giovedì 30 settembre 2010

Come difenderci dall'informazione che imbroglia

I 10 consigli di Noam Chomsky

Attenti alla strategia della distrazione: prende per mano il pubblico e lo porta dove vogliono i padroni del potere. Rimanda le decisioni impopolari nei giorni delle vacanze quando nessuno vuole sapere cosa fanno i politici. Chi vota viene trattato come un bambino: «adesso vi spieghiamo qual è la vera verità»

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mercoledì 29 settembre 2010

Serve ancora sostegno...

In questo blog, da qualche mese, viene ospitato l'affetto e la comprensione per una donna, mamma e papà di un bambino nato da un noto prete padovano, che continua a negare questa paternità e a predicare contemporaneamente la forza del perdono.
Vi invito a guardare i commenti al post "Manda un messaggio di sostegno"
Il passare del tempo non deve smorzare l'impegno per la giustizia e la ricerca della verità. Provata da continue assenze e silenzi. Nascosta da melodie magiche che incantano il buon senso.
Possiamo anche ospitare la rabbia: perchèèèèè?
Perchè alcune persone che incontro mi chiedono ancora se è vero? Perchè è così difficile essere uno qualsiasi? Perchè è così difficile amare (un figlio, una donna, un uomo...) per chi predica l'amore?

domenica 26 settembre 2010

Le vittime cercano la parola

...da Il Fatto Quotidiano di oggi.

"LA CHIESA RISPONDERÀ DI CRIMINI CONTRO L’UMANITÀ”

Nasce a Verona l’associazione italiana delle vittime dei preti pedofili sul modello americano


di Marco Politi

Le vittime cercano la parola. Uomini e donne abusati dai preti nell’infanzia escono allo scoperto per rivendicare i loro diritti. A Verona li ha invitati il Gruppo “La Colpa”. Sono un centinaio di persone venute alla Gran Guardia, praticamente di fronte all’Arena, all’insegna di un ma nifesto dove un ragazzo trasci na la sua croce, issato sulle spalle di un chierico minaccio so. Tra loro una quarantina di vittime e familiari. L’atmosfera è molto particolare. Loro, ex ragazzi con i capelli un po’ spruzzati di grigio, si so no ritrovati con il coraggio, la timidezza, la speranza e l’imbarazzo di chi per la prima volta in Italia deve dire all’opinione pubblica “Subivo in silenzio”. Tra gli stuprati c’è chi parla, chi si limita ad ascoltare, chi si na sconde, chi non se l’è sentita di venire e affida il suo racconto ad una mail. Fa impressione ve dere qualcuno degli ex allievi del “Provolo ” (l’istituto vero nese per sordomuti, gestito dal clero, dov’è scoppiato uno scandalo nazionale) che artico la faticosamente le parole, mi mando il suo irrigidirsi quando il prete o l’assistente laico co minciava ad accarezzarlo. Gianni Bisoli racconta al Fatto il suo calvario iniziato a 13 anni con il prete che lo seguiva in bagno, lo chiamava di notte dal dormitorio, se lo portava in gi ro in macchina e lo sodomizza-va. Per quattro volte, racconta, fu portato anche dal vescovo dell’epoca, che lo molestò. C’è chi comincia il suo raccon to e bruscamente lo interrom pe, perché non ce la fa a pro­seguire. Francesco da Padova ce la fa. E ricorda quei preti e quelle suore, che con la scusa di punire iniziavano a toccare. La cosa peggiore, dice, era sa pere che i genitori non avreb­bero creduto o avrebbero mi nimizzato: “E allora ti senti in colpa e anche bugiardo”.
Regalini, dolcetti e caramelle
INTERVIENE una donna ed è felice di non dover tacere. “Scusate se parlo disordinatamente – dice – perché sono tesa”. Ricorda le confessioni con il prete, che le chiedeva dove si grattasse sotto la gonna. Tornano ossessi vamente nei discorsi i “regalini ” dei predatori alle vittime. La ca­ramella, il dolcetto, il gelato. Tra i messaggi di chi ha avuto vergo gna a venire c’è quello di un uo mo, che odia ancora oggi la “caramella al rabarbaro” e non ha dimenticato la riposta che il ve scovo della sua città diede a sua madre, che era andata a denun ciare le molestie del sacerdote amico di famiglia: “Il vescovo sconsigliò assolutamente di fare denunce per il bene mio (che ero adolescente) e per non dare dolore alla madre del prete!”. Una reazione classica da parte della gerarchia. “In Italia – sotto -linea Salvatore Domolo, ex sa cerdote e uno degli organizzatori del convegno – si è tentato di distinguere il prete pedofilo dall’istituzione, dimenticando l’assoluta complicità della gerarchia in questo enorme crimine”. C’è sempre stato il silenzio e l’atteggiamento della Chiesa di voler “difendere la propria immagine”, risolvendo il problema attraverso lo spostamento del colpevole da una parrocchia all’altra. Anche Domolo, che si è sbattezzato nel 2009, quando era ragazzo è stato abusato da un prete, poi si è fatto prete lui stesso e quando sono riemerse le angosce il suo padre spirituale lo accompagnava personalmente (e assisteva) alle sedute di terapia. “Così l’istituzione controlla. E quando non controlla, tenta di spiritualizzare il p ro bl e m a ”, affogandolo nell’ideologia di una prova di sofferenza redentiva. Ma i conti non tornano. Un messaggio arrivato al convegno è un grido: “Dall’età di dieci anni, hanno abusato di me per quattro anni. Poi ne sono uscito. Sono infelice. Ho perso il lavoro, ho tentato per tre volte il suici dio, il matrimonio è fallito, i figli mi odiano. Ho paura di avere tendenze pedofile, guardo i ra gazzi in piscina… aiutatemi pri ma che mi uccida!”. Francesco Zanardi di Savona si è trasformato da vittima in detec tive. Racconta che il prete-pre datore Luciano Massaferro, già condannato a tre anni di carce re, se n’è andato in Svizzera e ora è tornato segretamente in Ligu ria. Un altro prete pedofilo pa kistano, Yousuf Dominic, cac ciato da Londra, emigrato nel Texas dove ha commesso altri crimini, aveva trovato ospitalità recentemente in un convento ligure. (Forse sentendosi scoper to, è morto d’infarto pochi gior ni fa).
Testimonianze infinite. Ma nel convegno ci si è presi l’impegno di costruire una rete, un coordinamento delle “vittime italiane” per farsi sentire come negli Stati Uniti, in Irlanda, in Germania. A Roma, preannuncia Marco Lodi Rizzini, è in programma per il 31 ottobre una grande riunione delle associazioni internaziona li di abusati dal clero per chiama re il Vaticano alle sue responsa bilità. “Crimini contro l’umanità”, è l’accusa riecheggiata a Verona .
Perché l’inerzia della gerarchia è diffusa. A Verona, dopo violenti polemiche, il vescovo Zenti e il rappresentante delle vittime del “P rovolo”, Giorgio Dalla Ber nardina, si sono incontrati a luglio per deporre le armi ed è stato deciso di istituire una commissione d’inchiesta . Don Bruno Fasan, portavoce della diocesi, comunica che una prima relazione è già sta ta mandata nel 2009 alla Con gregazione per la Dottrina della fede. Ora, spiega, sono in corso audizioni degli ex allievi del “Provolo ”. Replica Dalla Bernardina: “Tutte parole, nien te fatti, Chiediamo un confron to pubblico tra le vittime e i col pe voli”.
E il cardinal Bagnasco non risponde
NEGLI ALTRI PAESI europei l’episcopato ha istituito com­missioni d’inchiesta, numeri verdi e responsabili nazionali per ascoltare le vittime. In Italia non è successo finora nulla. Domani si riunisce il Consiglio permanente della Cei. C’è da vedere se porterà novità. Intanto Roberto Mirabile, presidente dell’associazione anti-pedofilia “Caramella Buona”, sta cercando da mesi di incontrare il cardinale Angelo Bagnasco per informarlo di due gravi casi. Il car­dinale non vuole, il segretario non dà risposte, la segreteria telefonica è muta.

