lunedì 29 novembre 2010

Cosa sta succedendo a Rio?

(tratto dalla newsletter di Macondo)

A Rio ormai è guerra aperta. La versione ufficiale dice che i capi del traffico rinchiusi nel carcere di massima sicurezza di Catanduvas (a centinaia di chilometri da Rio) hanno ordinato l’attacco frontale alla città, hanno imposto ai loro uomini di seminare il panico. Il motivo sarebbe quello di “protestare” contro le UPP, unidade de polícia pacificadora, ossia i battaglioni speciali che occupano permanentemente altre favelas importanti, togliendo così spazio e potere ai narcotrafficanti e ripristinando una “normalità”.

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sabato 27 novembre 2010

Vari modi per attendere...

I domenica di Avvento (Mt 24, 37-44)

Attesa e Speranza
E' più bello attendere quando l'ideale è forte, il sogno è grande, le motivazioni sono radicali. Attendere la nascita di un figlio: solo una madre sa cosa significa! Attendere che il mondo cambi, con la speranza che sia migliore. Che questa Chiesa cambi, non solo papa, ma anche mentalità. Sì, rimango con la speranza che...

Attesa e Impotenza
E' più umano attendere quando accettiamo l'esperienza del limite, nostro, degli altri, di Dio... Vorrei cambiare Io il mondo, scovare le ingiustizie e risolvere i problemi, trovare la cura efficace alle malattie più diffuse in questa società... E se non ci riesco? Frustrazione, delusione, rabbia... Metto del mio, certamente, e attendo. Arrivo a qualche compromesso, non devo sentirmi giudicato. Arrivo a qualche conquista, bene, non sono l'unico. Non sono indispensabile! I sistemi, le istituzioni, le religoni, le economie, le persone... sono complessità, imperfette per natura.

Attesa e Pazienza
L'agricoltore attende e si prepara all'arrivo della primavera. L'attesa paziente è attesa attiva. Che fortifica lo spirito. Come posso insegnare ai miei figli ad essere pazienti? I risultati non arrivano subito, a scuola occorre studiare, i bei voti arriveranno. E io che insegno la pazienza, sono davvero paziente?

Attesa e Impegno
Per non lasciarsi vivere. Dio ha le nostre mani per intervenire... La religione non può diventare irresponsabilità ("Tanto è Dio che decide!"). Essere pronti, svegli, attivi, con la testa e il cuore in questo mondo, quello reale. Con tutti i suoi limiti... Puoi anche spegnere tutto e seguire la tua coscienza o il guru del momento e programmarti una vita da asceta. Ma è stare in questo mondo la vera sfida!

"Non aggiungere anni alla vita, ma vita agli anni" (Madre Teresa) Non sono un suo fan, ma mi piace questa sua frase!

Qual è il tuo modo di attendere?

giovedì 25 novembre 2010

Una reazione al mio articolo

Che ne pensate?

Leggo sul "Mattino di Padova" di oggi, in prima pagina, l'articolo di Federico Bollettin "Chiesa, sessualità e preservativo".

