giovedì 30 luglio 2009

IL PARADISO IN TERRA





Immaginate di avere il permesso di essere felici e di godervi pienamente la vita, liberi dai conflitti con voi stessi e con gli altri.

Immaginate di vivere senza la paura di esprimere i vostri sogni.

Immaginate di vivere senza il timore di essere giudicati dagli altri.

Immaginate di vivere con la capacità di perdonare facilmente e di abbandonare ogni giudizio.

Immaginate di vivere senza temere di correre rischi e di esplorare la vita. Immaginate di amarvi proprio così come siete.

Immaginate semplicemente che il messaggio d'amore di Gesù sia possibile e sarà vostro.

Questo modo di vivere è possibile e si trova nelle vostre mani. Mosè lo chiamava Terra Promessa, Buddha lo chiamava Nirvana, Gesù lo chiamava Paradiso e i Toltechi lo chiamano Nuovo Sogno.



(tratto da Don Miguel Ruiz, I quattro accordi)




Queste parole sono rivolte a quanti, come me, hanno tutto e non sono felici. Certo, non credo nella felicità a buon mercato, ma piuttosto nella bellezza di raggiungerla e mai sperimentarla pienamente.


Non sono rivolte a chi viene respinto dal nostro egoismo e ignoranza, e nemmeno a chi non è riconosciuto perchè senza un pezzo di carta. Non sono rivolte a chi per colpa nostra, direttamente o indirettamente, sta vivendo nell'inferno.


domenica 26 luglio 2009

LINEA POLITICA A PADOVA

"Sono per le alleanze. Con Rifondazione e con l'UDC. Da soli non si vince", dice Flavio Zanonato, l'uomo che per la quarta volta è stato rieletto sindaco di Padova, in un'intervista di Vittorio Zincone sul Magazine del Corriere della Sera di giovedì 23 luglio.
Nello stesso giorno su Il Mattino di Padova, il giornalista Ferdinando Camon sostiene proprio il contrario: "Il PD diventi un partito anticomunista", era il titolo dell'editoriale.
Qual è la formula magica? Unione o separazione?
In altre occasioni ho sentito Zanonato ribattere sul fatto che è il programma la forza di una campagna e di un mandato elettorale. L'Idv l'ha forse capito da qualche anno.
Superare la logica dei partiti per creare un programma chiaro, che risponda alle reali esigenze dei cittadini, oltre le loro percezioni soggettive e ideologismi ormai tramontati.
Il grande impianto fotovoltaico che sorgerà nell'Interporto di Padova (250 mila metri quadrati, 67.500 moduli fotovoltaici per 15 MWp di potenza, 60 milioni di euro), si muove proprio in questa direzione: energie rinnovabili e salvaguardia dell'ambiente. Non solo un nuovo business per società in crisi ma la nuova sfida, per necessità non per scelta.

RIPARARE NON PIU' RICICLARE

"Smettetela di riciclare. Iniziate a riparare" è lo slogan di Platform21=Repairing, progetto culturale che ad Amsterdam ha in corso un happening per creativi fino al 31 agosto. Si porta un oggetto da aggiustare. ingenieri, falegnami, sarti e designer ci mettono mani e cuore, gratis.l Studiano così progetti di utensili belli, resistenti e facili da aggiustare. E i visitatori tornano a casa col frullatore e la borsa come nuovi.

Questa magnifica idea è nata tra una canna e l'altra?!!! Se questi sono i frutti...

venerdì 24 luglio 2009

LE RAGIONI DELL'ABBANDONO DI DON FABIO LAZZARO


Alla faccia di chi aveva smentito le statistiche che ho riportato nel mio articolo pubblicato dal Mattino di Padova il 31 ottobre scorso! A Padova e in tutto il mondo, un prete su quattro si stanca di questa chiesa cattolica lontana dalla gente, e se ne va. Un altro prete padovano, mio compagno di Seminario, ha deciso di lasciare il ministero ufficiale, istituzionale, e di elevarsi alla condizione di laico, sull'esempio di Gesù. Gli ultimi anni trascorsi in Equador, l'incontro con altre culture, con una realtà di povertà, lo hanno spinto a fare questa scelta, con tutta onestà.

Lo ammiro perchè si è mosso sempre alla luce del sole, con grande spirito evangelico e senza vergogna. E' proprio vero quello che il nostro ex-rettore diceva, forse troppo superficialmente: "I migliori se ne vanno!"

Ora Fabio è più sereno e può tornare in Equador a continuare e re-inventare il suo impegno per gli "ultimi".

Adesso anche tu sei ultimo,

non hai nulla da insegnare,

hai solo da condividere!

Auguri fratello!



Riporto la lettera che ha inviato al vescovo di Padova, Antonio Mattiazzo, e che mi ha chiesto di pubblicare nel blog.





Reverendo Vescovo Antonio,
non è facile per me mettere nero su bianco le motivazioni che mi hanno portato a questa scelta che forse non condividerà, ma spero vivamente ne possa intuire i colori di fondo e le sfumature.
Nelle cinque comunicazioni precedenti, con le quali ho tenuto aggiornato lei e altri quattro accompagnatori di Padova della mia esperienza esmeraldeña, già mi sono raccontato molto, e quindi cercherò ora di essere più semplice possibile per dipingere il quadro della mia situazione personale.
La ricerca che mi accompagna dai tempi del seminario è stato un cammino di fede, di interrogativi, di sogni di vivere un ministero che possa portare vita ai più lontani ed emarginati, anche dalla chiesa in molti casi, ed ho sempre pensato fino alla fine dell’anno scorso che ci fosse spazio nella chiesa per un servizio del genere. Da un po’ di mesi la ricerca e il dialogo con il Signore hanno raggiunto il loro apice iniziando a ventilare la possibilità di un cammino laicale al servizio del Regno.
I motivi principali per cui chiedo la rinuncia al ministero presbiterale sono sostanzialmente due: uno riguarda la mia identità ecclesiale e di conseguenza lo stile pastorale, l’altro la mia affettività e il mio non capire più il celibato.
Il primo, grazie ai numerosi confronti con preti e con psicologi (due in Ecuador e uno qui), sembra essere il più importante, quello che soffia sulle braci del secondo.
Comunque tutti e due rivelano valori per me abbastanza soffocati e che hanno in sè la forza della vita e della verità che non si può arrestare... soprattutto per noi che seguiamo e crediamo in un Gesú che ha detto di essere Lui la Via, la Verità e la Vita.
Riguardo il primo livello sento l’incapacità di rappresentare una chiesa-istituzione che spesso pone i valori-leggi prima del bene della persona concreta che spesso incontriamo con una storia che, sia qui come in America latina, ci spiazza, ci fa ricredere sulla dottrina, sulle verità di cui andiamo così orgogliosi per il semplice fatto che lei esiste... e può essere l’adultera, o la samaritana, o il lebbroso di turno che continuano a scardinare le religioni e le strutture per incontrare Dio, per chiedere vita, rispetto, comprensione e magari farci capire che attraverso questo Dio ci sta bussando da tempo alla porta.
Ho fatto tutto uno studio in questi mesi sull’obbedienza e purtroppo devo risponderle come Pietro e Giovanni negli Atti 4,19 e concludere come loro “che non possiamo più tacere quello che abbiamo visto e ascoltato”.
Tanti reclami di giovani e adulti che non ne possono più di una chiesa che sta perdendo sempre più il soffio liberante dello Spirito, che fatica a incarnarsi in realtà nuove, che non suscita più, in molti casi, lo stupore degli stranieri di Atti 2,8 che esclamavano “come è che li sentiamo parlare ciascuno la nostra lingua...?”
Ho deciso, finalmente! E sento che non è un capriccio ma un invito che viene dallo Spirito. Ora riconosco ciò che il Signore mi propone: un cammino di vita, di bene, di pace, di evangelizzazione in una forma “altra” più simile a quella di Gesù o Francesco. Una forma laicale senza tante strutture mentali, istituzionali, tradizionali (che a volte senza accorgersene soffocano la novità del Vangelo), più vicina (seconde me) al Padre e ai fratelli, per condividere quel “di più” che viene da Lui e non da me, di cui il mondo ha estremo bisogno. Una tendenza missionaria per sempre. Un “di più” di amore, libertà, di rispetto, di profondità da condividere.
Anche se mi è costato ammetterlo, e non è una scelta facile, non penso sia per me il cammino migliore attraverso il ruolo-servizio del prete (di cui non nego il valore e il dono per la gente), con il celibato e l’obbedienza che così come sono intesi ora non solo non mi servono, ma anche non mi aiutano a donarmi più gratuitamente, non vi ritrovo fondamenti biblici e mi impediscono di vivere serenamente l’amore, come anelito di ogni uomo e di ogni donna.
Penso che il mio futuro sia in Ecuador (per lo meno per i prossimi anni, e non escludo per tutta la vita), vicino a tante situazioni di povertà, con stile povero e solidale per cercare nel mio piccolo di attuare qualcosa del programma di vita di Gesù: le Beatitudini.
Mi sentirò sempre discepolo, mai maestro o “padrecito” (“perché uno solo è il vostro Maestro e uno solo il vostro Padre”), cercherò di essere compagno di viaggio per le persone che la vita mi farà incontrare (dentro e fuori la Chiesa).
Sarà un cammino di ricerca biblica più profonda (che riconosco ora ancora iniziale), per poterla condividere in forma popolare con i più semplici e con quanti sono alla ricerca di vita piena.
Sarà un cammino ecumenico, ossia unito ad altre confessioni che camminino nella verità, nell’umiltà, nel rispetto del diverso, per crescere assieme in quell’unità che è dono di Dio e sforzo nostro perché riusciamo a pensarci sullo stesso cammino di figli di un Padre buono.
Tutto questo penso di realizzarlo in una vita famigliare, con una compagna di viaggio che abbia la stessa fede nel Dio della Vita e la stessa “pazzia” che mi ha accompagnato finora per cammini a volte tortuosi: ho sempre creduto che un’altra chiesa è possibile, così come un’altra società, perché un altro sembra essere il Padre di Gesù rispetto a quello professato che suscita spesso noia tra la gente. E’ una visione di Dio che siamo ancora tutti incapaci di definire, per fortuna, tutti ancora discepoli, tutti chiamati ad essere “pescatori di uomini”, ad aiutare cioè a togliere da un ambiente di morte chi sta affogando.
Che il Padre continui a benedire, come sempre ha fatto, i miei passi e far sentire la sua presenza vicina e di amore, per poterlo sempre riconoscere come il “Dio con noi”.

