'Ukraina, Marocco, Moldavia e Cina. La provincia da cui sono state inviate più domande è Milano seguita da Roma e Napoli.
L'associazione Dhuumcatu ha organizzato ieri una conferenza stampa dove ha annunciato la sua intenzione di chiedere al TAR l'annullamento per irregolarità della procedura telematica per la regolarizzazione.
Ci si potrebbe chiedere perchè sono arrivate così poche richieste.
Sicuramente una ragione è il costo troppo alto della richiesta stessa, 500 euro che solitamente i datori di lavoro non pagano mai ma che fanno ricadere sulle spalle del lavoratore.
Anche il reddito annuo lordo di 20 o 25 mila euro è una barriera che molte persone non riescono a superare.
Insomma il business della regolarizzazione, che pensava di fare entrare nelle casse dello stato 300 milioni di euro, è in parte fallito.
I migranti sono il business di qusti anni, sono persone che ci servono a cui diamo un permesso di soggiorno solo se accettano di rimanere funzionali al nostro status quo. Queste politiche stanno creando un popolo di mendicanti e servi. I migranti non hanno altra scelta di fronte a questo orizzonte perchè a volte non si ha neanche più la possibilità di fare delle scelte autonome.
Finchè non si alzerà un Grido dalle comunità migranti non ci sarà futuro. In questo contesto anche la lotta "per i diritti" dei migranti diventa strumentale ai vari poteri e paternalismo. Se la lotta si riduce ad una pura e sempice questione di efficacia allora abbiamo già perso. Che senso ha infatti lottare per "assimilare" i migranti a questo sistema di morte? Pauolo Freire nella sua Pedagogia degli Oppressi sosteneva che spesso l'oppresso di ieri sarà l'oppressore di domani.
E' possibile invece partire dal puro e semplice riconoscimento dell'umanità e della dignità dell'altro? E' possibile rendere politica la questione dei diritti?
La questione naturalmente riguada tutti ma i soggetti saranno i migranti stessi. Molto dipenderà dalla capacità che metteremo nell'ascoltare i migranti perchè sono loro gli esperti delle loro sofferenze, non noi. La democrazia, la partecipazione e l'organizzazione non possono solo essere gli obiettvi della lotta ma forse dovrebbero anche diventarne il metodo. Questo porta a domande molto semplici e banali ma forse necessarie: chi partecipa agli incontri dove si parla di immigrazione? chi parla? con che mandato? che rappresentanza ha? chi decide l'agenda degli incontri? che spazio si lascia all'ascolto genuino e disinteressato dei problemi reali e concreti della gente?

(tratto da www.neroebianco.org)

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