Non ritengo inutile precisare che l'autore di quanto sopra è un sacerdote cattolico, il famoso "prete innamorato" di cui si occuparono le cronache.
Lo dico perchè mi risulta che un sacerdote cattolico dovrebbe conoscere e insegnare la dottrina, anziché "interpretarla" a proprio piacimento.
Ebbene, si dà il caso che la primarietà del "bonum prolis" tra i fini del matrimonio non sia, come parrebbe dall'articolo, la bizzarra trovata di qualche Padre della Chiesa un po' sessuofobo, ma dottrina costante della Chiesa, ribadita nello scorso secolo, tra l'altro, dalla "Casti connubii" di Pio XI e dalla "Humanae Vitae" di Paolo VI. La sessualità viene così "mortificata"? No, viene solo indirizzata al suo fine naturale, ricordando che N.S. Gesù Cristo e la Sua Santissima Madre per primi diedero l'esempio della perfetta castità additandola come modello a tutti i cristiani e in primis proprio ai sacerdoti. Anzi, gesù stesso, rispondendo in Luc. 20, 35-6 alla capziosa obiezione dei Sadducei circa la donna dei sette mariti, dà esplicitamente come causa dell'esservi o non esservi il matrimonio la possibilità o l'impossibilità di voler generare figliuoli per rimedio della mortalità. In cielo infatti (dice) "non si ammoglieranno né si mariteranno perché non possono morire". Invece per il signor Bollettin la "corporeità" è nientemeno che "il luogo privilegiato per incontrare Dio". Ma "il luogo privilegiato per incontrare Dio" non è la Sua casa, la chiesa?
"Fare all'amore per il gusto e il piacere di volersi bene ed essere felici, senza l'ossessione di dover procreare ad ogni costo, è un'esperienza che genera Vita": ma di quale "vita" sta parlando? Qual è la "vita" generata dalle coppie omosessuali? E' certo una metafora, ma è lecito usare le metafore per camuffare la realtà? Su questa base il sig. Bollettin, "sacerdote cattolico", non solo fa una grottesca caricatura della dottrina che dovrebbe predicare, non solo vorrebbe che si scindesse intenzionalmente il coniugio dalla procreazione, quasi che questa fosse una fastidiosa conseguenza, un fastidioso "effetto collaterale" di quello e non il suo fine primario oggettivo, non solo vorrebbe sfigurare con la contraccezione la natura stessa dell'amore coniugale, che è di per sé fecondo, non solo insulta San Gerolamo, Sant'Ambrogio e Sant'Agostino di cui dovrebbe invece porsi umilmente alla scuola, ma vorrebbe addirittura (bestemmia inconcepibile per un laico, figuriamoci per un sacerdote) legittimare il peccato contro natura, che la Chiesa di cui si dice ministro condanna come colpa gravissima, che grida vendetta al cospetto di Dio. In questo senso egli naturalmente non si accontenta della già blasfema "apertura" di Joseph Ratzinger ma auspica che la Chiesa, piegandosi ai capricci dei "preti innamorati", cambi la dottrina bimillenaria che, ricordo, non è nemmeno sua ma che le è solo stata data in deposito per essere difesa e tramandata senza cambiarne uno iota. Cianciando di un "amore" che si esprimerebbe nei piaceri carnali, sganciati dal loro fine naturale, mentre, come ricorda Romano Amerio, l'amore cristiano si pone nella sfera della dilezione amicale, dell'agape, "per la quale nessuno dei due coniugi vuole l'altro, ma al di sopra di questo amore di concupiscenza vuole all'altro e con l'altro il proprio perfezionamento personale", non in quella della sensualità, dell'eros. Anche perchè, ricorda sempre il grande ticinese, la congiunzione carnale è proprio il momento della massima divisione tra le persone, "perdendosi nell'amplesso e la coscienza di sé e la coscienza dellaltro".
Dico, c'era bisogno di duemila anni di Cristianesimo per sentire ripetere sciocchezze come queste del "prete innamorato"? I pagani non dicevano cose diverse. La grande novità del messaggio cristiano, l'aveva capito un ateo intelligente come Prezzolini, è proprio la sua predicazione della castità: la verginità come condizione ideale, il matrimonio come scelta subordinata, non certo spregevole ma inferiore nella scala assiologica, e giustificato primariamente dal fine procreativo. Il che significa che la procreazione non deve mai essere positivamente esclusa.
Naturalmente nessuna censura pioverà sul capo del "prete innamorato": diciamo la verità, mica ha contestato l'autorità di Ratzinger. E, soprattutto, non ha "negato l'Olocausto".

Franco Damiani

mercoledì 24 novembre 2010

Chiesa, sessualità e preservativo

(pubblicato su Il Mattino di Padova di oggi)

L'apertura del papa all'uso eccezionale del preservativo fa notizia. C'è voglia di parlarne. In ogni caso si ripete quello che spesso è accaduto nel corso della storia della Chiesa: le grandi riforme partono dalla base. All'autorità non resta che riconoscere, tollerare e giustificare una pratica ormai diffusa tra i fedeli. Già da anni, associazioni cattoliche, missionari laici e religiosi, consigliano e consegnano profilattici come prevenzione all'Hiv. Anche coppie e fidanzati credenti non ne disdegnano l'uso quando lo ritengono opportuno. La realtà è che il libero arbitrio e il buon senso hanno prevalso sui dictat degli ultimi pontefici. Si attende quindi un'enciclica o un documento, che rassicuri il popolo cattolico e affermi con umiltà gli errori commessi dall'alto. Ma una riflessione seria e positiva sulla sessualità dovrebbe andare oltre le disposizioni pratiche sull'uso del preservativo. Al momento vi è un'apertura, ma ancora superficiale. La percezione è che si scelga il male minore, e non si proponga un'etica nuova, incarnata nella complessità di questa società. É come se le conclusioni ufficiali della Chiesa arrivino sempre in ritardo, anche di poco, rispetto a quelle che le persone comuni deducono con l'esperienza umana e di fede.
Il punto cruciale riguarda la questione teologica della superiorità, in una relazione sessuale, del fine procreativo rispetto a quello unitivo.
San Girolamo ammette l'uso della sessualità solo in funzione della procreazione. Sant'Ambrogio afferma che il matrimonio, pur essendo buono, implica certe cose per cui persino le persone sposate arrossiscono di loro stesse. Per non parlare di sant'Agostino che nei Soliloquia scrive: “Quanto a me, penso che le relazioni sessuali vadano radicalmente evitate. Penso che nulla avvilisca l'uomo quanto le carezze di una donna e i rapporti corporali che fanno parte del matrimonio”. La maggior parte dei Padri della Chiesa e dei santi ci hanno trasmesso una mentalità secondo la quale la sfera della sessualità, e più in generale quella della corporeità, viene vista come qualcosa da cui liberarci per avvicinarci a Dio. Non il luogo privilegiato per incontrare Dio.
Ecco perchè è ancora difficile predicare la bellezza dell'amore in quanto tale. Fare all'amore per il gusto e il piacere di volersi bene ed essere felici, senza l'ossessione di dover procreare ad ogni costo, è un'esperienza che genera Vita. In quest'ottica, le coppie sterili e le coppie gay avrebbero gli stessi diritti delle coppie eterosessuali fertili. Esistono molti modi per generare vita da una relazione d'amore sincero e adulto. Non è certo l'uso di un preservativo a determinare se una coppia è aperta alla vita oppure no.

