domenica 31 gennaio 2010

NERO SU BIANCO: TUTTI PRESENTI SENZA ECCEZIONE ALCUNA



(Foto della lettera-richiesta di Bocchino e Cicchitto a tutti i deputati Pdl)

LEGGE SUL LEGITTIMO IMPEDIMENTO

Dunque, per stessa ammissione dei proponenti, la legge sul “legittimo impedimento” non è una legge che serve a tutti i cittadini e al Paese ma è “importante” solo per “il Presidente Berlusconi”. Di più: per questa legge, i parlamentari del Pdl vengono letteralmente precettati (ti preghiamo di garantire la presenza in aula per tutta la prossima settimana senza alcuna eccezione). Come a dire: per tutte le altre cose che facciamo in Parlamento e per quelle volte che non ci occupiamo di leggi ad personam potete pure non venire, ma questa volta proprio no, dovete esserci “senza alcuna eccezione”, perché questa legge serve a Berlusconi.

sabato 30 gennaio 2010

TANTI INCONTRI INTERESSANTI

PROPOSTI DAL MOVIMENTO "NOI SIAMO CHIESA"

---Milano 6 febbraio al Guado per la prima volta un vescovo, Mons. Bettazzi, incontra un movimento di omosessuali credenti


---Firenze 6 febbraio, secondo incontro “sinodale” e nazionale dei cattolici su “Il Vangelo ci libera e non la legge”


---Milano 17 febbraio incontro della Consulta per la laicità su “Laicità, religioni, spazi pubblici a Milano e in Lombardia”


---Forlì 18 febbraio incontro su “Nessuno è clandestino agli occhi di Dio”


---Milano 27 febbraio convegno annuale di “Noi Siamo Chiesa” (insieme a tanti altri) su “La coscienza cristiana di fronte alla crisi della convivenza e della democrazia”

POESIA

Tanto ho navigato, notte e giorno, sulla barca del tuo amore

che o riuscirò in fine ad amarti o morirò annegato.

Giardiniere, apri la porta del giardino;

io non sono un ladro di fiori,

io stesso mi son fatto rosa,

non vado in cerca di un fiore qualsiasi.

Zaher

(ragazzo afgano morto a Mestre nel dicembre 2008)

PROPOSTA CHOC

Trento. Proposta choc della Lega Nord:
controlli psichiatrici su tutti gli immigrati



Lo spunto dall’arresto di un 17enne algerino. Il Carroccio: «Fare anche un esame sanitario su clandestini e non»
da Il Gazzettino del 28 gennaio 2010

«Sottoporre sistematicamente tutti gli immigrati ad esame sanitario e psichiatrico». È questa la proposta della della Lega Nord del Trentino, contenuta in un’interrogazione al presidente della Provincia di Trento Lorenzo Dellai.

L’idea del Carroccio prende spunto dall’arresto, nei giorni scorsi, di un ragazzo di 17 anni algerino, accusato di tentata violenza sessuale nei confronti di una giovane donna trentina: il ragazzo avrebbe poi danneggiato la cella del reparto detenuti all’ospedale S.Chiara e avrebbe messo in atto pratiche di autolesionismo.

«Quanto accaduto - si legge nell’interrogazione - dimostra senza ulteriori necessità di prova come tante, troppe volte gli immigrati, legali e non, che giungono sul nostro territorio abbiano serie problematiche sanitarie e/o psichiatriche in atto, con grave pericolo di contagio e/o di incolumità per tutti i malcapitati che dovessero venire in contatto fortuito con questi soggetti».

Per questo motivo - prosegue l’interrogazione - la Lega Nord chiede di attuare nei confronti di tutti gli immigrati «sistematici controlli per appurarne l’esatto quadro clinico in modo che non possano nuocere, per contagio passivo o per violenza, ai cittadini inermi che dovessero inopinatamente entrare in contatto con costoro».