venerdì 24 settembre 2010

Il senso dell'umorismo

Il senso dell'umorismo è la qualità più importante in una persona.
Se hai il senso dell'umorismo
(non l'ironia o il sarcasmo, che sono un'altra cosa...)
non ti prendi sul serio.
E allora non puoi essere cattivo,
non puoi essere stupido,
non puoi essere volgare.
Il senso dell'umorismo è il modo migliore per conservare la dignità nei momenti difficili.
Il senso dell'umorismo è una qualità etica.



(G.Carofiglio)

lunedì 20 settembre 2010

L'Africa che attira e inquieta


Andare in Africa
senza lo scopo di fare volontariato,
senza una proposta da agenzia turistica,
senza un safari, un'esperienza da brivido, un volantino con l'offerta...
non è facile.

Non ci sono monumenti da visitare, piramidi o chiese.
Le spiagge selvagge e le fogne a cielo aperto, non attirano i turisti.
Forse la frutta esotica, la musica, il basso costo della vita.
Da crisi perenne.
O da perenne umanità, oltre la competitività.
Il cambio è sempre lo stesso in Camerun: 1 euro, 650 franchi CFA.

Il gruppo si sta formando.
Dal 7 al 19 dicembre partirà per un lungo viaggio.
Nemmeno due settimane, pare poco.
Eppure sembrerà un'eternità. Perchè la vita vissuta a ritmo naturale è più lunga.
60 anni in Africa non sono i 60 anni in Italia.

Ci sono ancora due posti disponibili.
Forse quel posto è tuo.
Come convincerti che l'Africa non è malattie, fame, terrore e serpenti?
Lo so, l'Africa è anche qua. Perchè andare là?