Padova, 12 giugno 2009


LAZZARO FABIO

giovedì 23 luglio 2009

DIETRO LE QUINTE INCONTRO ILONA STALLER

Dietro le quinte dello studio di Rai3 a Roma, attendo il mio turno per la registrazione del programma, e mi accorgo che son seduto accanto a Ilona Staller, meglio conosciuta come Cicciolina. Ex-pornodiva, ex-parlamentare, "missionaria dell'amore" per usare le sue stesse parole dette in un'intervista con Enzo Biagi nel 1977.
"Ho un figlio meraviglioso avuto da un matrimonio sbagliato" mi dice dopo essersi presentata ed avermi dato la mano. Io poi l'ho tempestata di domande.
Era preoccupata della sua capigliatura prima di andare in scena! Comunque mi ha donato questa chicca che ho riportato e che mi rimanda ad una canzone di De Andrè: "Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori".

UN INCONTRO INASPETTATO

Oggi sono stato a Roma per presentare il mio libro alla trasmissione "Cominciamo bene" che andrà in onda il 21 agosto su Rai3.
Durante il viaggio in treno, che ho dovuto fare in prima in classe, ho avuto un breve ma intenso scambio con una donna seduta difronte a me. Mi offre un biscotto e da lì inizia la conversazione. Arriviamo al mio libro... lo prende e legge l'introduzione..."In un periodo in cui sembra difficile fidarsi di qualcuno, anche di chi ci vive accanto e per il quale proviamo dei sentimenti, questa storia riapre una porta."
Sembravano le parole giuste per descrivere la sua situazione attuale. Quarantenne attraente, segretaria in provincia, sposata giovane e poi separata, madre di una figlia di 18 anni. da Due anni - mi racconta - ha iniziato una nuova storia con un uomo che, però, ha appena scoperto che la stava tradendo da due mesi con la sua segretaria...
Ora non crede più nell'Amore. Non si fida più di nessuno. si sente continuamente tradita nonostante le parole di pentimento dell'uomo che amava.

Tutto questo me l'ha raccontato una ventina di minuti prima di arrivare alla stazione Termini di Roma. E io ascoltavo... che strana tanta confidenza ad uno sconosciuto!
Forse sapeva che non mi avrebbe più rivisto, e intanto si è sfogata!

mercoledì 22 luglio 2009

SIAMO ALTRI AGLI OCCHI DEGLI ALTRI

Il problema di Malinowski era il seguente: come avvicinarsi all’Altro se questo non è soltanto un assioma o un’astrazione, bensì un uomo concreto appartenente a una razza diversa, con credenze e valori diversi dai nostri, con cultura e costumi propri?
Prestiamo attenzione a un fatto: il concetto di "Altro" viene il più delle volte definito dal punto di vista dei bianchi, degli europei. Ma ecco che sto attraversando un villaggio montano dell’Etiopia, inseguito da una frotta di bambini che mi additano divertiti gridando: Ferenczi! Ferenczi! Il che significa appunto: forestiero, diverso. Un esempio di degerarchizzazione del mondo e delle sue culture. E’ vero che diversi sono gli Altri, ma per quegli Altri sono proprio io l’Altro.
In questo senso ci troviamo tutti nella stessa barca.

Noi tutti abitanti del nostro pianeta siamo Altri agli occhi degli Altri: io ai loro occhi, loro ai miei.

Al tempo di Malinowski e nei secoli precedenti, l’uomo bianco, l’europeo parte prevalentemente a scopi di conquista, vuole dominare nuovi territori, catturare schiavi, commerciare o convertire. Molte volte sono spedizioni sanguinose: la conquista dell’America da parte di Colombo e poi dei coloni bianchi, la conquista dell’Africa, dell’Asia, dell’Australia.

Malinowski parte per le isole del Pacifico con uno scopo diverso: per conoscere l’Altro. Per conoscere i suoi vicini, i costumi e le lingue, per vedere come vive. Vuole vedere e sperimentare tutto questo in prima persona, sperimentare per poi testimoniare.
Eppure un progetto a prima vista così ovvio si rivela rivoluzionario, sovversivo. Esso infatti mette a nudo la più o meno manifesta debolezza (o forse semplicemente la peculiarità) di ogni cultura. Tale debolezza si fonda sul fatto che gli appartenenti a una cultura e i suoi corifei difficilmente riescono a comprendere gli omologhi di un’altra cultura.
Qualche tempo dopo il suo arrivo nelle Isole Trobriand, l’autore di Coral Gardens constata che gli abitanti bianchi che vivono laggiù da molti anni non solo non sanno alcunché della popolazione locale e della sua cultura, ma ne hanno un’immagine del tutto falsa, contrassegnata da disprezzo e arroganza.
Allora Malinowski, a dispetto di tutte le consuetudini coloniali, pianta la tenda nel bel mezzo di un villaggio e dà inizio alla sua coabitazione con la popolazione locale. Non sarà un’esperienza facile. Nel suo Giornale di un antropologo menziona molto spesso le difficoltà vissute, il malessere, lo scoramento, la depressione.
Quando si viene strappati dalla propria cultura si paga un prezzo altissimo.
Per questo è molto importante possedere un’identità ben definita e avere coscienza della sua forza, dei suoi valori, della sua maturità. Solo così l’uomo può confrontarsi senza paura con le altre culture. In caso contrario egli si nasconderà nella sua tana, si isolerà timorosamente dagli altri.
Tanto più che l’Altro è lo specchio in cui io mi guardo o sono guardato, la superficie riflettente che mi smaschera e denuda, e indubbiamente questo noi vorremmo evitarlo.