I CRIMINALI NON HANNO COLORE DI PELLE

LE STATISTICHE CONFERMANO I PREGIUDIZI

"Le nostre statistiche dimostrano che le percentuali di criminalità di italiani e stranieri sono analoghe, se non identiche". E' quanto ha affermato il segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata, rispondendo a una domanda dei giornalisti sulle affermazioni del premier Berlusconi riguardanti la partecipazione degli immigrati alle attività delle organizzazioni criminali. "La considerazione di fondo sugli immigrati - ha adetto Crociata - resta la dignità di ogni persona umana che non può essere oggetto di pregiudizio e discriminazione, come ha ricordato il Pontefice".

GLI INCONTRI CHE GUARISCONO

IL GRUPPO BIBLICO "Vangelo e yoga" SI INCONTRA, CAMMINA, ASCOLTA, CONDIVIDE... E SI CURA CON LA PAROLA, LE MANI, IL RESPIRO, LA FIDUCIA...


CAPITOLO 8 DEL VANGELO DI MATTEO

Si narra di un Gesù che incontra le persone, evita le folle, e si avvicina alla storia personale di chi gli è prossimo.
Profeta itinerante, sceglie la Galilea, lontano dal Tempio di Gerusalemme, per camminare, di villaggio in villaggio, aldiqua e aldilà del lago di Tiberiade.
Non fa preferenze di persona ma l'evangelista descrive una lampante contrapposizione: gli esclusi dalla religione riescono a stupire Gesù, il quale alla fin fine li elogia per la loro fede. Che stranezza è mai questa?

Tocca un lebbroso e diventa impuro anche lui. E chi se ne frega!
Uomo con gli uomini, prima ancora che uomo per gli uomini.
Non fa domande indiscrete, ad esempio, sul tipo di rapporto tra il centurione romano e il suo ragazzo, che tanto gli sta a cuore.
Mette a proprio agio la suocera di Pietro, ammalata per il suo "non sentirsi all'altezza" di ospitare il famoso profeta, a tal punto da farle passare la febbre.
Ma tratta male coloro che si ritengono dotti, gli scribi, avvisandoli: "Cari miei, con quella puzza sotto il naso, non potrete mai seguirmi! Guardate che non dormo in albergo!"

Forse esagera con i suoi discepoli... non è così umano preoccuparsi quando il mare è molto mosso e la barca di Pietro non è uno yacht? Ci vuole umani, sì o no?

"La vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare". E' la conseguenza del rischio, la prova del coraggio, il passaggio obbligato verso una maggiore fiducia in se stessi. Guai se non avessi paura dei pericoli! Certo che, in questa società di ansiosi e ansiotici, bisognerebbe affrontare le sfide con l'allegria e la spensieratezza di un bambino!

Gesù ci vuole umani, talmente umani, da chiederci di rinuciare ad una mandria di porci, al frutto del proprio duro lavoro, pur di vedere felici due persone. Chi me lo dice che un domani, sarò io ad aver bisogno del sudore di un altro? Quanto vale una vita? Perchè tanta rabbia per quei porci uccisi? La vita di un uomo non vale più di qualche cassetta di arance?

LA PREGHIERA

Non sentirti escluso, anche se il mondo ti giudica.
Non sentirti discriminato, anche se ti senti diverso.

(Me lo ripeto a me stesso...)

Sappi che il "diverso" spesso nella Bibbia viene tradotto con daimon. "Hai un demonio!" è l'esclamazione che indica l'individuazione di un qualcosa di sconosciuto e quindi pericoloso. Ma non potrebbe essere l'occasione per la salvezza?

O Dio,
eterno viandante,
benedici i nostri piedi,
perchè possano camminare su terreni sconosciuti,
aldilà delle certezze,
in mezzo ai diversi e agli esclusi,
dentro di noi e nel mondo.