lunedì 22 novembre 2010

L'alluvione insegna

Un signore di Veggiano (Padova), colpito dall'inondazione, rifiuta l'offerta in denaro di un industriale.
"Il mio datore di lavoro, come pure amici e familiari, ci hanno già sostenuto economicamente, fornendoci anche i primi elettrodomestici". Ritenendosi perciò già fortunato, risponde al benefattore: "Consegnate quei soldi ad un'altra famiglia più bisognosa!"

"I veneti non pagano le tasse? Risultato? Un povero veneto, vittima dell'alluvione, se non paga le tasse resta povero come prima e senza più casa o fattoria. Un ricco veneto, invece, si ritrova ricco il doppio! Ecco la cultura fortemente territorialista della Lega" afferma Ascanio Celestini, teatrante poliedrico.

venerdì 19 novembre 2010

La comunità pakistana di Modena e Reggio Emilia...

... è contro i matrimoni imposti, e crede nella parità uomo-donna

La comunità pakistana di Modena e Reggio Emilia non trova le parole per esprimere la propria rabbia ed il proprio sdegno per il drammatico omicidio di Shenaz Begum, per aver difeso la figlia Nosheen Butt dal padre che la voleva costringere ad un matrimonio imposto.
Noi crediamo che questi episodi isolati di violenza contro le donne infrangano il lavoro sincero degli immigrati che hanno la volontà di convivere con le tradizioni del paese ospitante, distruggano l’immagine della maggioranza degli immigrati, che è contro la violenza e crede nella parità uomo e donna, interpretino male le tradizioni degli immigrati stessi.
Crediamo che fare il padrone dei propri figli non abbia niente a che fare con nessuna religione e nessuna cultura civile. Nella legge pakistana un matrimonio combinato o una promessa di matrimonio di un minorenne non ha nessun valore giuridico. Secondo la religione Islamica, praticata dal 97% degli abitanti nel Pakistan, “chi ammazza un essere umano è come se ammazzasse tutta l’umanità”. La religione e la tradizione islamica non dicono che il matrimonio va imposto o combinato.
Questi casi, seppur isolati, ci preoccupano per il nostro futuro in Italia. I casi isolati vanno isolati. Noi riteniamo che questa cultura, che prende di mira le donne e che fino a pochi anni fa era presente in molte parti del mondo, vada combattuta insieme. Dobbiamo cercare tutte le soluzioni possibili per sconfiggere questo pensiero, non soltanto perché rappresenta un problema di convivenza tra i cittadini immigrati e gli italiani, ma perché crediamo alla sacralità della vita e alla parità tra uomo e donna.
Se il caso di Nosheen, in cui la madre ha difeso la figlia (cosa che non si era vista nel caso di Hina di Brescia e Saana di Pordenone), dà un segnale chiaro che la metà del nostro cammino è stata fatta, ora ci manca un altro pezzo che dobbiamo fare tutti insieme, prendendo le distanze dalla mentalità malata che crede nella supremazia dell’uomo.
L’Associazione Pakistana di Reggio Emilia e la comunità pakistana condannano duramente questa idea ed esprimono tutta la solidarietà a Nosheen. (...)

(tratto da www.uominincammino.it)

giovedì 18 novembre 2010

La paura del cambiamento e la perdita del potere


I dispersi dell'Argentina e i nuovi dispersi

Vera Vigevani Jarach, di origini italiane e cofondatrice del movimento delle "Madres de Plaza de Mayo" in Argentina, è stata ospite questa sera al cinema Esperia di Chiesanuova a Padova.
Per fare memoria.
Io c'ero.
La figlia Franca, diciottenne, fu prelevata in un bar di Buenos Aires insieme ad altri compagni di classe il 26 giugno 1976. Di lei non si seppe più nulla fino a quando, poco tempo fa, si è avuta la certezza da una sopravvissuta al campo di concentramento dell'ESMA che era tra le vittime dei voli della morte.
"La paura del cambiamento" ha spinto i militari argentini a rapire e uccidere giovani, avvocati, psicologi, giornalisti e artisti, piccoli imprenditori... speranze di un futuro nuovo.
Il colpo di stato civile-militare ha trovato l'appoggio e l'indifferenza di molte istituzioni. Tra cui la Chiesa-gerarchica nella figura del suo nunzio Pio Laghi. "Non è che non ci ascoltasse - ha detto Vera - ci dava una pacca sulla spalla, ci diceva poverine, ma poi andava a giocare a tennis con un generale dei militari".
Il silenzio è stato grande protagonista degli atroci crimini.
Cosa ci insegna?
La repressione un tempo violenta oggi è diventata non violenta, ma più pericolosa. Non si vede più il sangue, e può sembrare democratica. Ostacolare la libertà di stampa è forse l'ultima tecnica per continuare la repressione del cambiamento, del nuovo, dei giovani.