(testo tratto da Ryszard Kapuściński )


martedì 21 luglio 2009

PALAZZO GRAZIOLI E LA STRADA

Qual è la differenza tra le ragazze di palazzo Grazioli e quelle che lavorano sulla strada?
Le ragazze di palazzo Grazioli con le quali il nostro premier si è intrattenuto, si considerano "donne di classe", "attrici, veline, modelle".
Le ragazze della strada sanno che gli uomini le chiamano puttane, e loro lo accettano, pur con sofferenza, sperando di riuscire a pagare al più presto il debito che le incolla al marciapiede.
Secondo voi chi tra le "due categorie" ha più dignità? Chi di più merita il nostro rispetto?
Ho sempre ammirato la vita della strada perchè sulla strada non c'è ipocrisia.
Certo, non tutti ce la fanno ad uscirne.
C'è chi muore sulla strada, abbandonato, dimenticato, figlio del cemento.
Insomma il mio vuole essere un inno alle ragazze che, costrette a lavorare sulla strada, ridono della loro condizione e riescono a superare il trauma dello sfruttamento. Che donne! Vere donne, fin tanto che il denaro non le rapisca definitamente e decidono di vendere il loro corpo in cambio di fumo.

I CLIENTI DI NAOMI



Dietro lo stadio Euganeo lavora Naomi, nigeriana di Benin City, assieme ad altre due colleghe che si riconoscono facilmente dal bianco appariscente dei loro stivali. “Il lavoro di prostituta mi ha portato a conoscere una galleria di uomini con i loro vizi e alcune volte con le loro perversioni che mai avrei immaginato”. Mentre mi racconta la sua storia gli occhi le si illuminano e non vedo tracce di disperazione, soltanto un po' di imbarazzo e di reticenza nei miei confronti. Non capisce lo scopo delle mie domande, a me invece incuriosisce disegnare la personalità del cliente medio che frequenta queste ragazze, dal momento che in Italia sono circa 6 milioni le persone che richiedono prestazioni sessuali a pagamento. “Luca l'ho conosciuto sul mio posto di lavoro, si fermava da noi e mi diceva: Che lavoro fai? Devi smettere, devi denunciare la tua magnaccia! E io: Non posso denunciarla, perché sarà un casino per me e per la mia famiglia. Fatto sta che dopo un po’ abbiamo fatto sesso e lui mi ha pagato. In seguito siamo diventati amici. Anche adesso, se lo chiamo a qualsiasi ora della notte per portarmi a casa, lui corre subito.”


“Non credi che lo stai usando e lui magari si convince che lo ami?” le domando per vedere la sua reazione. “Secondo me anche a lui fa comodo aiutarmi, si sente utile e si concentra sui miei problemi piuttosto che sulla sua solitudine e la sua fragilità”.


Naomi senza dubbi ha un carattere molto forte, determinato e, a volte, scontroso soprattutto con chi vuole insegnarle a vivere. Lei conosce a meraviglia l'arte di sopravvivere, non ha paura della notte, eppure non si decide ad uscire dal giro. Questione forse di percezione: non si sente né vittima né schiava, semplicemente sfortunata a dover soffrire il freddo dell'inverno padano e stanca di fare sempre la stessa cosa finchè non avrà pagato il debito.


É possibile segnalare situazioni di disagio rispetto alla presenza della realtà prostituzionale nel proprio quartiere telefonando allo 049/8752638 (dalle 10.00 alle 18.00) e 345/3584338 (dalle 10.00 alle 22.00).


Continuando la rassegna dei tipi più interessanti “Maurizio invece è un classico papagiro, un signore cioè sulla sessantina che mi viene a prendere soltanto per stare in compagnia un'oretta e mangiare assieme un panino in cambio di una ricarica telefonica da 25 euro”. Naomi potrebbe fare la psicologa: ascoltare i problemi di uomini soli e insoddisfatti, stressati dalla vita frenetica e incapaci di scelte responsabili. La sua tecnica è il sorriso, la simpatia e la mancanza di giudizio nelle sue parole. Con lei ci si può confidare e magari ricevere un parere disinteressato.
“Stefano e Giorgio sono due amici che regolarmente, dopo la partita del mercoledì, mi vengono a trovare per giocare un po'. Mi dispiace per le loro mogli, però anch'io devo campare!”


La vita della strada è ricca di incontri particolari, a volte pericolosi, mai monotoni. Ognuno si ferma e si muove spinto dai propri interessi e bisogni, leciti o illeciti, sani o malati che siano, ma almeno sotto la luce di un lampione è impossibile fingere a Naomi.

ADRIEN DIOMA SI RACCONTA


Tante persone in Africa hanno voglia di partire.

Ma non è poi tanto il partire che conta quanto quello che porti arrivando.

Arrivando in Italia non mi aspettavo di trovare "italiani" ma PERSONE.

Alla mia presenza, giovane com'ero, non temevo l'incontro.

In fondo nel mio Paese, il Burkina faso, le scuole ed i programmi sono Francesi.

E' qui da voi che ho scoperto di essere nero.

Essere nero tra i neri e qui da voi non è lo stesso!

Si scopre il colore e ci si scopre diversi.


Sono ormai 10 anni che mi trovo in Italia e divento pian piano italiano.

Ciò vuol dire che sto vivendo una vita NORMALE.


Col tempo bisogna imparare i codici.

Continuare ad insistere che l'altro è straniero, o peggio CLANDESTINO,

è un modo per mantenere le distanze.

Dopo 10 anni non dovrei essere considerato tale!

venerdì 17 luglio 2009

IL PREZZO PER LA CELEBRITA'

(Se a fratturarsi il polso fosse stato un comune mortale, o addirittura il re del pop... in Italia...)

Se a morire di overdose fosse stato uno di quei tossicodipendenti che chiedono insistentemente qualche spicciolo sul piazzale della stazione di Padova, nessuno si sarebbe chiesto come mai.
Se a morire di overdose farmacologica invece è il re del pop, il mondo si domanda il perchè. Soprattutto quando sappiamo che al terzo giorno dalla sua misteriosa morte il debito da capogiro che lo attanagliava si è miracolosamente risanato, facendo risorgere il suo impero discografico. “Michael Jackson valeva più da morto che da vivo” è l'amara considerazione della sorella Toya che sta circolando in questi giorni, mentre continua l'autopsia per conoscere esattamente le cause del suo decesso.
Un valore solamente economico, inevitabile prezzo da pagare per la sua irraggiungibile celebrità. Che supera campioni dello sport come Pelè e Maradona, guide religiose come Joseph Ratzinger o il Dalai Lama, altri cantanti famosi come Madonna. Ed è sorpassato soltanto dal marchio di una bevanda in lattina rossa con tutte quelle bollicine. É quanto ho appreso un paio d'anni fa, parlando con un gruppo di pigmei nel cuore della foresta equatoriale.
Forse lo spirito di Bob Marley potrebbe competere con quello di Michael Jackson in quanto a forza vitale persistente nel tempo, oltre la morte fisica. Vedremo.
Certo, quando il tuo nome è quello più conosciuto al mondo assieme a quello della Coca Cola, non sei più una persona, un essere umano, ma un investimento nelle mani di chi organizza la tua vita, continuamente in pasto ai pescecani del mercato mediatico. Non più libero né di vivere né di morire. Un idolo imbalsamato da trasportare di stadio in stadio, di città in città, di continente in continente.
Ricordo quello che disse un grande martire dell'America Latina: “Se mi uccideranno, risorgerò nel popolo salvadoregno”. Dunque esiste un modo per non scomparire nel nulla e continuare ad essere presente nella mente e nel cuore delle persone che vivono del ricordo di un messia, di un profeta, di una star.
Michael Jackson è ancora vivo, o forse sarà ancora più vivo quando sarà fatta giustizia e finiranno le polemiche sul suo passato e rimarranno le sue canzoni attualmente in vetta alle classifiche mondiali, il suo stile originale di ballare e far impazzire il pubblico. Ma soprattutto – ci stiamo chiedendo – chi continuerà ad arricchire con quel centinaio di brani ancora inediti? L'unico difetto di Michael Jackson è stato quello di non aver saputo amministrare il suo capitale iniziale, e la sua sfortuna è stata quella di non aver avuto nessun Amico accanto, il vero prezzo da pagare per la celebrità.