Pensieri da aspirante sindacalista

"Sviluppo non è più sinonimo di occupazione" è la frase che politici, economisti e imprenditori ripetono da mesi. Per salvare un'azienda bisogna licenziare, per essere competitivi sul mercato occorre ridurre l'organico, per andare avanti occorre per forza lasciare a casa qualcuno. Una scusa intelligente per i soliti furbi? La nave è troppo carica, bisogna gettare la zavorra - ci dicono. O sarà la fine per tutti! Scena apocalittica, come se le responsabilità di una crescita ingiusta siano da attribuire al fato!
Il sistema ce lo impone, capite che è la regola del gioco che siamo obbligati a giocare. La ripresa non è un ritorno all'impennata del 2007. Non è questione di tempo. Lo avevano predetto gli economisti critici già negli anni 60. Se la Germania è in testa all'Europa, è perchè la Grecia e la Spagna sono affondate. Non esiste una crescita equa, che vale per tutti. Se uno si salva, è perchè ce n'è un'altro che crepa. Purtroppo è questa la logica, il motore del nostro sistema occidentale. Mi chiedo se sia possibile offrire e creare proposte alternative, o piuttosto andarsene in qualche villaggio sperduto nella foresta africana...

L'altra faccia della medaglia

Le manifestazioni di opposizione alla visita di Benedetto XVI a Londra...
censurate dalla stampa italiana.

(guarda il video)

domenica 19 settembre 2010

Traslocando...

...apro scatoloni di libri, rimasti chiusi per alcuni anni. Ne prendo uno, e leggo una pagina di Ivan Illich, scritta 40 anni fa. Mi accorgo di come sto delegando, a strutture esterne come la scuola e l'ospedale, l'intero compito di educare e guarire.


Ci sono valori non commerciabili

[...]Le scuole producono istruzione, i veicoli a motore locomozione, e la medicina produce assistenza. Questi outputs sono articoli che hanno tutte le caratteristiche di merci. I loro costi di produzione si possono aggiungere o sottrarre al prodotto nazionale lordo, la loro scarsità si può misurare in termini di valore marginale e se ne può stabilire il prezzo in equivalenti monetari. Per la loro stessa natura questi prodotti creano un mercato. Come l'istruzione scolastica e il trasporto motorizzato, la cura medica è il risultato di una produzione di merci ad alta intensità di capitale; i servizi prodotti sono fatti per altri, non con altri nè per chi le produce.
A causa della nostra visione del mondo ormai industrializzata, spesso si trascura che ognuna di queste merci conbtinua ad essere in concorrenza con un valore d'uso non commerciabile che gli individui producono liberamente, ciascuno per proprio conto. L'essere umano impara osservando e facendo, si muove sulle proprie gambe, guarisce, si prende cura della propria salute e contribuisce alla buona salute degli altri. Tutte queste attività hanno dei valori d'uso che non sono alienabili su un mercato. L'apprendimento dotato di valore, il movimento corporeo, l'azione di guarire, per la maggior parte non figurano nel prodotto nazionale lordo.
La gente impara la lingua materna,
si muove,
fa figli e li alleva,
recupera l'uso di ossa rotte,
prepara il cibo locale,
e fa queste cose con maggiore o minore competenza e piacere.
Queste sono tutte attività ricche di valore che il più delle volte non si fanno nè possono essere fatte per denaro, ma che possono essere svalorizzate se c'è troppo denaro in giro. .[...]

(tratto da Nemesi Medica. L'espropriazione della salute di Ivan Illich)

sabato 18 settembre 2010

Voluti, ma non benvenuti

"Wanted but not Welcome": un sconvolgente video montato dai migranti verso il nostro Paese (guarda il video)

Fratello migrante

Se lavori sei qualcuno,
solo se produci,
e sei conveniente
al padrone di turno.

Se hai un documento,
un pezzo di carta
con un bollo e un timbro,
sei un essere umano,
come tutti gli altri.

Se rifiuti un certo tipo di lavoro,
sei un fannullone.
Se ti ribelli a leggi ingiuste,
sei un ingrato.
Se ti diverti con poco,
sei un pericolo.
Se sbagli,
son tutti così.

Caro fratello migrante,
necessario al nostro sistema
basato sulla competizione e lo sfruttamento,
sii il benvenuto,
nonostante tutto,
aldilà di documenti e competenze professionali.

Nel nostro Paese,
c'è posto per voi!
Finchè vedo sempre più auto di lusso,
sempre più rifiuti riutilizzabili,
e sempre meno bambini...
c'è posto per voi!

Siate i benvenuti!