Dal Kashmir a Savona

Una testimonianza di integrazione

di Zahoor Ahmad Zargar

www.famigliazargar.com

Quando sono venuto a vivere qui dal Kashmir, molti anni fa, mia moglie (che è savonese) si era accorta che mio padre usava nelle sue lettere frasi tipo “luce dei miei occhi” e mi chiedeva di raccontarle in che modo rispondessi io ai miei parenti. Noi, infatti, usiamo molte immagini e paragoni nell’esprimerci, così mi aveva proposto di scrivere qualcosa sostenendo che sarebbe piaciuto agli italiani, dato che lo stile letterario varia da paese a paese.
All’inizio, stendevo i testi in urdu e poi, insieme con lei, cercavamo di tradurli fedelmente: così è nata la poesia Liguria, ad esempio. Una persona che viene da fuori, infatti, rimane subito affascinata dal paesaggio; in seguito, però, si scontra con l’isolamento e con una mentalità assai provinciale: mentre il mondo diventava globale, qui si voleva vivere come prima, fare ciò che era sempre stato fatto, perdendo opportunità preziose e non capendo che l’incontro e il confronto con altre realtà arricchisce. È come quando si entra in una stanza chiusa e si sente puzza, ma chi è dentro non se ne accorge. Naturalmente, non c’era intenzione di offendere, ma di risvegliare le coscienze, scuotere con una provocazione per uscire dallo stagno. Poi, ho osservato anche il modo di fare dei savonesi, per me inconsueto: chiuso, senza colore; ho paragonato il comportamento della gente di questo paese con quello della mia. Così ho immaginato di scrivere una lettera a mia sorella (“Lettera a Mabuba”) dove raccontavo la perdita della vita sociale con il progresso, come avviene in tutto il mondo, la mancanza di solidarietà… In apparenza, tutti sembrano felici, hanno molta materialità, ma dentro gli manca tutto. Non conta quanti palazzi, automobili si abbiano, se si sia stati fuori a divertirsi per tutta la notte: poi si torna a casa, si è soli e si sta ingannando la realtà! E’ come con i braccialetti ciui-mui che le ragazzine del mio paese usano: sono tanto belli, ma si rompono subito, ferendo i polsi… Ricordo che una signora che l’aveva letta è venuta nel mio negozio e ha pianto per tanto tempo! In questo modo, mi sono fatto conoscere localmente e, dato che sono musulmano, tanti venivano da me a domandare se anche noi musulmani potessimo avere un luogo dove pregare. Nel 1998, siamo riusciti ad affittare un locale ma, soprattutto, ne abbiamo fatto un luogo di vicinanza per far conoscere culture differenti agli italiani (noi stessi immigrati veniamo da paesi molto dissimili con vari usi, lingue e tradizioni) e meglio l’Italia agli stranieri. Per questo abbiamo organizzato, negli anni, convegni, dibattiti, abbiamo accolto alunni e insegnanti di molte scuole per parlare, incontrarci, far conoscere le nostre feste, le nostre preghiere, i tanti punti di contatto che ci legano. Credo che siamo riusciti a trasmettere il nostro messaggio qui a Savona, perché alle nostre manifestazioni è sempre venuta tanta gente, oltre a importanti rappresentanti istituzionali e delle altre religioni. Lo stesso messaggio abbiamo cercato di portare in Liguria e nel resto d’Italia, avendo io ricoperto varie cariche nella comunità. Gli stranieri amano questo paese come seconda patria, qui lavorano e i loro fi gli vanno a scuola, qui cercano di migliorare se stessi e l’ambiente che li circonda. Gli italiani devono dar loro la possibilità di vivere in modo degno. L’integrazione avviene quando le due parti si avvicinano e si rispettano. Per me, l’integrazione, invece, è iniziata proprio attraverso la scrittura e, in un secondo momento, è proseguita nel volontariato per la mia Comunità.

Io credo

Io credo alle verità
di tutte le grandi religioni del mondo.
Non ci sarà pace durevole sulla terra
fino a quando non impareremo non solo a tollerare,
ma anche ad avere riguardo
per le fedi diverse dalla nostra.
Uno studio rispettoso dei detti
dei vari maestri dell’umanità
è un passo in direzione di questa stima reciproca.


Mahatma Ghandi

lunedì 15 novembre 2010

Il Brasile guidato da una donna


... per la prima volta

Il Brasile ha eletto al secondo turno, il 31 ottobre, il suo nuovo Presidente della Repubblica. E’ una donna: Dilma Rousseff, già favorita alla vigilia con il 55% delle intenzioni di voto, ha raggiunto il 56% dei voti validi.
Quando Lula passerà la fascia presidenziale a Dilma, avrà le lacrime agli occhi. Perfino gli avversari si commuoveranno: per la prima volta nella storia il Paese sarà guidato da una donna. Cinquantasei milioni di voti, il destino di una nazione. Trasformare il Brasile in un colosso internazionale, dare finalmente dignità al suo popolo, alla sua gente.