giovedì 16 luglio 2009

IL MERCATO DELLA FEDE

Il mercato della fede di Frei Betto

Co-me i supermercati, anche le chiese si contendono la clientela. La differenza è che i primi offrono prodotti a basso costo, mentre le seconde promettono conforto della sofferenza, pace spirituale, prosperità e salvezza.
In questa competizione, per ora non c’è confronto. Vi sono, sì, pregiudizi espliciti nei confronti di altre tradizioni religiose, in particolar modo di quelle di radici africane, come il candombé e la macumba, e verso lo spiritismo.
Se non ce ne preoccupiamo adesso, questa demonizzazione di espressioni religiose diverse dalla nostra potrebbe sfociare, in futuro, in atteggiamenti fondamentalisti, come la “sindrome della crociata”, e la convinzione che, in nome di Dio, l’altro vada demoralizzato e distrutto.
Chi si sente maggiormente infastidita dalla nuova geografia della fede, è la Chiesa Cattolica. Chi è stata regina, non perde mai la maestà... Negli ultimi anni, il numero di cattolici in Brasile si è ridotto del 20% (IBGE, 2003). Oggi rappresentiamo il 73,8% della popolazione. E non c’è niente che lasci presagire un recupero in un futuro prossimo.
Pachiderma in una strada a scorrimento veloce, la chiesa cattolica non riesce a rinnovarsi. La struttura piramidale fa sì che tutto giri attorno alle figure di vescovi e preti. Il resto non sono altro che assistenti. Se si esclude il catechismo negli anni dell’infanzia, ai laici non è data alcuna formazione. Mettiamo a confronto il catechismo cattolico e la scuola domenicale delle Chiese protestanti storiche, e vedremo la differenza di qualità.
Bambini e giovani cattolici non hanno, in generale, quasi alcuna formazione biblica e teologica. Per questo non di rado gli adulti mantengono una concezione infantile della fede. I legami con Dio si stringono più per senso di colpa che per rapporto amoroso.
Prendiamo la struttura predominante nella Chiesa Cattolica: la parrocchia. Trovare un prete disponibile alle tre del pomeriggio è quasi un miracolo. Vi sono invece chiese evangeliche dove pastori e operai sono di turno tutta la notte. Non intendo vessare ulteriormente i preti. La questione è un’altra: perché la Chiesa Cattolica ha così pochi pastori? Il motivo è noto a tutti: contrariamente alle altre chiese, quella cattolica richiede ai propri pastori virtù eroiche, quali il celibato. Ed esclude le donne dall’accesso al sacerdozio. Tale clericalismo limita l’irradiazione evangelizzatrice.
La Bibbia stessa fa crollare la giustificazione che così deve continuare perché così dice il Vangelo. L’apostolo principale di Gesù, Pietro, era sposato (Marco 1, 29-31); e il primo apostolo fu una donna, la samaritana (Giovanni 4, 28-29).
Fin quando non si sarà messo un punto finale alla decostruzione del Concilio Vaticano II, realizzato per rinnovare la Chiesa Cattolica, i laici continueranno ad essere fedeli di seconda classe. Molti non hanno vocazione per il celibato, ma ce l’hanno per il sacerdozio, come avviene nelle Chiese anglicana e luterana.
Nonostante Roma insista per rafforzare il clericalismo ed il celibato (a dispetto dei frequenti scandali), chi conosce una parrocchia effervescente? Ne esistono, certo, ma purtroppo sono rare. I templi cattolici rimangono chiusi, di norma, dal lunedì al venerdì (e perché non sfruttare invece i locali per tenervi dei corsi o delle attività comunitarie?), le messe sono noiose, le prediche prive di qualsivoglia contenuto. Dove sono i corsi sulla bibbia, i gruppi di giovani, la formazione rivolta ai laici adulti, o l’esercizio della meditazione, le attività di volontariato?
In quale parrocchia di un quartiere benestante, i poveri si sentono a casa? Lo stesso non può dirsi delle chiese evangeliche, basta entrarvi, anche in una di un quartiere signorile, per toccare con mano quanta gente semplice vi si riunisca. Le Chiese evangeliche, tra l’altro, sanno anche rapportarsi con i mass media, anche con la TV aperta. Se ne può discutere il contenuto della programmazione ed i metodi con cui attrarre fedeli. Conoscono un linguaggio che arriva al popolo, ed è per questo che raggiungono alti livelli di ascolto.
La Chiesa Cattolica cerca di tenergli testa con le sue messe-show, i preti aerobici o cantanti, i movimenti spiritualisti importati dal contesto europeo. È la spettacolarizzazione del sacro, si parla ai sentimenti, all’emozione, e non alla ragione. È il seme caduto sul terreno roccioso (Matteo 13, 20-21).
Non voglio rischiare di essere duro nei confronti della mia stessa Chiesa. Non è vero che non abbia trovato nuovi cammini. Li ha trovate, ad esempio nelle Comunità Ecclesiali di Base, purtroppo non sufficientemente valorizzate da minacciare il clericalismo.
E a proposito: le comunità ecclesiali di base terranno il loro dodicesimo incontro interecclesiale dal 21 al 25 luglio di quest’anno, a Porto Velho, nello stato di Roraima. Il tema sarà “Ecologia e Missione”; lo slogan “Dal ventre della Terra, il grido proveniente dall’Amazzonia”. Sono attesi oltre tremila rappresentanti provenienti da tutto il Brasile. Sarebbe bello vedere la partecipazione di papa Benedetto XVI a questo evento così profondamente pentecostale.

martedì 14 luglio 2009

IRONIZZA SUL PAPA, VATICANISTA RIMOSSO

Col papa non si scherza!
Al vaticanista Roberto Balducci è costato caro il suo servizio di domenica scorsa sul Tg3.
Mentre scorrevano le immagini dell'Angelus, Balducci diceva: «domani il Papa va in vacanza e ci saranno anche 2 gatti... che gli strapperanno un sorriso, almeno quanto i proverbiali quattro gatti, forse un pò di più, che hanno ancora il coraggio e la pazienza di ascoltare ancora le sue parole».
Dunque è stato rimosso dal suo incarico.
Solo in Italia succedono queste cose!

lunedì 13 luglio 2009

AIUTI UMANITARI? ROVINA DELL'AFRICA


(articolo di Paolo Bracalini tratto da "Il Giornale" di venerdì 10 luglio 2009)
(nella foto moto-tassista di Limbè- Camerun)


Segnatevi questa cifra per la prossima predica rock del Live Aid: 300 miliardi di dollari, trecento miliardi, gli aiuti mandati in Africa (la maggior parte a fondo perduto) negli ultimi 40 anni. L’altro numero da tenere a memoria è quello della crescita del continente africano, nella stessa porzione di tempo: meno dello 0,2 per cento all’anno (in media). Se ne potrebbe desumere che gli aiuti al terzo mondo non aiutino affatto lo sviluppo economico, ma l’autrice di Dead Aid (titolo-sfottò del grande evento benefico del musicista-terzomondista Bob Geldof) va molto oltre: il paesi africani restano inchiodati alla loro povertà, dice lei, a causa degli aiuti umanitari.

Dambisa Moyo, l’autrice di questo libro che è tra i bestseller del New York Times (Dead Aid, ed. Farrar, Strauss and Giroux, pagg. 188, euro. 19) non è solo un’ex economista della Goldman Sachs e prima ancora consulente della Banca mondiale. È anche una giovane donna africana, nata e cresciuta in Zambia, il che «se non può essere l’unica ragione per darle retta - scrive nella prefazione il grande storico scozzese Niall Ferguson -, è sicuramente una ragione in più per sentire cosa ha da dirci». Quello che Dambisa Moyo ha da dirci equivale a un cazzotto in pancia al modello del solidarismo fondato sugli aiuti umanitari, un prova drammatica dell’insuccesso di un sistema che sembra aver sortito come unico effetto la paralisi economica del continente africano, la moltiplicazione di conflitti tra bande affamate dei dollari umanitari, la lievitazione incontrollata della corruzione. Tutto sembra dimostrare che la solidarietà non aiuta ma fa danni, «l’idea che gli aiuti possano alleviare la povertà strutturale dell’Africa, e che lo abbiano già fatto, è un mito». Eppure «viviamo nella cultura dell’aiuto».

È la cultura che permea la musica pop, è lo sfondo dei mega eventi rock, il solidarismo terzomondista «è diventato parte dell’industria dell’intrattenimento. Le star della tv e del cinema, le leggende del rock fanno propaganda per gli aiuti, e i governi gli vanno dietro per la paura di perdere popolarità. Bono degli U2 partecipa ai summit mondiale sulla fame e Bob Geldof, per usare le parole di Tony Blair, è “una delle persone che ammiro di più”», scrive la Moyo. Alla fine, «gli aiuti sono diventati una merce culturale», un accessorio elegante da sfoggiare nelle serate di gala.E così, con l’avallo dei leader del pianeta e l’accompagnamento ad alto decibel delle grandi icone pop, «gli aiuti continuano a essere un incontrollato disastro politico, economico e umanitario per la maggior parte del mondo sottosviluppato». Perché gli aiuti economici causerebbero questo disastro nel Terzo mondo? La Moyo descrive la deriva di un’economia «aid dependent», ancorata cioè ai fondi umanitari come unica ma costante e torrenziale forma di sostentamento economico. Il moto è quello di una giostra, merry-go-round, che torna sempre su se stessa senza muoversi di un passo. Il circolo è tra sovvenzione internazionale e corruzione endemica dei governi sovvenzionati dall’Occidente.