giovedì 16 settembre 2010

Continua il dibattito

Una lettera, una risposta

Carissimo Federico,
dopo aver letto le notizie su don Romano Frigo avevo deciso di mantenere il silenzio sia per rispetto verso un confratello che dignitosamente sta riflettendo sul futuro della propria vita, sia perché la reazione ufficiale della diocesi, pur contraddistinta da espressioni di rammarico e di sofferenza, mi è sembrata pur essa rispettosa. E soprattutto perché il problema del celibato non è l’unico problema della Chiesa, di questa Chiesa così pronta a dichiarare e intervenire quando si tratta della società civile, inerte e muta quando si tratta di giudicare e di fare scelte al proprio interno. Poi ho letto il tuo intervento sul Mattino di mercoledì 8 settembre e la tua provocatoria domanda di organizzare un incontro sul tema del celibato dei preti o, comunque, perché qualcuno abbia il coraggio di uscire allo scoperto e di battere un colpo. Chi pensi che ti risponda?
Non penso che ti risponderanno i preti che amministrano o che ambiscono di amministrare grosse parrocchie. Tu sai bene che il requisito essenziale per raggiungere simili traguardi è che queste persone siano “sicure”, perfettamente consone con la sensibilità e la visione pastorale di chi sta in alto.
Non penso nemmeno che ti risponderanno gli altri sacerdoti, abituati magari ad esprimersi liberamente e spesso pure criticamente su questo e su molti altri temi quando si trovano tra di loro o in mezzo alla gente. Alcuni non lo faranno perché, a entrare in questo discorso, si sentiranno a disagio come se stessero mettendo in pericolo la loro vocazione; altri sceglieranno il silenzio perché, a intervenire pubblicamente, avranno paura di incorrere nei richiami dei superiori; altri poi non vorranno rischiare di scoprirsi, altri infine non ti risponderanno perché convinti dell’inutilità di mettersi a parlare con una gerarchia che invece di affrontare i problemi li nega o li elude.
Il problema, vedi, sta proprio qui, in una gerarchia che da circa tre decenni ha scelto di vivere di nostalgie e di conservazione delle forme del passato e che, impaurita, non è in grado di leggere il presente e tanto meno di progettare il futuro. D’altra parte, salvo qualche comprensibile e augurabile errore, quali sono i criteri con i quali a partire da Giovanni Paolo II sono stati scelti i nostri vescovi? Non certo quelli della competenza, della capacità di leggere il presente e di rinnovare coraggiosamente la pastorale, ma piuttosto di essere esecutori obbedienti e silenziosi delle direttive impartite da una autoreferenziale e conservatrice curia romana che, strada facendo, si è liberata del peso ingombrante del Concilio. Per non parlare delle nostre curie locali.
Pensi che questi ti risponderanno, che risponderanno a te che hai mancato di parola? Pensi che organizzeranno degli incontri in cui discutere di celibato, di preti sposati e non sposati rischiando così di incorrere nella censura vaticana, visto che la discussione di questo e di altri argomenti è severamente vietata? Pensi che organizzeranno degli incontri per dibattere su questo tema, importante ma anche secondario, quando su molti altri temi della pastorale sia a livello generale che locale non si muove una foglia? Forse io sono un pessimista. Ma è pessimista l’obiettivo che si limita a fotografare il panorama che gli sta davanti?
Con questo non voglio dire che la tua domanda sia sbagliata. Ti auguro anzi che qualcuno ti risponda e si faccia vivo. Ma se non vorrai continuare a essere una voce che grida nel deserto, non aspettare che qualcuno dall’alto si metta a organizzare qualcosa. Incomincia a formare un gruppo stabile di laici e di sacerdoti che sui vari problemi della Chiesa e della diocesi (non solo sul celibato) abbiano il coraggio di far sentire la loro voce.
Don Pietro Milan

(pubblicata martedì scorso su Il Mattino di Padova)


Carissimo Pietro,
ti ringrazio per la tua lettera-reazione al mio articolo, tutto questo serve per tenere acceso il dibattito, anche se lettere come quella di ieri, di una signora credo, pubblicata nella pagina dei lettori, ci dicono come molta gente voglia dei preti funzionari del sacro.
Apprezzo il tuo intervento, anche se vorrei fare alcune precisazioni.
La mia proposta, già fatta in precedenza, non è quella di un convegno sul tema del celibato, ma di un incontro dove preti, celibi e sposati, donne e membri di comunità... possano raccontarsi liberamente davanti al vescovo, e responsabili vari. Non un convegno dunque, ma un'occasione di incontro vero. Informale se vuoi, non pubblicizzato.
In secondo luogo, caro Pietro, ci tengo a dirti che il celibato non è un tema da dibattere... Un prete che si innamora e costruisce un sano rapporto di coppia, e magari forma una famiglia, comincia a vedere tutto il resto con occhi altri. Dalla Chiesa in generale ai sacramenti, alla pastorale, al Vangelo stesso. Lavoro, economia, scuola... Tutto ha colori nuovi. Non si tratta dunque di discutere su una precisa norma disciplinare della dottrina cattolica, ma di ri-pensare il modo di fare chiesa, di leggere e mettere in pratica il vangelo. Non con occhi maschilisti, clericali e sessuofobici... ma alla luce di relazioni d'amore che allargano gli orizzonti. In questo senso le donne dei preti in carica, vorrebbero essere ascoltate, ma senza mettere nei guai il loro irraggiungibile amato.
Infine, vorrei proporti di usare meno possibile il termine veterotestamentario “sacerdote” che si fonda sulla cultura del sacro come separazione dal mondo. Meglio il semplice prete o presbitero, che indica il ministero, il ruolo di coordinatore all'interno di una comunità. Sono sottigliezze lo so, ma se riuscissimo a togliere quel “don” davanti al nome (a me lo tolgono volentieri, per fortuna!), quando ci firmiamo, per comparire come tutti gli altri, compresi dottori e professori... sarebbe un segno di incarnazione e non di separazione. In effetti, se non siamo noi ad educare la gente ad un linguaggio più preciso e coerente al messaggio di Gesù, chi dovrebbe farlo?
All'interno del gruppo biblico che coordino, dove sono presenti persone belle e differenti, certe riflessioni già le faccio, c'è un forte senso critico e nello stesso tempo propositivo... chissà magari col tempo ci faremo sentire! Ma la strada è ancora lunga, e di questo ne sono terribilmente consapevole. Il titolo-giudizio che la redazione ha messo alla tua lettera è severo, ma realistico: questa Chiesa, intesa come gerarchia, non sa ascoltare.
Con affetto e stima,
Federico