Trasforma la nostra rabbia per le cose perdute
e l'invidia verso chi ha fede,
in gioia e ringraziamento.

venerdì 29 gennaio 2010

IL DIVERSO DIVENTA "DAIMON"

LA MALA TRADUZIONE CHE HA INVENTATO IL DEMONIO


(di Amedeo Gaetani dal suo blog)


Il Messaggio d’Amore del Cristo è quello che ci invita a conoscere Dio presente in ognuno di noi, per essere persone libere e responsabili. Bisogna, però, tenere presente che nella nostra Coscienza abitano mostri indotti dall’educazione religiosa ricevuta fin dall’infanzia. Bisogna, quindi, liberarsi da queste presenze negative che condizionano la nostra ricerca di Dio nel profondo di noi stessi. Ora, il problema vero sull'esistenza o meno del demonio nasce dall'ignoranza dei Vangeli. Se si riesce a dimostrare, come è dimostrabile nei Vangeli, che, quelli che noi chiamiamo satana, diavolo, demonio, nel testo greco primitivo non hanno gli stessi significati che gli sono stati attribuiti dai traduttori in lingua italiana, la fede in Cristo riceve nuovo vigore e diventa ciò che veramente era originariamente: Un messaggio d’Amore Universale. Sgombriamo, dunque, il campo dalle false traduzioni. Partiamo dal capire come sono venuti fuori questi termini daimon, satan, diabolos, nella traduzione dei LXX, dall’Ebraico in Greco, per l’Antico Testamento e poi considereremo direttamente i Vangeli redatti in lingua Greca. Se diamo per assodato che il demonio esiste è facile attribuirgli tutto il male di questo mondo, anche se, sinceramente e usando la logica, mi pare assurdo che il Padreterno permetta che questo presunto essere immondo lavori per far soffrire gli esseri umani e Lui non muova un dito per difenderli. Allora come è nato primitivamente il termine “daimon”? Che cosa significava nell'A.T. il termine “satan”? E il termine “diabolos” (che è la traduzione greca di satan) che cosa significava veramente nei Vangeli in Greco?
Faccio un esempio pratico per dimostrare che i Vangeli vanno letti tenendo conto del tempo storico in cui sono stati scritti: Quando si legge nel Vangelo che alcuni discepoli di Gesù vanno da Lui per dirgli che Erode lo cerca, ebbene Gesù risponde: “Andate a dire a quella "volpe" che io devo predicare oggi e domani......” In italiano noi troviamo la traduzione “volpe” e, in effetti, la traduzione è buona: Gesù ha nominato proprio la volpe. Il problema non è il termine che Gesù usa ma il "senso" che questo termine trasmette alla nostra mente. Oggi noi quando pensiamo alla volpe pensiamo ad una persona furba-scaltra. Non è così al tempo di Gesù. Gesù ha detto "volpe" certo; la volpe, però, al tempo di Gesù era sinonimo di “criminale". Vedete come la differenza di senso rischia di travisare il significato del termine stesso?