«Gli aiuti internazionali finanziano governi corrotti. I governi corrotti ostacolano lo sviluppo di libertà civili e impediscono la nascita di istituzioni trasparenti. Questo scoraggia gli investimenti nazionali e stranieri».

Primo risultato: l’economia ristagna, non si crea lavoro, la povertà cresce o non si riduce. Secondo risultato: «In risposta alla crescente povertà i benefattori occidentali daranno ancora più aiuti, alimentando la spirale stessa della povertà». I miliardi di aiuti internazionali fanno gola ai governi corrotti ma anche alle bande di guerriglieri, alle fazioni tribali, e sono ancora gli aiuti la principale cause - secondo la giovane economista africana - delle guerre civile che insanguinano il continente. L’esercito dei «donors», dei benefattori, costituito da funzionari della Banca mondiale (10mila persone), dalle agenzie dell’Onu (5mila persone), dalle 25mila Ong registrate, forma una massa di 500mila impiegati dell’«industria della bontà», che produce aiuti con un’automatica coazione a ripetere. La ricetta draconiana della Moyo per l’Africa è diversa ed è questa: imparate dall’Asia. «Solo 30 anni fa il Burkina Faso, il Malawi e il Burundi erano davanti alla Cina quanto a reddito pro capite». Ma sono stati gli investimenti esteri e le esportazioni a trasformare la Cina in potenza mondiale, non gli aiuti.

venerdì 10 luglio 2009

RIFLESSIONI SUL G8

Il presidente della repubblica italiana Napolitano ha espresso il suo pensiero davanti ai Grandi della terra: "La crisi mondiale può essere superata soltanto insieme", occorre unire le forze, allargare le alleanze, collaborare tra Stati.

La Cina e l'India sollevano una questione: "Adesso che ci stiamo sviluppando attraverso l'industrializzazione, dobbiamo diminuire la produzione economica per diminuire di conseguenza le emissioni di anidride carbonica?"
Capisco la reazione dei Paesi "in via di sviluppo": non vogliono rallentare nella corsa allo sviluppo, sul modello degli Stati Uniti e dei Paesi europei. Da una parte si sentono definiti "arretrati" e dall'altra devono rispondere con le stesse responsabilità dei loro impoveritori.

Abbiamo visto un Berlusconi super contento, angelicamente educato, indifferente alle domande dei giornalisti di tutto il mondo. "Un uomo pubblico deve rispondere anche della sua vita privata!" E subito accusa "Repubblica" di aver voluto rovinare il G8 e di non esserci riuscita!

Queste manifestazioni a livello mondiale, avranno una ricaduta concreta sulla vita dei Paesi più poveri? Oggi i Grandi parleranno del continente africano... il bacino di riserve (illimitate?) delle loro economie di sfruttamento...
Parleranno di quello che succede in Congo e in Ruanda, dove la gente muore di fame pur camminando sopra l'oro? Parleranno della situazione in Libia, dove anche il governo italiano è complice dei sistemi di criminalità organizzata? Parleranno delle dittature morbide, travestite da democrazia, dove presidenti filoeuropei e corrotti governano da decine di anni, lasciando il loro Paese in balia di se stesso?

Parole, parole, parole... Chiacchere, discorsi diplomatici, sorrisi e strette di mano... quanto cambieranno le politiche ingiuste di questo mondo?

Sono contrario alla politica dei grandi eventi, delle manifestazioni oceaniche, dei summit internazionali dal valore simbolico. Sono favorevole piuttosto ad una politica di scelte concrete, piccole ma efficaci, coerenti con i discorsi dal sapore umanitario. Il nuovo ddl sulla sicurezza, approvato dal Senato italiano, si muove forse in sintonia con la logica solidaristica espressa in questi giorni a L'Aquila? L'Italia si impegna a ridurre di due gradi la temperatura mondiale entro il 2050 ma non si impegna a garantire dignità e lavoro ai suoi cittadini italiani e agli stranieri che, per varie ragioni, emigrano dai loro Paesi.

Le contraddizioni aumentano, i nostri occhi sono assuefatti da incontri del genere, oltre all'emozione e all'entusiasmo del momento, cosa resterà?

martedì 7 luglio 2009

COME UN UOMO SULLA TERRA

Dopo decine e decine di proiezioni in tutta Italia
Dopo il grande successo della campagna IO NON RESPINGO:

COME UN UOMO SULLA TERRA
finalmente in onda sulla RAI
il 9 LUGLIO 2009 RAI 3 ore 23.40 (trasmisisone DOC3)
Un occasione di civiltà e informazione per tutta l'Italia.
Finalmente anche chi non poteva sapere ora saprà.
Chiediamo alle migliaia di persone che da oltre 6 mesi
sostengono il film, di diffondere ovunque la notizia:
con il passaparola, nei mezzi di informazione,
via mail e con il Volantino che potete scaricare sul sito del film:http://comeunuomosullaterra.blogspot.com
Qualche giorno dopo la messa in onda chiuderemo la raccolta delle firme
per la petizione e organizzeremo la consegna.
Siamo già a 10mila firme.
Con la messa in onda e l'aiuto di tutti possiamo crescere ancora.
Grazie a tutti
Autori e Produzione
COME UN UOMO SULLA TERRA
http://comeunuomosullaterra.blogspot.com

lunedì 6 luglio 2009

UGO DA S.VITTORE



L'uomo che trova dolce la sua patria
non è che un tenero principiante;
colui per il quale ogni terra è come la propria
è già un uomo forte;
mentre solo è perfetto colui per il quale tutto il mondo
non è che un paese straniero.


(Ugo da S. Vittore, XI sec.)

VERSO IL G8

Se siamo sinceri con la storia e con la realtà, dobbiamo ammettere che la fede nel progresso si è spezzata.
Anche per i popoli potenti il futuro ha cessato di essere pieno di promesse attraverso il progresso, e tanto meno è pieno di promesse per i popoli deboli.
Si è pensato che lo sviluppo avesse la possibilità di rigenerarsi e che tutti avrebbero avuto la possibilità di usufruirne, sia pure in maniera diversa.
Questo sogno si è infranto, e se ancora vogliamo parlare di “sviluppo” dobbiamo farlo in termini di realizzazione di ciò che ogni società considera importante per una “buona vita”.
Dobbiamo educarci a vivere con “paci” diverse, senza pretendere un'unica pace per tutti.
Dobbiamo educarci a vivere con culture diverse, senza forzare tutti ad avere un'unica cultura. Dobbiamo capirci con lingue diverse, e non insegnare a tutti un'unica lingua.
Dobbiamo professare religioni diverse, e non convertire tutti alla nostra religione.
Dobbiamo organizzarci con diritti, economie e leggi diverse, e non unificare tutto (cosa che normalmente significa privilegiare la parte più forte).
Dobbiamo...sono imperativi...pesanti...antipatici...difficili...

LO SAPEVATE?

1. Per produrre un chilo di carne in allevamenti intensivi ci vogliono 3150 litri d'acqua, 13 volte di più che per un chilo di cereali. Questo quantitativo corrispondec visivamente a tre bancali e mezzo di acqua in bottiglie da un litro e mezzo.
Per fare un esempio, se io decido di ridurre il consumo di carne da 80-90 chili l'anno, la media europea, a 15-20 chili l'anno che è la dose consigliata dai medici e che mi consente comunque un consumo settimanale di un paio di bistecche da cento grammi, io “libero” in un anno 8 autotreni da 34 bancali di bottiglie d' acqua.

2. Il mais e la soia sono le due colture più modificate geneticamente e assorbono la maggior quantità di sussidi a livello mondiale. Vengono sottratte però all'alimentazione umana per la quale erano un tempo impiegate, per andare a costituire la base dell'alimentazione animale sotto forma di mangimi concentrati. Un quarto di tutti gli alimenti trasformati industrialmente è realizzato con il mais in varie forme, mentre ben due terzi contengono soia e suoi derivati. In realtà, un prodotto tanto più è trasformato, lavorato e conservato, tanto inferiore è il suo apporto nutritivo e vitale.