mercoledì 15 settembre 2010

Italia: quinto esportatore di armi

Contratti record col Sud del mondo

L’Italia si è attestata anche nel 2009 tra i cinque maggiori fornitori internazionali di armamenti e le sue esportazioni sono state dirette soprattutto ai Paesi in via di sviluppo. Lo si apprende dal rapporto consegnato venerdì scorso al Congresso degli Stati Uniti. Nonostante il calo di ordinativi dovuto alla recessione mondiale i contratti conclusi nel 2009 dalle ditte italiane ammontano a 2,7 miliardi di dollari, dei quali quasi il 90% (2,4 miliardi) stipulati con nazioni in via di sviluppo. E' per l’Italia la cifra record di contratti con queste nazioni a dimostrazione che le esportazioni militari italiane sono sempre più rivolte verso i paesi del Sud del mondo.

Giorgio Beretta

lunedì 13 settembre 2010

Lucca: un altro prete si sposa

Lettera di don Andrea Ruberti alla sua comunità per spiegare i motivi della sua scelta.

Carissime amiche e preziosi amici,
la scelta della quale voglio rendervi partecipi con questa mia lettera mi riempie di gioia e al contempo è stata anche fonte di non poca sofferenza e frutto di un lungo e faticoso discernimento.
Per quanto sia inevitabilmente, purtroppo, una scelta di "rottura", la vivo e la vedo in un cammino di profonda linearità nella mia maturazione umana, di fede e come presbitero.
La fatica e la difficoltà che mi hanno accompagnato in questi ultimi tempi non hanno riguardato il mio essere prete ma il modo di viverlo.
È una riflessione e una maturazione che mi accompagna da tempo e che adesso mi chiede di scegliere per vivere con coerenza e verità quello che penso e quello che sento.
Prima di tutto scegliere una coerenza intellettuale: credo che per una vera e necessaria riforma della chiesa sia indispensabile un altro modello di ministero. Almeno lo avverto importante per me: il prete come uomo altro, separato, quasi un supercristiano, uomo del sacro mi è sempre stato stretto, tanto più ora. Per costruire una chiesa comunione, corresponsabile, vedo determinante che il presbitero, come nei primi secoli, sia uno della comunità, scelto dalla comunità per presiedere alla comunione dei fratelli e delle sorelle con i quali condivide la stessa vita.
Poi scegliere una coerenza affettiva. Mi sono portato dentro in questi anni il desiderio di una vita di coppia, di una relazione intima e speciale con una persona e non voglio più negarla, né nasconderla, né metterla da parte. Mi sembra che mi chieda questo la mia autenticità di vita.
Non credo sarei un prete peggiore di quello che sono solo per il fatto di avere una donna accanto, ma il celibato obbligatorio è una regola determinante per mantenere quel modello di prete che contesto. La legge del celibato obbligatorio per i preti entra tardi nella prassi della chiesa e lo fa cedendo ad una visione negativa della sessualità e al recupero in ambito ecclesiale di norme di purità rituale del giudaismo e del paganesimo e contribuendo decisamente a costruire una figura di prete che sia un po' un cristiano speciale, staccato dal resto della comunità.
È incredibile per me ogni volta pensare a come le condizioni determinanti per la chiesa cattolica per vivere il ministero siano l'essere maschio e l'essere celibe, due condizioni che niente dicono sulla capacità, sulle competenze, sui carismi... Nella mia preghiera di questi giorni mi sono soffermato, ed è stato ancora una volta di consolazione, sul brano del vangelo che la liturgia ci ha consegnato il 17 agosto: Mt 19,23-30. A Pietro che chiede cosa otterranno coloro che hanno lasciato tutto per seguirlo Gesù risponde: "Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna". È sorprendente come da questo elenco manchi la moglie (o il marito). Gesù non chiede ai suoi di lasciare la compagna o il compagno di una vita. L'annuncio del regno non è in contrasto con l'amore concreto e feriale di una vita a due come molti di voi in mille occasioni mi avete mostrato con la vita.
Scelgo la vita di coppia, ma non scelgo di non essere più prete. Non guardo a questi preziosi quindici anni di ministero come si può stare davanti ad uno sbaglio. Lo studio e l'insegnamento della teologia, lo spezzare la Parola nella comunità ed essere lì dentro ministro le avverto anche oggi cose mie. Sono e rimarrò prete, ma il dono fatto dallo Spirito alla chiesa con la mia ordinazione dovrà trovare altri modi di esprimersi perché la mia chiesa non lo ritiene più utile.
Paradossalmente avessi vissuto nel nascondimento il mio desiderio di vita a due, o semplicemente avessi continuato a non dichiararlo, niente sarebbe successo. Le scelte di verità, di dignità e di chiarezza spesso costano, ma sono felice di pagarne tutto il prezzo.
Questo per me chiede la libertà.
Spero vivamente che non ci perderemo. Ho vissuto il ministero in questi anni mettendo al primo posto non il ruolo, ma le relazioni e tengo molto all'amicizia con ciascuno e ciascuna di voi: da parte mia farò di tutto per continuare a coltivarle, non ho alcuna intenzione di sparire né dalla vita ecclesiale, né da Viareggio.
Vi abbraccio tutti con tanto affetto.
Andrea

