martedì 20 settembre 2011

Imparare dalle esperienze

Tanti corsi, troppi!
Mi è appena arrivata una mail con la proposta di un corso su come gestire i conflitti, organizzato dal Centro Italiano Sviluppo Psicologia. Non è il primo che organizza questo tipo di corsi. Ormai sono diffusissimi a tutti i livelli e per tutte le categorie sociali. Appena ho letto le domande su cui si fonda il corso, mi è sorta questa breve riflessione.
Qualche anno fa, quando non esistevano questi corsi, le risposte alle domande che riporto sotto venivano trovate attraverso l'esperienza. Come dire no? Dicendo semplicemente no. Punto. Come fare le richieste? Facendo un primo tentativo. Un secondo. Un terzo. Fino ad imparare a fare delle richieste. Tutto qui. L'esperienza, fatta di tentativi, di fallimenti e di passi in avanti, era l'unica scuola, l'unico corso. In più vi erano i consigli degli amici, più o meno saggi.
Adesso sembra che per imparare qualcosa bisogna fare il corso. E se non ho successo è colpa del corso o di chi l'ha tenuto!
In effetti il corso in esame non ha molte pretese, perchè dice di offrire parole, contenuti, idee... è la vita poi il vero campo dell'esperienza!

Di cosa parliamo?
Come dire di no

Come difendersi dagli aggressivi

Come fare le richieste

Come gestire i rapporti conflittuali

Come fare e ricevere i complimenti

Come fare le critiche costruttive

Come usare la comunicazione non verbale

Come reagire alle critiche

Come reagire alle persone che insistono

martedì 13 settembre 2011

Matrimoni gay, tra profezia e cattolicesimo

Il fatto
Don Franco Barbero benedice l'amore di una coppia di donne in un agriturismo sui colli Euganei. Il quotidiano locale di Padova ne riporta la notizia ma l'ufficio stampa della Curia fa le sue "precisazioni". Nasce infine una lettera aperta di don Franco rivolta al vescovo di Padova che, come al solito, andrà nel dimenticatoio!


La reazione
Il matrimonio cristiano è un'altra cosa

In riferimento alla notizia pubblicata sul Mattino di Padova di martedì 6 settembre (pag. 14) in nome di un corretto uso dei termini e per evitare facili fraintendimenti su una materia tanto delicata quanto basilare per la vita sociale e per la vita cristiana, si precisa che l’unione fra due donne di cui si parla nell’articolo, non si può definire né tanto meno ha la valenza di matrimonio in senso cristiano. Nulla togliendo, infatti, al rispetto per la dignità delle persone e all’esistenza di un affetto tra due persone anche dello stesso sesso, l’amore sponsale rimanda all’amore biblicamente definito come unione tra un uomo e una donna.

Pertanto quello riferito dall’articolo, per la Chiesa, è in primo luogo un atto invalido, in quanto non si è celebrato il sacramento del matrimonio, che prevede il consenso tra un uomo e una donna battezzati, e inoltre è un atto illecito in quanto Franco Barbero risulta essere dimesso dallo stato clericale e come tale non è annoverato nella Chiesa tra i ministri ordinati, non può celebrare l’Eucaristia e gli altri sacramenti, né assumere incarichi propri dei chierici o attribuirsi titoli sacerdotali e portare abiti ecclesiastici.

Ufficio stampa Diocesi di Padova

Padova, 6 settembre 2011

Il confronto
Caro vescovo,
sabato 4 settembre ho benedetto le nozze di due donne omosessuali sui Colli Euganei. E' stata una celebrazione partecipata nella quale ho incontrato persone attente e disponibili ad accogliere il messaggio di Gesù di Nazaret. Con sorpresa ho letto una bella cronaca sul mattino di Padova e poi il suo comunicato. Ciò che un vescovo può dire rispetto alle persone omosessuali, si sa già prima che lui apra la bocca; ma io voglio solo proporle due riflessioni.