3. Il gelato è l'unico alimento, fra quelli più consumati, ad essere composto principalmente d'aria, in una percentuale superiore al 50%. Il gelato si confeziona a partire da un insieme di materie grasse alle quali viene aggiunta dell'aria. I grassi di base vengono induriti ed elasticizzati per permettere loro di trattenere un volume di aria ancora maggiore. Per rendere questa massa di grasso morbida e vellutata si interviene con un'iniezione di colla, ottenuta dalla bollitura delle parti meno nobili degli animali allevati, quelle che nessuno avrebbe il coraggio di mangiare. Quando si passa al congelamento, la colla impedisce che i cristalli di ghiaccio si trasformino in acqua.

(Riflessioni tratte da “Ascolta i campi di grano” di Fabio Bertapelle. I misfatti dell'industria agroalimentare e l'alternativa del cibo naturale intero, Edizioni EMI, 2008)

domenica 5 luglio 2009

DAL BRASILE LEZIONE DI UMANITA'

A partire da lunedì 2 luglio, gli stranieri in situazione irregolare in Brasile potranno legalizzare la loro posizione in modo definitivo basandosi sulla legge promulgata dal presidente Luis Inácio Lula da Silva. L'amnistia favorirà per lo meno cinquantamila immigrati, soprattutto cinesi, boliviani, peruviani e cittadini del Paraguay, entrati nel Paese clandestinamente il cui visto sia scaduto dal primo febbraio del corrente anno.
Durante la cerimonia realizzata al Ministero della Giustizia, Lula ha criticato duramente "la politica di discriminazione e pregiudizio" dei paesi ricchi contro gli stranieri. "La repressione e l'intolleranza contro gli immigrati non possono risolvere i problemi causati dalla crisi mondiale" ha detto il Presidente, ricordando la sua condizione di retirante nordestino (retirante é colui che si ritira, che fugge, che abbandona obbligato dalla avversità la sua terra, l'emigrante del nord-est. N.d.t) che dovette emigrare a São Paulo in cerca di lavoro, istruzione e migliori condizioni di vita. "Nessuno lascia la sua terra natale perché lo vuole", ha dichiarato.
In omaggio ai presenti alla cerimonia, il Presidente indossava un vestito tipico delle popolazioni indigene delle Ande.
Secondo la legge gli stranieri illegali (irregolari) avranno tempo fino a dicembre per richiedere la residenza provvisoria di due anni. Tre mesi prima della scadenza del periodo, il visto provvisorio sarà trasformato in permanente; inoltre gli immigrati regolarizzati potranno usufruire degli stessi diritti dei cittadini brasiliani, escluso il diritto di voto. Avranno piena libertà di circolazione, sarà garantito l'accesso al mondo del lavoro con tutte le prerogative di legge, oltre che all'istruzione, alle strutture sanitarie e ai servizi della Giustizia.
Il Presidente ha firmato un progetto da inviare al parlamento che modifica la Legge degli Stranieri del 1980, in modo da cambiarne il carattere repressivo e inserire concetti umanitari raccomandati dall'ONU. "Lavoro e dignità per l'emigrante sono le risposte che il Brasile dà all'intolleranza dei paesi ricchi" ha detto Lula ad una platea entusiasta formata da gruppi di varie nazionalità, soprattutto latino americani.
Il Presidente ha chiesto al Ministro della Giustizia, Tarso Genro, un riassunto delle misure adottate dal Brasile in favore degli immigrati per portarlo all'incontro del prossimo del G-8 in Italia. "È una opportunità di muovere le coscienze e i cuori di chi dirige il mondo. Mostrerò ai leader mondiali di quelle grandi economie il disappunto del Brasile verso la politica che i ricchi adoperano in relazione agli immigrati", ha aggiunto il presidente.
Con le nuove misure adottate gli immigrati irregolari, anche coloro che hanno utilizzato metodi illegali per entrare nel Paese, non vengono più considerati criminali passibili di deportazione in qualunque momento, ma vittime. Per il Presidente, nell'umanizzare il trattamento agli stranieri, il Brasile si pone in contromano alla tendenza mondiale che criminalizza l'immigrazione.
Questa è la terza amnistia che dagli anni '80 il Brasile concede agli immigrati. Nel 1997 furono beneficiate 39 mila persone. Secondo i dati del Ministero della Giustizia, la maggior parte di questa gente vive nel Paese in condizioni deplorevoli, sfruttata come mano d'opera semi schiava e senza accesso ai servizi pubblici essenziali. "Chi viveva incatenato come schiavo adesso può aprire il portone perché è libero di esercitare il suo diritto alla cittadinanza" ha dichiarato il segretario nazionale di Giustizia, Romeo Tuma Junior.

venerdì 3 luglio 2009

IL MALE VIENE DA DENTRO, NON DA FUORI!

Il Senato ha dato ieri la sua fiducia al ddl sulla sicurezza!

Si potranno organizzare le ronde; diventa reato l'immigrazione clandestina. Da oggi il ddl sicurezza è legge dello Stato. L'ok definitivo del Senato è giunto in tarda mattinata con il voto di fiducia: 157 favorevoli tra PdL, Lega Nord e MpA; 124 no; 3 astenuti. Plaude la maggioranza ("Una legge fatta per la serenità dei cittadini, da me fortemente voluta", ha detto Silvio Berlusconi); forti le critiche sollevate dall'opposizione ("E' un danno per il paese", è stato il commento di Dario Franceschini, segretario Pd), e dal Vaticano: "Basta criminalizzare gli stranieri. E' una norma che porterà dolore".

Queste sono le priorità del nostro Paese: riempire i CIE!
I servizi pubblici, treni e altro, fanno pietà! L'informazione è sempre più spazzatura! Le leggi ad-personam difendono i grandi delinquenti, mentre l'attenzione viene concentrata su alcuni immigrati.
Vorremmo sapere la verità su chi ci governa... è questa la priorità!

giovedì 2 luglio 2009

FEDE, SPERANZA E AZIONE

(riporto l'intervento di JOSE' COMBLIN alla Festa di Macondo il 31 maggio '09)

Come tutti sappiamo, il Cristianesimo non è una religione. Ma storicamente ha generato una religione. Molte volte è stato spento da questa religione che ha fatto dimenticare quel che realmente è il messaggio di Gesù. Tale religione è valida nella misura che aiuta a entrare nel progetto di Gesù, se così non fosse la religione cristiana sarebbe l'ostacolo maggiore al Vangelo di Gesù. Al giorno d'oggi la cosa si è fatta più chiara che nel passato quando il Cristianesimo era stato sottomesso ai poteri temporali e per questo doveva coprire, nascondere il Vangelo di Gesù, e presentarsi come la religione di stato. Il Cristianesimo è una speranza, ma è una speranza diversa da tutte le altre, una speranza unica, senza imitazione. Tutti i popoli vivono di speranza. Ad esempio gli Indios d'America del Sud, sperano nell'arrivo della “terra senza mali”. Pensano: un altro mondo è possibile. Ma, possibile come?

Un altro mondo possibile? Solo nell'aldilà...
Al tempo di Gesù molti Giudei furono impressionati dalla persistenza dei mali in questo mondo. Erano gli autori e i seguaci delle apocalissi. Giunsero a pensare che un altro mondo non è possibile in questa terra con questa umanità, ma arriverà un altro mondo dopo la distruzione di questo e solo allora avremo la realizzazione della speranza. In molte epoche della cristianità questa stessa idea riapparve, esattamente quando i mali erano tanto grandi che sembravano insuperabili e ogni speranza puntava nell'arrivo di un altro mondo.
Anche nel Giudaismo nello stesso contesto apocalittico apparve l'idea della resurrezione. Questa idea vuol dire che anche noi e tutti i fratelli defunti entreremo in questo mondo nuovo futuro perché risusciteremo.