San Vito (Lucca), 11 settembre 2010

venerdì 10 settembre 2010

La proposta di Bollettin: una ottima iniziativa

(da Il Mattino di Padova di ieri)

Caro Direttore,
mi è stato segnalato l'articolo di Federico Bollettin che, sul suo giornale, invita la chiesa padovana ad un incontro con i preti che hanno lasciato il ministero o che sono innamorati.
La proposta è bellissima ed auguro a Federico che la sua chiesa la prenda sul serio.
Forse i tempi cambiano.
In lettere private ho più volte sollecitato qualche vescovo, anni orsono, in questa direzione.
Ho sostenuto (e continuo a sostenere) che un vescovo non cessa di essere padre di un prete solo per il fatto che questi si sposa.
Purtroppo ebbi solo risposte cortesi, ma di diniego.
L'argomento scotta e continua a scottare per la gerarchia che preferisce far finta di non vedere e di non sapere piuttosto che affrontare il problema.
Se la chiesa padovana avesse il coraggio di accogliere la proposta di Bollettin non solo compirebbe un gesto profetico, ma s'accorgerebbe che questi suoi figli con le loro mogli ed i loro figli sono una ricchezza umana e cristiana.
Un prete che lascia il ministero, infatti, si trova di punto in bianco dall'altra parte dell'altare e sulla strada.
Non ha un lavoro (e spesso gli studi compiuti non gli consentono qualifiche accademiche per poter accedere a concorsi pubblici o privati), non ha una casa e si deve reinventare la vita.
Nulla di grave, per carità!
Proprio in questi ultimi due anni abbiamo visto troppe scene di gente che raccoglie gli effetti personali nello scatolone e abbandona forzatamente un posto di lavoro a causa della pesantissima recessione in essere. Ma il prete si chiede il motivo per cui per la sua comunità diocesana che ha servito per anni, non esiste più. Dall'annuario ecclesiastico diocesano viene cancellato non solo come prete nel ministero, ma anche dall'elenco dell'anno dell'ordinazione sacerdotale (ma non ero "sacerdos in aeternum", si chiede un po' dubbioso?); se chiede la dispensa per contrarre matrimonio religioso è sottoposto ad un processo canonico in cui sua moglie non è neppure coinvolta; nessuno dei confratelli si fa vivo e s'interessa a lui, alla sua famiglia, ai suoi bisogni. Diventa un lebbroso ecclesiastico, con tanti saluti alla carità cristiana ed all'attenzione agli altri che magari sente predicare dal proprio vescovo se per caso gli punge vaghezza di assistere al solenne pontificale della festa del patrono.
Spesso - negli anni passati - ho sollecitato i Pastori a coinvolgere noi preti che abbiamo lasciato il ministero ricordando loro che non siamo proprio dei reprobi, che la nostra esperienza potrebbe servire anzitutto per migliorare il progetto educativo dei seminari e, quindi, per esplorare nuove strade di servizi ministeriali che potrebbero portare a considerare seriamente la necessità di un sacerdozio uxorato (come fu per quasi mille anni nella comunità cristiana) che coinvolga non solo l'uomo, ma anche la donna (perchè uomo e donna sono persone, entrambe amate da Dio).
Ma dalla chiesa istituzionale viene solo il silenzio.
La chiesa istituzionale continua a pascersi di megaconvegni che sono spesso pieni di vuote parole; si chiude nelle cattedrali e riveste abiti sontuosi celebrando liturgie piene d'incenso compiendo gesti incomprensibili ai più; si raduna in seduta plenaria a Roma interrogandosi sui motivi della carenza del clero e dell'abbandono della pratica religiosa, ma non osa affrontare il tema del sacerdozio sia sul piano teologico che spirituale e pastorale.
La chiesa istituzionale continua a pregare ed a far pregare nelle preghiere dei fedeli delle messe domenicali perchè "il Signore susciti sante vocazioni" e non osa interrogarsi sul motivo per il quale il Signore non sembra esaudire questo desiderio quando un vescovo deve accorpare le parrocchie assegnando il servizio religioso ad un solo prete che corre come un saltamartino fra una parrocchia e l'altra e si sente, la sera, più funzionario di Dio che apostolo del Vangelo.
Grazie per l'ospitalità.
Molto cordialmente

Ernesto Miragoli
www.webalice.it/miragoli

giovedì 9 settembre 2010

Non si può dividere il mondo in sacro e profano

Un pezzo di omelia di Alberto Maggi, biblista dei Servi di Maria, ultimamente bacchettato dai vescovi (leggi qui). Quando un messaggio ha troppo successo e toglie fedeli e offerte alle chiese... ma soprattutto libera le persone da schiavitù e dipendenze (anche religiose...) allora diventa un problema serio!