(Leggi i commenti di Bruna Peyrot e di Edith Moniz e Paolo D’Aprile sul sito di Macondo)

Il fine non giustifica i mezzi

[...]
E' evidente che se per combattere un male,
usassi anche la più leggera violenza,
un altro male sopravverrebbe,
poi un secondo, un terzo;
e così milioni di violenze isolate,
genererebbero di nuovo questo terribile flagello
che regna e ci opprime...
Il cristiano sa che
solo combattendo il male col bene e con la verità,
egli fa tutto ciò che può per compiere la volontà del Padre.
Non si può spegnere il fuoco col fuoco,
asciugare l'acqua coll'acqua,
combattere il male col male.


Lev Tolstoj

(lettera all'amico Engelngardt, 1882)

Lettera aperta a Raimon Pannikar

C’è qualcosa peggiore del terrorismo: l’antiterrorismo.

L’Occidente deve disarmare la cultura.

L’ossessione della sicurezza è figlia della ragione armata.

(Raimon Pannikar)

Lettera aperta a Raimon Pannikar, a due mesi dalla sua scomparsa, scritta dal suo più grande amico in Italia, Achille Rossi di Città di Castello, in occasione di un convegno organizzato da Cipax.

Carissimo Raimon,
sono passati appena due mesi dalla tua scomparsa, ma la tua presenza è più viva che mai nel mio spirito. Ti vedo ancora lì nel tuo studio tappezzato di libri, seduto su quella poltrona che negli ultimi tempi chiamavi scherzosamente “il trono”, quasi per alleggerire di fronte ai tuoi ospiti il peso della malattia. Vorrei continuare con te una conversazione sulla pace iniziata un quarto di secolo fa a Città di Castello. Ci invitavi allora a “disarmare la cultura” sostenendo che la nostra è una cultura armata non tanto perché possiede la bomba atomica, ma perché adopera la ragione come un arma per vincere o per convincere. E spingevi la tua tesi fino ad affermare che c’è una continuità fra una ragione che deve controllare e inseguire la certezza e la deterrenza nucleare: devo possedere l’arma più sicura di quella del mio avversario. Rimproveravi all’Occidente di vivere in una cultura di sfiducia e di guerra. Quelle tue affermazioni, che allora ci sembravano un po’ esagerate, oggi si rivelano invece profetiche. Dopo le due guerre del Golfo, la Bosnia, il Rwanda e l’Afghanistan, il militarismo è ritornato in forze e ha colonizzato la cultura. L’avversario va sconfitto e distrutto per raggiungere la sicurezza e la pace, ci dicono tutti i maîtres à penser e gli imbonitori televisivi. Sulla scia di questa convinzione in Italia abbiamo fatto di meglio: il Ministero della pubblica istruzione, d’accordo con quello della Difesa, ha autorizzato alcune scuole a insegnare ai giovani l’uso delle armi. “Progetto sicurezza” l’hanno battezzato. Tu saresti rimasto sbalordito di fronte a un provvedimento simile e avresti esclamato «non mi dire!», come facevi tutte le volte che ti descrivevo la situazione italiana.
L’ossessione della sicurezza, figlia della ragione armata, ha partorito un movimento localista e xenofobo come la Lega, che proclama la lotta agli immigrati rei di averci rubato il lavoro, portato le malattie, distrutto la nostra identità. Ti saresti stupito che un fenomeno che avrebbe potuto portare a una fecondazione reciproca tra le culture fosse interpretato in una forma così negativa e anticristiana. L’altro fa parte di noi, ci avevi ripetuto nel Convegno del 2006, è l’altra parte che non abbiamo ancora sviluppato o che forse non conosciamo. L’incontro con lui è esperienza di rivelazione, perché ci rivela la nostra incompletezza e la nostra complementarità.

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giovedì 11 novembre 2010

Tutto cade... ri-costruire si può!

Il vangelo della domenica (Lc 21, 5-19)

"Di tutto quello che ammirate non resterà pietra su pietra che non venga distrutta".

Il Tempio di Gerusalemme viene distrutto...
le nostre convinzioni vengono spesso distrutte, i nostri punti di riferimento, gli argini di un fiume in piena, le aspettative nella politica, le relazioni affettive, i contratti di lavoro...

La distruzione: rovina o riscatto? Fine o nuovo inizio? Inutile o necessario?

"L'alluvione a Vicenza è stata occasione di grande solidarietà tra i cittadini" racconta Ivano. Sofferenze e dolori ormai attraversati vengono ricordati come grandi occasioni di crescita umana e spirituale.

La fine del mondo: reale o inventata? La stiamo già vivendo o deve ancora venire?

"Io ho un po' paura del giudizio finale di Dio!" ci hanno inculcato per secoli. Pedagogicamente ha funzionato? E' servito per amarci di più? Compiere (o non compiere) un gesto per paura di andare a finire all'inferno non è forse troppo poco?
"Io ho paura che questo mondo diventi un inferno!" sarebbe un passo più in là. Ma più che mosso dalla paura vorrei essere mosso dalla passione, dal desiderio, dall'amore.
Lasciare ai miei figli un mondo migliore.
Essere felice relativizzando le cose.
Cercare l'armonia sociale prima del benessere individuale.