Un altro mondo possibile? Un miracolo... un re... la chiesa...
In molte parti del mondo esiste la speranza che il cambiamento del mondo arriverà attraverso un atto miracoloso, con il potere di alcune forze soprannaturali, per intervento di una divinità magari. A un certo punto un dio deciderà di eliminare tutti i peccatori e tutti i mali del mondo, lasciandoci un modo libero dal male e felice.
Ora per raggiungere questo bene da parte delle potenze superiori, bisogna chiedere con insistenza e offrire tutti i doni che le religioni hanno inventato. Bisognerebbe vivere secondo virtù in un gruppo così perfetto da smuovere la potenza divina. Bisognerebbe osservare le leggi e i precetti che le divinità hanno imposto. Attraverso molti sforzi religiosi e morali l'umanità potrebbe raggiungere questo immenso dono divino che è la trasformazione della umanità.
Ci sono stati momenti nella storia in cui la speranza si incarnò in un imperatore, in un faraone, in un re santo e perfetto. Quante volte alla nascita del figlio del re, hanno pensato: adesso viene il re salvatore. Quando i re di Francia erano unti e incoronati in Reims, gli uomini semplici pensavano che il re avrebbe fatto miracoli, curando gli ammalati. Ma la speranza poi non durava molto.
Quando Costantino pubblicò l'editto di tolleranza e subito dopo moltiplicò i privilegi dei vescovi e dei sacerdoti, molti, assieme a Eusebio di Cesarea, pensarono che il regno di Dio annunciato da Gesù era arrivato. E cominciò l'illusione della Cristianità. La Cristianità sarebbe la manifestazione terrestre del regno di Dio. Non si doveva attendere più nulla. Questa illusione è rimasta viva durante tutti i secoli fin da allora. E resta ancora nella mente di molti ecclesiastici. Se i governi si lasciassero guidare dalla Chiesa come si suppone sia stato durante il Sacro Romano Impero, si realizzerebbe di nuovo il regno di Dio in terra. E dunque la speranza si collocherà nella conversione dei governanti che diventeranno dei nuovi Costantino e dei nuovi Teodosio. Il sogno degli imperatori cristiani d'Oriente, il sogno dei re barbari convertiti, il sogno di Carlo Magno, il sogno dell'Impero romano germanico è ancora vivo, anche se in forme diverse per nascondere il suo carattere obsoleto.
La Cristianità era il regno della Chiesa, e dunque del clero, con il potere temporale al loro servizio. il Papa aveva due spade. La prima la usava direttamente e delegava per la seconda l'Imperatore cristiano. Quando Gioacchino da Fiore annunciò che questa Cristianità non era ancora il regno dello Spirito Santo, ma che questo sarebbe arrivato più tardi, fu condannato e rifiutato non soltanto dai poteri ecclesiastici, ma anche dai teologi che erano al servizio tutti della Cristianità. Di conseguenza non si doveva aspettare, ma credere: il regno di Dio era già lì presente. Quel regno aveva ancora dei difetti, ma solo attraverso di esso di poteva poi sperare di raggiungere il cielo. Sulla terra niente di nuovo ci si poteva attendere. Certamente c'erano molti che non si adeguavano e continuavano a sperare in un mondo migliore qui sulla terra. Ma secondo la dottrina ufficiale niente più si poteva attendere. La Chiesa prendeva da Dio ogni dono. E dunque il regno di Dio era dentro la Chiesa. La Chiesa era il grande dono di Dio per l'umanità. Per Chiesa si intendeva la Cristianità con tutta la sua organizzazione di potere.

Un'altra Chiesa è possibile?
In seno alla Cristianità è nata un'altra speranza. È possibile un'altra Chiesa! Questa speranza è nata in mezzo ai poveri delle città. Il movimento dotato di un fortissimo simbolismo e di una forza spirituale è nato da Francesco d'Assisi. Dopo di lui e di altri uomini chiamati Mendicanti, ci fu tutto un movimento che desiderava una riforma perché si realizzasse questa nuova chiesa. Trecento anni dopo, molti avevano pensato che questa nuova chiesa possibile dovesse essere indipendente dal clero e dal Papa. Hanno rotto con costoro. Ma in molti casi caddero negli stessi errori perché non avevano compreso la fonte della corruzione del clero, che era l'alleanza con i poteri economici, politici e culturali. Non scoprirono i poveri, salvo alcune eccezioni che furono calpestate. Intanto, dal secolo XVI° alcuni cominciarono a leggere la Bibbia con i propri occhi e non con gli occhi della teologia ufficiale. A poco a poco scoprirono che la cosiddetta Cristianità non era il progetto di Gesù. Gesù aveva annunciato il regno di Dio senza potere, senza religione, senza esercito. Il regno di Dio non era il regno della Chiesa, ma l'avvento di un mondo nuovo, più umano. Cominciava un movimento di laicizzazione della speranza che resiste fino a oggi anche se con meno forza. Per essi nella Cristianità, non c'era più speranza, ma sottomissione ai poteri costituiti. Più di due secoli di monarchia avevano paralizzato la speranza. I primi missionari francescani giunsero in America per fondare il regno di Dio che era oramai impossibile all'interno della Cristianità europea. Non durarono perché il re di Spagna li obbligò a restare come prigionieri dentro i loro conventi. Alla fine del secolo XVII° c'è già tutta una corrente intellettuale che si era convinta che il nuovo mondo annunciato da Gesù si sarebbe realizzato soltanto dopo la caduta della Cristianità. Il nuovo mondo si sarebbe costruito contro la Cristianità, e agirono in funzione di questa convinzione. Furono 300 anni di lotta tra le forze laiche e le istituzioni ecclesiastiche che resistettero e si difesero, ma che hanno perso poi tutte le battaglie. Ancora oggi le forze dominanti nella Chiesa romana restano sul medesimo orientamento, di ricostruzione della Cristianità. In questa epoca di formazione e crescita della modernità divenne ogni volta più chiaro che un altro mondo è possibile, ma che tale mondo lo faremo noi stessi. Gesù non è venuto ad annunciare un grande miracolo di Dio, o la trasformazione della umanità attraverso la religione che pretende di avere origine in Gesù. Un altro mondo è possibile e a farlo saremo noi.

L'arrivo della modernità
A questo punto si produce uno sviluppo straordinario e progressivo della capacità umane per operare nel mondo e nella società in tutta libertà. Il movimento cominciò dalla Fisica che permetteva di sviluppare un metodo scientifico ed emancipava liberava la ragione dal pensiero simbolico incapace di agire sul mondo. Poi arrivò la scienza della Politica con la sua critica delle istituzioni fondate sulla tradizione e non sulla ragione. Era il secolo XVIII°. Il risultato fu la caduta delle monarchie e della Cristianità. Già all'inizio del secolo XVIII° cominciava la rivoluzione industriale che avrebbe moltiplicato la capacità di agire sulla terra per estrarre da essa una infinità di metalli e di materie prime, moltiplicando le forme del lavoro. Era la società liberale che metteva piede nel secolo XIX°. La industrializzazione strappò gli agricoltori dalla terra per farne un proletariato industriale. Ma davanti alla miseria del proletariato, nacque l'idea che la società non poteva essere abbandonata alla spontaneità del mercato, ma ha bisogno di essere organizzata razionalmente perché tutti possano parteciparvi. Verso la metà del secolo XIX° comparve il Socialismo che in qualche modo condusse verso una grande umanizzazione della vita sociale. Così il mondo cambiò in maniera sensibile!
Tutti questi cambiamenti si fecero contro la resistenza della Chiesa. Con molto ritardo i cattolici si liberarono della gerarchia quel tanto sufficiente per entrare nei movimenti sociali, ma troppo tardi: il Cristianesimo rimase con la fama di essere di ostacolo al progresso umano. Ancora oggi la cosa non è superata nella mentalità delle masse istruite. Furono le rivoluzioni, tutte ispirate dal messaggio cristiano contro l'organizzazione ecclesiastica. Tutte queste rivoluzioni furono grandiose dimostrazioni della speranza aperta dal messaggio di Gesù.
La storia reale di queste rivoluzioni preparate e vissute poi da milioni di esseri umani è una cosa inimmaginabile! Che dose grande di speranza! Che speranza senza limite vissuta da tante generazioni fin dal secolo XVI°! La Chiesa orientava la speranza verso la vita eterna insieme con tutto il suo apparato religioso. Difendeva la Cristianità senza comprendere quel che stava accadendo. I Cristiani che capivano il cambiamento venivano subito repressi. Certamente i Cristiani non restarono inerti.
Fino alla metà del secolo XIX° la grande maggioranza degli abitanti abitavano ancora la campagna. Lì sopravviveva la Cristianità e nacquero molte opere che produssero pure molti frutti in questo resto della Cristianità. La scoperta della realtà storica avvenne quando la quasi totalità degli abitanti vennero ad abitare nella città e lavorarono nell'industria e nei servizi. Allora fu chiaro che la Cristianità era scomparsa e solo restavano dei frammenti di quella popolazione ancora fedele alle tradizioni del passato. Fu chiaro allora che tutta la macchina ecclesiastica fatta per una Cristianità si rivelava inutile, inefficiente. Tutti gli appelli missionari si rivelarono inefficaci perché il mondo era cambiato e la struttura ecclesiastica non era cambiata. E adesso quale speranza ci rimane?