Vangelo di domenica 12 settembre... commento

[...]Cento pecore, dieci monete rappresentano un tutt’uno (100,10: se togliamo l’1 c’è lo zero, si perde tutto).
L’umanità per Gesù è indivisibile, non si può dividere il mondo in sacro (i 99 «giusti» o buoni) e profano (i cattivi).
Così facevano i farisei, quelli che «si ritenevano giusti », “separati”
(pharisaios vuol dire “separato” dalla massa).
Nell’ambito di Dio “ci sarà gioia nel cielo per…(v. 7); …vi è gioia davanti
agli angeli di Dio…” (v. 10) i valori si invertono: i perdenti, i diseredati, gli
emarginati dalla società religiosa se si emendano attivano la loro capacità di fare
festa e la condividono con gli altri.
Quelli che si ritengono giusti e sicuri di se stessi, quelli che disprezzano
chiunque non la pensi come loro, non hanno la capacità, né sentono il bisogno di
conversione, e quindi di far festa.
Sono degli ipocriti, che curano solo la loro immagine, ripiegati su se stessi,
annoiati.

Corano al rogo? Un'assurda iniziativa personale

I battisti italiani prendono le distanze dal pastore statunitense Terry Jones:

"La tradizione battista ha fatto della libertà e del rispetto di tutte le fedi uno dei punti irrinunciabili del suo insegnamento ed è incompatibile con l'intolleranza e la violenza espressa dal gesto di dar fuoco al Corano" (www.ucebi.it)

Ciascuno cresce solo se sognato

C'è chi insegna

guidando gli altri come cavalli

passo per passo:

forse c'è chi si sente soddisfatto

così guidato.



C'è chi insegna lodando

quanto trova di buono e divertendo:

c'è pure chi si sente soddisfatto

essendo incoraggiato.



C'è pure chi educa, senza nascondere

l'assurdo ch'è nel mondo, aperto ad ogni

sviluppo ma cercando

d'essere franco all'altro come a sé,

sognando gli altri come ora non sono:

ciascuno cresce solo se sognato.



Danilo Dolci, una vita per la non-violenza

mercoledì 8 settembre 2010

Una proposta per la diocesi di Padova

La proposta: organizziamo un incontro
di Federico Bollettin

Un uomo che si innamora, o una donna che si innamora, non possono rappresentare una debolezza, nè un motivo di sofferenza per alcuno. Nemmeno se l'uomo in questione è anche prete. Così rispondo all'autore del comunicato stampa, che si firma "Diocesi di Padova", in merito alla decisione di don Romano Frigo, compagno di strada.
La comunità dei preti padovani che si innamorano e che credono nell'amore aumenta come un monito: esiste una realtà bella, ricca, complessa che non viene però ascoltata, accolta, interpellata. Minoranza lapidata con il giudizio, l'emarginazione, la pacca sulla spalla se ti mostri pentito, in un regime di ipocrisia e di ingiustizia.
La ributto come una proposta: perchè la Diocesi di Padova non organizza un incontro con tutti quei preti, o che si sono già sposati, o che stanno vivendo una relazione affettiva significativa, o che credono nell'opzione facoltativa del celibato? E soprattutto, perchè non ascoltare le donne e le comunità coinvolte?
Già alcuni tentativi di riunire i preti sposati della diocesi di Padova sono stati abortiti da un "non è opportuno", che rivela molta paura e poca profezia. Non si tratta di fare un referendum ecclesiale o di cambiare le norme della dottrina cattolica. I fatti parlano di una realtà presente, che si sta piano piano rivelando, e che domanda particolare interesse. E se fosse anche per il semplice gusto di sedersi insieme attorno ad un tavolo e ascoltare, con rispetto e assenza di giudizio, le testimonianze di preti e donne che amano e condividono la passione per il Regno di Dio... sarebbe già un grandissimo passo in avanti. Non è banale, perchè si evita di creare divisioni insanabili sulla base di regole disciplinari relative. Si offre un luogo e un'occasione di dialogo e di confronto serio. Non strutturato, lasciando spazio all'evento. Forse non verranno tutti, il timore di uscire allo scoperto è ancora forte, o forse si provocherà un ulteriore effetto a catena, non lo so. Ma il messaggio avrà una forza dirompente: Chiesa, casa di Dio per tutti, realmente, concretamente. E se ultimamente vi è un'attenzione particolare agli immigrati, anche le dichiarazioni del papa sull'accoglienza dei rom è significativa, non resta che aprire le braccia ai propri figli o vicini di casa. Come dire, è più facile accogliere e aiutare un individuo bisognoso, in quanto "inferiore", piuttosto che accettare il confronto alla pari con un tuo "simile". Se altri credono in questa proposta, si facciano sentire!