Come può dichiarare invalido questo atto quando la sua validità non dipende né da lei né da me, ma dalla realtà del dono che Dio ha accordato a queste due donne? E se imparassimo a scoprire i mille modi in cui Dio fa scorrere l'amore in tutte le arterie del mondo? Il rischio è quello di ripetere regole ecclesiastiche che la scienza e l'esegesi storico-crtitica hanno sepolto da decenni. Dio non si ferma alle mappe della nostra Chiesa.

Ma, signor vescovo, io le chiedo di partecipare a questa gioia. Voglio dirle che ormai milioni di gay e lesbiche vivono senza contraddizione l'esperienza di fede e l'esperienza dell'amore omosessuale, in tutta pace, sotto il sorriso di Dio. E' davvero un tempo nuovo, un tempo di grazia: sono cristiani e cristiane adulti/e, che finalmente non hanno più bisogno di chiedere permesso. Ne incontro a decine di migliaia. Per me come prete -tale sono da48 anni e tale resto- questa è una constatazione che mi allarga il cuore. Davvero il Vangelo libera, responsabilizza, fa crescere, alimenta l'amore. Perchè lei non partecipa a questa gioia nel vedere che esistono questi cristiani e cristiane usciti/e dalla minore età? Si tratta di discepoli del nazareno più autonomi, meno pastorizzati, più felici di essere ciò che sono e più capaci di assumere la responsabilità di un amore profondo e fedele.

Le esprimo queste riflessioni in evidente ed aperto dissenso, con rispetto e con viva cordialità.

don Franco

13 settembre 2011

venerdì 9 settembre 2011

Io e Dio



Mancuso: il primato della coscienza contro la chiesa dell'obbedienza

di Gustavo Zagrebelsky in “la Repubblica” del 9 settembre 2011

Su questo libro non mancheranno discussioni e polemiche. Che sia ignorato è impossibile, se non altro perché esprime intelligenza e sensibilità che è di molti nel mondo cattolico, più di quanti si palesino. Le sue tesi si sviluppano dall’interno del messaggio cristiano, della “buona novella”. Vito Mancuso, che tenacemente si professa cattolico, cerca il confronto, un confronto non facile. Lui si considera “dentro”; ma l’ortodossia lo colloca “fuori”. Tutto si svolge con rispetto, ma l’accusa mossa al discorso ch’egli va svolgendo da tempo è radicale. La sua sarebbe, negli esiti, una teologia confortevole e consolatoria, segno di tempi permissivi, relativisti e ostili alle durezze della verità cristiana; nelle premesse, sarebbe la riproposizione di un, nella storia del cristianesimo, mai sopito spirito gnostico. Uno “gnostico à la page”?
Il motivo conduttore del libro Io e Dio (Garzanti) è il primato della coscienza e dell’autenticità sulla gerarchia e sulla tradizione, nei discorsi sul “divino”. Siamo nel campo della “teologia fondamentale”, cioè dell’atteggiamento verso a ciò che chiamiamo Dio e delle “vie” e dei mezzi per conoscerlo: in breve, delle ragioni a priori della fede religiosa. Ma, la teologia fondamentale è la base di ogni altra teologia. La teologia morale, in particolare, riguarda l’agire giusto, ovunque la presenza di Dio possa essere rilevante: la politica, l’economia, la cultura, il tempo libero, l’amore e la sessualità, la scienza… La teologia aspira alla totalità della vita. Si comprende così la portata del rovesciamento, dall’autorità che vincola alla coscienza che libera. Quella di Mancuso vuole essere, tanto nel conoscere quanto nell’agire, una teologia liberante, non opprimente. Le sue categorie non sono il divieto, il peccato e la pena, ma la libertà, la responsabilità e la felicità. Sullo sfondo, non c’è il terrore dell’inferno ma la chiamata alla vita buona.

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