Le sfide del XXI° secolo
Intanto all'inizio de secolo XXI° sembra che la speranza sia morta in tutte le regioni toccate dalla civiltà occidentale, e dunque per quasi tutta l'umanità. La scienza si è sviluppata più che mai e moltiplica i suoi effetti, ma è finita la speranza in una scienza capace di produrre una società nuova. Ci si è resi invece coscienti che la scienza può cadere nelle mani della guerra o della pace. La società industriale e finanziaria che doveva assicurare l'abbondanza e la felicità di tutti ha generato una enorme popolazione miserabile.
La crisi di questi anni mostra la grande delusione. Le promesse di una società democratica sono più lontane che mai dalla loro realizzazione. La democrazia è oggigiorno oggetto di ridicolo, di sarcasmo, e di disprezzo perché lascia i poveri senza la possibilità di influire sulle decisioni. La retorica politica serve per ingannare i popoli e fare in modo che la realtà non appaia in prospettiva per quello che sarà fra cinquanta anni. Il Socialismo è stato abbandonato da molti dei suoi movimenti e partiti, convertiti tutti al Capitalismo, perché non sanno qual è il contenuto del Socialismo e preferiscono partecipare ai vantaggi del potere. Cos'è successo? Cos'è che non ha funzionato? Perché tante speranze suscitate in 400 anni sono finite in un sentimento di frustrazione? La risposta non è difficile anche se può essere sorprendente per molti. Tutti i tentativi di fondare il nuovo mondo che abbiamo qui evocato, prendevano origine dalla classe superiore. Volevano un mondo nuovo per un cambiamento realizzato dall'alto verso il basso. Pareva dovesse essere così. Quelli che stanno di sopra, sanno di più e hanno il potere. Hanno tutti gli elementi per formare una nuova società. In verità essi hanno scienza e potere. Ma il cammino scelto da essi non era il cammino di Gesù. Gesù aveva annunciato il regno di Dio, un mondo nuovo. Ma egli aveva convocato i poveri. I moderni hanno le loro attenuanti. La stessa Chiesa non annunciava questo messaggio di Gesù. Chi altri pensava che dai poveri potesse venire qualcosa di buono? Anche ai tempi di Gesù si diceva: “Cosa può venir fuori di buono da Nazareth?”Gesù non aveva potere, non possedeva la scienza di questo mondo. Aveva scelto il cammino della povertà, del non-potere per rivolgere la sua parola ai poveri di Galilea. Non era solo un episodio edificante. Era invece un cammino proposto a tutti i suoi seguaci.I poveri non hanno armi, non hanno potere, non hanno conoscenze. Ma sono gli unici che aspirano a un mondo nuovo. Le elites, per quanto siano rivoluzionarie, sono soddisfatte quando scoprono un luogo importante nei cambiamenti che hanno provocato.
La rivoluzione è stato per molti il cammino di ascesa sociale ed economica. Il discorso era bello, ma mancava la volontà di elevare le energie dei poveri. Quelli che stanno sopra temono di perdere i vantaggi che hanno e, per questo, controllano e limitano con diligenza i cambiamenti e impediscono che i poveri definiscano le regole della vita sociale. I poveri sono gli unici che non hanno nulla da perdere.È vero che anche i poveri possono corrompersi, possono entrare nella stessa dinamica dei potenti quando si presenta una qualche opportunità. Anche Gesù lo sapeva e per questo moltiplica gli insegnamenti, le istruzioni. Il contenuto del messaggio è sempre lo stesso per i poveri: “che non si lascino corrompere”.
Gesù non ha detto quanto c'era da aspettare per la creazione di un mondo nuovo. Ma fece affidamento sui poveri per entrare nel movimento a partire dal luogo dove erano nati, senza prestigio e senza potere. È chiaro che i poveri debbono essere svegliati e stimolati, appoggiati nella loro fede. Per questo Gesù ha inviato gli apostoli. La loro missione è la stessa: suscitare e appoggiare la fede dei poveri nella sua missione. I poveri hanno un sentimento profondo di impotenza e di incapacità. Molte volte tale sentimento viene associato a un sentimento di colpa: essi possono sentirsi in colpa perché sono i vinti della società. Per questo hanno bisogno dell'appoggio di persone profetiche, per ricordare il vero Vangelo di Gesù. I profeti dovranno dire ai poveri che la forza di Dio, la forza dello Spirito di Dio, resta con loro e che tale forza sarà più forte delle forze dei potenti. Ci hanno creduto alcuni? Hanno avuto fede? Molti hanno avuto fede e nella loro vita hanno cercato tutte le forme di azione collettiva per cambiare questo mondo. Lo hanno fatto con un coraggio eroico. Hanno ottenuto dei risultati? Certamente. Non hanno cambiato tutto. Sono riapparse sempre nuove forme di potere e nuove classi di potenti e hanno dovuto riprendere sempre da capo la lotta. Intanto però non si sono persi d'animo, non hanno perso la speranza. E sono stati invece portatori di speranza.Non possiamo pensare che qualcuno faccia un miracolo come si pensava lo avrebbe fatto Dio. Non ci sarà un cambiamento repentino e totale nel mondo.

Il cambiamento viene dai poveri
Ma c'è una azione paziente, lenta e progressiva per conquistare le tappe di una maggiore giustizia e di una pace più solida nelle relazioni umane. Gli unici a poterlo fare sono i poveri, con la loro perseveranza, la loro audacia, il loro coraggio per sfidare i potenti. Il sapere dei saggi deve essere orientato dai poveri. L'organizzazione politica deve essere controllata dai poveri e la economia deve avere un orientamento definito dai poveri.I discepoli di Gesù sono i portatori di questa speranza, se sono veri discepoli di Gesù e non si fermano alle parole. Gesù non è venuto per insegnare un culto, una religione, ma per infondere una speranza, mandando lo Spirito che è la forza di questa speranza.

mercoledì 1 luglio 2009

IL DISPOTISMO MORBIDO

Riporto un tratto di un articolo di Riccardo Chiaberge apparso sul Sole24ore, intitolato "Il dispotismo morbido (secondo i neocon)". Riccardo l'ho conosciuto un mese fa, quando è venuto a Padova per incontrarmi. Sta preparando un libro dove ha intenzione di inserire anche la mia esperienza.


Sull’ultimo numero del «Weekly Standard», settimanale di destra americano, il filosofo neocon Harvey Mansfield mette in guardia dai rischi del «dispotismo morbido». Non si riferisce ovviamente ad Ahmadinejad e ai suoi sgherri, che di morbido hanno ben poco come purtroppo stiamo vedendo in questi giorni, ma a una «deriva» insidiosa, per quanto meno drammatica e nient’affatto cruenta, delle democrazie contemporanee. Il primo a parlare di «despotisme doux» è stato Alexis de Tocqueville: invece di far tremare la gente di paura, come le tirannie vere e proprie, questa forma di autoritarismo strisciante dispensa regalie ed elemosine ai cittadini-sudditi. In tal modo, spiega Tocqueville, «non spezza le volontà, ma le ammorbidisce, le piega e le dirige». Ti insegna perfino come migliorare la tua vita. Ma il prezzo delle elargizioni è di ostacolare e scoraggiare ogni attività politica e associativa, riducendo la democrazia a una massa di individui disgregati. Il dispotismo «dolce», sostiene Mansfield, è la minaccia più grave che oggi incombe sulle società libere: non gli stati canaglia o l’asse del Terrore, non qualche riedizione dei totalitarismi novecenteschi, ma un nemico subdolo, una sorta di Alien dall’apparenza benigna e accattivante, cresciuto nelle viscere stesse del sistema.