I martiri: servono davvero? A che cosa?
Ho come l'impressione che abbiamo ancora troppo bisogno di mitizzare un individuo che rappresenti una perfezione ultraterrena. Tutti possiamo essere perseguitati, ma guai a noi se ce lo cerchiamo soltanto per il gusto di fare i martiri! Arrivano le processioni, le incensazioni, le cassette per le offerte... martire come una star,
400 partecipanti al suo corso!
E' possibile uscire dal mito del mercato rimanendo dentro la storia, attraverso scelte critiche e responsabili, e sentirsi diversi, sfigati, "fuori moda", soli... è questa, secondo me, la sfida di oggi.

Nutriamoci del contrasto!

Bianco & nero II

Io sono nero
tu sei bianca.
Andiamo aldilà
del colore
Nutriamoci del contrasto.
Fioriamo sulla differenza.
Cresciamo sulla diversità.
Camuffiamoci nel chiaroscuro
del nostro essere.
Viviamo nell'unità dell'amore.


Barolong Seboni

poeta e scrittore del Botswana

martedì 9 novembre 2010

La passerella


Berlusconi a Padova

Verso l'unità del sindacato

METALMECCANICI: CGIL, TAVOLO CON IMPRESE SFIDA DA ACCETTARE

(ANSA) - ROMA, 8 NOV - La produttività è un tema vero "sul quale accettare la sfida": la Cgil risponde così, con il segretario confederale Vincenzo Scudiere, alla richiesta del Comitato centrale della Fiom di abbandonare il tavolo aperto con la Confindustria sulla produttività.
Nessuna disponibilita' della Cgil quindi a fare un passo indietro così come chiesto dalla Fiom sui tavoli aperti mentre si chiede però di mantenere aperto il dialogo con i metalmeccanici, a partire dai contratti di lavoro. "E' necessario un incontro a breve - dice Scudiere - tra le segreterie di Cgil e Fiom per affrontare seriamente le questioni in campo".
"Questa è la fase - precisa - in cui la Cgil deve tornare in campo con delle proposte e sarebbe un peccato se su queste non si ritrovasse la Fiom. La produttività è un tema vero sul quale accettare la sfida proponendo la sua alternativa a quanti individuano nel lavoro le origini della scarsa produttività del Paese". (ANSA).

Dati confortanti

Una tv diversa è possibile

Ottimi risultati per la prima puntata della coppia Fazio-Saviano con Benigni, Vendola e Abbado: 7,6 milioni di spettatori e il 25,48% di share. Battuto il Grande Fratello, seguito da 4 milioni 850mila spettatori.

Guarda il video di Vendola e i 27 sinonimi di omosessuale (clicca qui)

Guarda il video di Benigni su Berlusconi (clicca qui)

E non c'è niente da ridere!!!

lunedì 8 novembre 2010

Questioni di "integrazione"

Anche a Padova il multiculturalismo è fallito

Il multiculturalismo è fallito. Per la Merkel, per Zaia, per molti altri e anche per me. Diverse etnie non possono vivere l'una accanto all'altra come diversi prodotti di un supermercato. Nella prima corsia a destra: scuole speciali per i figli di immigrati o per bambini che presentano un ritardo mentale. A sinistra: quartiere cinese, ghetti abitati da africani e monolocali subaffittati. Nella seconda corsia in fondo un reparto transculturale suddiviso ulteriormente per categoria: quartiere gay e a luci rosse, piazza per universitari di sinistra e piazza per figli di papà.
L'integrazione secondo il modello multiculturale prevede la convivenza delle diversità, fianco e fianco, ma con una linea di separazione che difende e cristallizza ciascuna identità. Nei quartieri popolari gli operai, nelle zone residenziali avvocati e dottori. Nei condomini dell'Ater famiglie in difficoltà, nel centro storico appartamenti in affitto a studenti. Negli uffici i bianchi, nelle concerie i neri. Buon cuore per le Ruby bisognose, intransigenza per i Salem che hanno sbagliato soltanto una volta. Un quartiere, un ghetto, un pregiudizio, un problema. Un universo accanto all'altro. Uno di qua, uno di là. Senza alcuna possibilità di interazione, di fecondazione e di arricchimento reciproco. Proprio in questo sta il fallimento del multiculturalismo, del ghetto in via Anelli, della percezione di paura nei confronti dell'immigrato clandestino. Germania e Padania fanno quindi un passo indietro, sperando che l'integrazione secondo il modello assimilatorio potrà funzionare. Ma la Francia delle banlieu parigine ci ha insegnato che non è possibile. Forzare menti diverse a pensare allo stesso modo, fedi diverse a pregare allo stesso modo e tradizioni diverse a comportarsi allo stesso modo, crea confusione, violenta e patologica. "Nuovi italiani" li definisce l'ultimo rapporto della Caritas nazionale, riferendosi ai cinque milioni di immigrati regolari presenti nel nostro Paese. Ma i miei figli, nati a Padova, da madre nigeriana e padre italiano, saranno nello stesso tempo africani e italiani. Nulla di cui vergognarsi. Una fortuna in più, non un problema. Un bagaglio culturale più ricco, aperto, elastico, dinamico. Fuori dalla scuola elementare alcune bambine padovane toccano incuriosite le treccine di mia figlia, toccano qualcosa di nuovo e lo ammirano. E imparano. Ecco le culture che si incontrano, che crescono assieme nella scuola pubblica, veri centri di Intercultura.
L'unica alternativa rimane un'integrazione secondo uno stile interculturale, dove la contaminazione viene accolta come fattore positivo e necessario per l'evoluzione di una società.