(pubblicato oggi su "Il Mattino di Padova")

lunedì 6 settembre 2010

La pazienza

Sentite questa bella definizione di pazienza, del filosofo Roberto Mancini...

Pazienza:
non scaricare sugli altri
le conseguenze di una sofferenza
che ci è capitata
o che ci siamo procurati.


Facile?

Anno sabbatico per innamoramento

Ce ne fossero di notizie così!

Ho accolto con gioia la notizia di un nuovo compagno di strada! Stando ai giornali, don Romano Frigo, parroco di Cervarese Santa Croce, diocesi di Padova, ha deciso di prendersi un anno sabbatico per "innamoramento". Lui non ha rilasciato dichiarazioni, ma i parrocchiani lo hanno intuito e si stanno mettendo in discussione. Nulla di nuovo, la processione si allarga, i preti che accolgono l'amore aumentano... ma dall'alto nessun segnale di ascolto.

Un giornalista del Corriere del Veneto mi ha rintracciato per chiedermi cosa sta succedendo tra i preti. Anche lui, che non è del mestiere, si è accorto che situazioni del genere compaiono spesso sui giornali, e si interroga sul perchè.
Un mio compagno di ordinazione mi dice che, secondo lui, i tempi stanno cambiando, qualcosa di nuovo arriverà prima o poi, è giunto il momento di rivedere la dottrina.
Una donna mi manda un messaggio ringraziandomi per il mio impegno, ma dichiarando che "...la battaglia è persa in partenza".

Riporto alcuni passaggi (che trovo in un articolo) della predica di ieri sera, durante la messa nella chiesa di Cervarese Santa Croce, dove il celebrante si riferisce a don Romano.
Sentite quanta saggezza!!!
«Quando ci si innamora fortemente di una persona si tende a dedicarle tutte le attenzioni del mondo e ci si dimentica di tutto ciò che è altrettanto importante. Anche del Signore, che invece vorrebbe che noi fossimo un tantino più attenti e innamorati di lui». «Cari cristiani a volte ci si fa abbagliare dalla luce di una delle tante stelle che brillano, ma noi dobbiamo seguire la stella che ci irradia la luce giusta e che ci indica la strada maestra».
A voi i commenti!

domenica 5 settembre 2010

Dopo un funerale

Ieri ho partecipato ad un funerale di un familiare.
Il linguaggio della liturgia era vecchio, lontano dalla gente. Il momento più vivo e partecipato è stato quello degli interventi spontanei. Il figlio del defunto, i colleghi di lavoro, gli amici... hanno espresso in modo semplice, appassionato, concreto... la loro sofferenza, rabbia, speranza. L'eucarestia, il ringraziamento... l'ho respirato proprio in questo momento. Non nelle formule arcaiche di un messale preconfezionato. Il rito è importante, deve restare. Ma occorre dare spazio al sentire popolare, reale. Creare partecipazione, democrazia anche all'interno della chiesa. Il prete è semmai un coordinatore delle espressioni della gente, non il ripetitore di uno scherma prefissato, lontano dalla gente appunto. Raccontare la favoletta a lieto fine per assopire gli animi non sempre funziona. Mi sono riscoperto pensante, libero, in ricerca, onesto... E' questa la bellezza di un cristianesimo adulto, centrato nel cuore del messaggio.
Ma il rito ci vuole, non per abitudine, per sola tradizione, per apparenza. Ci vuole perchè naturale, insito cioè nella natura dell'uomo.
Solamente una cosa manca: maggiore spazio ai sentimenti e alle relazioni, all'incontro e al racconto.

giovedì 2 settembre 2010

Mi sono innamorata di un prete

E' uscito questa settimana un articolo sulla rivista Grazia "Mi sono innamorata di un prete", dove tre donne raccontano la loro esperienza. Una di loro, Stefania, è una mia amica. Alla fine c'è anche un mio breve intervento. Rispetto ad altre interviste fatte, questa mi sembra quella più rispettosa e fedele. La giornalista, Cristina Giudici, che ringrazio, ha tralasciato le solite notizie da gossip e si è concentrata sulle reali testimonianze.

Due sottili precisazioni:
1. I preti non prendono i voti (come i religiosi), ma vengono ordinati. La promessa di celibato è puramente funzionale al ministero (secondo la dottrina cattolica).
2. Il titolo, alla mia intervista, "ex sacerdote sposato" è impreciso: andrebbe corretto con un semplice "prete sposato".

mercoledì 1 settembre 2010

Una cosa bella

Nella grande savana,
ogni mamma africana
culla il suo bimbo dagli occhi neri,
e...sono dolci i suoi pensieri.
Nell'Oriente lontano,
ogni mamma tiene il suo bimbo per mano:
lo guarda e sorride felice
ascoltando quello che le dice.
Se penso a quello che tu fai con me,
mamma, che differenza c'è?
E lo sai che cosa ho capito?
Una cosa bella che adesso ti dico:
qualunque sia il suo colore,
ogni mamma tiene il suo bimbo nel cuore.