Lo stesso dicasi per "daimon". Non dobbiamo vedere cosa significa per noi oggi ma cosa significava per Gesù e per i suoi contemporanei. Quando i LXX tradussero la Bibbia dall'Ebraico in Greco, dato che si trovavano in terra straniera (Alessandria d'Egitto), trovarono nella Torah (la legge ebraica) molti termini non ebraici, entrati a far parte della Scrittura e che ormai facevano parte della tradizione ebraica della diaspora, dopo l’ultimo esilio in Babilonia . I LXX tradussero questi termini incomprensibili (fauni, centauri, sirene: presenze immaginarie) con "daimon". Non solo. Daimon a quel tempo aveva un significato positivo. In Socrate il daimon aveva significato di spirito umano buono, nume tutelare, spirito divino guida. Gli autori ebrei però, pur avendo fede nel Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe, ritenevano che tutti gli altri esseri fossero opposti al Dio del bene. Era dunque, per loro, di facile deduzione che questi termini tradotti con daimon-daimonion descrivessero una sorta di semidei cattivi da opporre all’unico Dio. Non dimentichiamo che gli ebrei oltre a credere in Dio, non lo ritenevano unico ma credevano in altri dèi extrabiblici che, però, erano necessariamente inferiori, in potenza, al Dio d’Israele. Da questa concezione del Dio d’Israele, a cui vengono sottomessi gli altri dèi dei popoli extrabiblici e a cui vengono affibbiati, dai LXX, il nome “daimon”, nasce l’idea di un essere spirituale malvagio, ovviamente opposto a Dio. La mentalità ebraica, dunque, presente anche nei LXX, trasforma in negativo il termine daimon che di per sé era positivo. In altre parole, se gli dèi degli altri popoli, presenti negli scritti sacri, vengono tradotti “daimon” e se, nello stesso tempo, sono opposti al Dio buono d’Israele, se ne deduce che questi “daimon” sono esseri malvagi opposti a Dio. Il problema si acuisce quando S. Girolamo accosta questo termine al suo fantomatico Lucifero di cui nella Bibbia Ebraica non c’è traccia. Ma è proprio Girolamo che, traducendo male Isaia 14,12, fa credere che, colui che è caduto dal cielo (come Isaia disse di Nabuccodonosor) in effetti è un angelo ribellatosi a Dio prima della Creazione. Capite l'inghippo? Isaia parlando sarcasticamente a Nabuccodonosor afferma: ”Sei caduto dal cielo stella del mattino”? (Hellel). Isaia voleva semplicemente dire al Re che il suo regno era in declino. I LXX traducono "eosforos"( portatore di luce): Girolamo invece fa nascere qui il “Lucifero" che, letteralmente, vuol dire proprio portatore di luce ma dà a questo essere una connotazione malvagia dicendo che è un angelo decaduto, servendosi del daimon dei LXX, mentre Isaia si riferiva a Nabuccodonosor e non ad un presunto angelo ribelle a Dio. Dunque la favola dell'angelo decaduto nasce da Girolamo. Più tardi il daimon verrà accostato a Lucifero. Per questo motivo oggi quando si parla di Lucifero si pensa al demonio. La stessa cosa dicasi per "satan" e " diabolos". Nel parleremo nel prossimo articolo.