(pubblicato su Il Mattino di Padova, il 6.11.10)

sabato 6 novembre 2010

L'appello

Giustizia ed equità per chi manifestò contro la guerra

Il 5 novembre 2010 è cominciato il processo di appello per i fatti avvenuti oltre dieci anni fa, il 13 maggio 1999, nei pressi del consolato statunitense di Firenze. Quel giorno migliaia di persone parteciparono a una manifestazione contro la guerra in Jugoslavia, che si concluse appunto sotto il consolato. Vi fu un breve concitato contatto fra le forze dell'ordine e i manifestanti, per fortuna senza conseguenze troppo gravi, se non alcuni manifestanti contusi, fra cui una ragazza che dovette essere operata ad un occhio.

Nessuno, sul momento, fu fermato o arrestato, ma in seguito vi furono identificazioni e denunce. Si è arrivati così alle condanne di primo grado, molto pesanti per i 13 imputati: ben sette anni, per le accuse di resistenza aggravata a pubblico ufficiale. Nel dibattimento si sono confrontate le tesi - molto divergenti – delle forze dell'ordine e dei manifestanti.

Non intendiamo sindacare le procedure legali, né esprimere giudizi tecnico-giuridici sulla sentenza, ma ci pare che le pene inflitte in primo grado e le loro conseguenze sulla vita delle persone imputate, siano del tutto sproporzionate rispetto alla reale portata dei fatti.

Non vi furono, il 13 maggio 1999, reali pericoli per l'ordine pubblico o per l’incolumità delle persone, e non è giusto - in nessun caso – infliggere pene pesanti, in grado di condizionare e stravolgere l'esistenza di una persona, per episodi minimi: perciò esprimiamo la nostra pubblica preoccupazione in vista del processo d'appello, convinti come siamo che la giustizia non possa mai essere sinonimo di vendetta e nemmeno strumento per mandare messaggi "esemplari" a chicchessia.

Seguiremo il processo e invitiamo la cittadinanza a fare altrettanto, perché questa non è una storia che riguarda solo 13 persone imputate, ma un passaggio significativo per la vita cittadina e per il senso di parole e concetti che ci sono cari, come democrazia, giustizia, equità.

Firma l'appello (clicca qui)

venerdì 5 novembre 2010

Alluvionati a sorte



Strade allagate

Nella stessa città, Padova, alcuni come me hanno seguito l'inondazione del Bacchiglione dai giornali o dalle televisioni, altri hanno dovuto abbandonare la propria casa o sistemarsi nei piani superiori.
Sembra strano che per molti non sia successo niente, tanta pioggia e basta, e per alcuni si sia trasformata in tragedia. Due-tre morti, pochi per attirare l'attenzione dei media nazionali. Migliaia di sfollati invece, case danneggiate, auto distrutte. Stato di calamità naturale.
Dove vivo io non si nota nulla di strano. Soltanto qualche chilometro più in là, famiglie disperate, in mezzo al fango.
Da decenni non accadeva un fenomeno del genere. La gente si considerava fortunata, fino a qualche giorno fa.
Siamo sempre stati abituati ad aiutare gli altri, vedremo se riusciremo ad aiutarci l'un con l'altro. Anche tra vicini di casa, fratelli coltelli e parenti serpenti. Questione di sopravvivenza. Gesti di solidarietà non mancano, nella struttura parrocchiale di Polverara sono ospitate una 50 di persone, per lo più immigrati. Mancano però altre forze per dare coraggio e speranza a molte famiglie.
Ecco le iniziative di solidarietà!

Progetto Ngambè-Tikar

IL TETTO


Continua la costruzione del Centro di Formazione per i Giovani del villaggio di Ngambè-Tikar in Camerun, a 350 km a nord di Yaoundè.
Durante il viaggio a dicembre, vedremo con i nostri occhi il lavoro di questi ultimi mesi, sarà davvero emozionante! Tutto è nato da un'accoglienza, poi si è trasformata in collaborazione ed ora si concretizza in un progetto di sviluppo della realtà locale. Domani sera a Saccolongo (Pd), 200 persone si incontreranno per sostenere questo progetto e per conoscere i nuovi partecipanti al viaggio in Camerun dal 7 al 19 dicembre 2010.

Prostitute a casa, escort a cena

di Marco Bracconi

Un buon governo, nel terzo millennio, non si muove ideologicamente. Non va per titoli, e non butta l’acqua sporca con il bambino. Sa distinguere. Sa che ci sono negri e persone di colore, per esempio, e che i primi vanno stipati nei Cpa mentre i secondi vanno tirati fuori in qualche modo dalle questure. Non solo. Questo moderno governo, che non fa di tutta l’erba un fascio, sa che ci sono omosessuali e froci, e allora questi li sfotte nei motoshow e quegli altri li piazza alla direzione di Chi.

Se si vuole un’altra prova di questo talento nel cogliere le sottili differenze della contemporaneità basta ascoltare le parole pronunciate oggi da Berlusconi e Maroni (video). L’annunciato giro di vite sulla prostituzione è la dimostrazione che ci sono prostitute e prostitute. Quelle che battono per strada, che vanno cacciate col foglio di via, e quelle in tubino nero che invece si invitano a cena per fare il coretto sulle canzoni di Apicella.

Quelle si chiamano mignotte, queste escort.

Non è certo colpa di Berlusconi se la lingua italiana, dai tempi di Dante, è tanto ricca da avere almeno due nomi per dire la stessa identica cosa.

giovedì 4 novembre 2010

Notizie in evidenza

Stati Uniti: Obama accetta la sconfitta elettorale, e si impegna ad ascoltare di più la gente e i repubblicani. Non dà la colpa agli altri, non accusa nessuno, non falsifica l'informazione pubblica.

Alluvione in Veneto: i veneti, colpiti dall'inondazione di questi giorni, denunciano la poca solidarietà espressa dalle parti politiche nazionali, fatta eccezione della Lega. La rabbia degli sfollati.

Svolta nel sindacato: Auguri a Susanna Camusso, nuova leader della CGIL (6 milioni di iscritti in Italia), sperando che il sindacato possa ritrovare indipendenza e unità.

Berlusconi lifestyle: c'è chi non ne vuole parlare dicendo che sono altri i problemi del Paese, c'è chi ritiene di avere il diritto di conoscere gli usi e costumi del proprio presidente del consiglio.

martedì 2 novembre 2010

Siamo alla frutta

Botta
Berlusconi: Meglio essere puttanieri che gay!
Risposta
Vendola: Le tue barzellette razziste sono una minuscola enciclopedia dell'imbecillità!

Verso un clima tropicale

stagione secca e stagione delle piogge


Foto suggestiva e allarmante
(nella foto: Tencarola (Pd): Bacchiglione by night)

lunedì 1 novembre 2010

4 novembre

Mai più lutti, mai più guerre

Esprimiamo solidarietà ai prigionieri di coscienza arrestati per il loro impegno pacifista. Proposta di Beati Costruttori di Pace, Movimento Nonviolento e PeaceLink

La prima guerra mondiale fu un orrendo massacro che costò, solo all'Italia, 650 mila morti e un milione di mutilati e feriti (molti di piu' di quanti erano gli abitanti di Trento e Trieste)

Il 4 novembre dovrebbe essere un giorno di lutto e di memoria. Non c'è nulla da festeggiare o celebrare.
Dissociamoci da ogni retorica celebrazione di eroismo.
Dissociamoci da ogni ipocrisia.

Contro la retorica militarista, il 4 novembre invitiamo i cittadini ad esporre dai loro balconi le bandiere arcobaleno, a partecipare alla manifestazioni ufficiali esprimendo una voce di dissenso (con un volantino, una bandiera che sventola, un cartello appeso al collo … la Costituzione italiana garantisce a tutti i cittadini il diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero: facciamolo correttamente, con educazione e civiltà, ma facciamolo!).

Davanti al dramma della guerra in Afghanistan, nella quale siamo coinvolti come italiani, c’è ancora qualcuno che ha il coraggio di celebrare con una “festa” la vittoria di una guerra? C’è solo da vergognarsi, e tacere per rispetto delle vittime di tutte le guerre. L’unico vero modo per celebrare il ricordo di una guerra, è quello di impegnarsi con la nonviolenza affinchè non ci siano più guerre. Come ha detto il grande scrittore Lev Tolstoj, profeta della nonviolenza, nel capolavoro “Guerra e pace”, le guerre non si vincono, le guerre si perdono e basta.

Chi volle la prima guerra mondiale fu un mascalzone
Chi la festeggia oggi e' un ignorante
Dal 4 novembre rinasca il monito solenne: MAI PIU' LA GUERRA!

Sosteniamo l'impegno nonviolento dei disertori, degli obiettori di coscienza e di tutti coloro che sono impegnati nella Resistenza contro la guerra e il militarismo.
Ci impegniamo oggi, ricordando che coloro che si rifiutarono di combattere venivano fucilati dai carabinieri italiani.
Ricordando gli italiani pacifici che furono condotti a combattere e a morire perché costretti.
Ci impegniamo oggi contro tutte le guerre in nome dei disertori che non vollero partecipare a quella che papa Benedetto XV definì "un'inutile strage".


Associazione PeaceLink