Riprendiamo il ragionamento sopra sviluppato per dimostrare come anche quando si parla del termine "Satan", pur presente nella Bibbia Ebraica, ci si trova davanti a false traduzioni dove viene alterato il “senso” originario dello stesso termine in questione. Questa operazione letteraria ha generato in noi, con l’incedere della storia, schemi mentali difficilmente modificabili in quanto, ben radicati nella Coscienza umana, portano l’individuo ad aver paura costantemente di questo presunto spirito maligno che lo abiterebbe in condivisione con Dio. Per questo motivo si pensa che l’uomo, pur abitato da Dio, sia disturbato costantemente da questa creatura malvagia che, in determinate condizioni, potrebbe anche possederlo. Come già affermato per il “daimon”, a fondamento di questa penosa situazione per il credente ci sono false interpretazioni da parte dei traduttori. Quando parlo di traduttori mi riferisco alla traduzione della Bibbia CEI in Italiano. Il fatto stesso che oggi, se io dico a qualcuno "satana", immediatamente la persona, che si sente pronunciare questo termine, si spaventa, deve farci riflettere. Perché? Perchè nei nostri schemi mentali si fa subito l'associazione di idee: satana= spirito maligno. Perchè questo? Perchè lungo la storia questo termine ha finito per assumere un significato diverso da come era originariamente (ecco l'importanza del “senso” originario che il termine porta in sé). “Satan” in ebraico voleva significare "avversario in guerra". Dov'è, dunque, il satana come lo concepiamo noi e di cui, ad esempio, Padre Livio, direttore della più grande stazione radio religiosa al mondo, Radio Maria, si fa assertore, tormentando gli ascoltatori e spaventandoli? Il Satan Ebraico non esiste, per la Bibbia, come spirito personale maligno ma solo come persona fisica che combatte contro un'altra persona fisica. Il Re Davide viene chiamato "satan" dai suoi nemici. Lo stesso dicasi per Re Salomone. Gesù stesso chiama Pietro "Satanas" (una variante di satan ma il significato non cambia) ma è Pietro, cioè in quel momento un avversario del progetto di Gesù di andare a Gerusalemme. Figurarsi se Gesù si permette di chiamare “Satana” un suo apostolo, intendendo con questo nome uno Spirito Maligno. Se Gesù lo chiama in questa maniera è per fargli capire che, in quel momento, Pietro è un uomo che avversa un progetto; il progetto di Gesù di andare a predicare a Gerusalemme, nella tana del lupo. Oggi, però, il “Satan”esiste ancora, per noi, come un essere spirituale ma solo perché ci hanno fatto credere, lungo la storia, che egli è uno spirito maligno e qui si realizza la più grande falsificazione mentale; infatti, questo inquietante personaggio, noi lo portiamo dentro, non come spirito maligno personale ma come “idea”. E sappiamo bene che, per la psiche umana, quando si ha paura di un’idea, la stessa idea può essere percepita come realtà concreta, anche se dimostrata immaginaria e può creare delle autentiche nevrosi ossessive. Lo sa bene chi soffre di fobie. L’oggetto della fobia è immaginario eppure se ne ha paura come se fosse reale. Cambiando, dunque, il “senso” ai termini in gioco, gli stessi termini possono assumere parvenze reali che disturbano la mente. Il potere religioso ha bisogno di questo stato di cose per mantenere inalterata la propria supremazia sulle Coscienze. A chi di noi,quando era bambino, non è stato detto: "Fai il buono altrimenti chiamo l'uomo nero"? Attenzione, dunque a non farsi plagiare.
Nel tempo queste tre figure (daimon, satan e diabolos) hanno assunto tutte lo stesso significato: Un essere spirituale malvagio. Si assume una gravissima responsabilità chi spaccia per vere delle realtà che vengono fuori da grossolani errori di traduzioni e da cambiamenti dei “sensi originari” dei termini in questione. Il “diabolos”, poi, è la traduzione greca del satan ebraico, significa la stessa cosa. Ma qualcuno può dire: E le tentazioni di Gesù? Altro falso storico e teologico. Gesù è diviso in se stesso, quando sta nel deserto e si chiede: “Come devo esprimere il mio messianismo? Come vogliono i miei connazionali, combattendo i Romani o alla maniera del servo del Signore, profetizzato in Isaia, che cambia il cuore dell’uomo dall'interno? Nel momento in cui Gesù decide per la seconda visione messianica, quella voluta dal Padre, allora il "satan", cioè quella parte avversaria che connota il cuore di ogni uomo, si allontanò da lui. Gesù è tentato proprio nel mettere in pratica il suo messianismo: Glorioso o Servizievole? Comprende in sé che deve essere il Messia che porta nel mondo l’Amore disinteressato e gratuito. E' in se stesso, dunque, che opera questa tentazione. Ora,siccome noi portiamo ancora, nella nostra mente, l'idea di questo spirito maligno, di fatto inesistente, l’istituzione cattolica che cosa fa? Crea esorcisti che cercano di ricacciare dalla porta una realtà che essi stessi fanno poi rientrare dalla finestra, predicandone la presenza. Queste credenze non vengono fuori dai testi originari ma da traduzioni sbagliate a cui sono stati dati "sensi" diversi da come erano originariamente. Nel prossimo articolo affronteremo il tema dell’inferno anch’esso inesistente nei Vangeli scritti in greco.

giovedì 28 gennaio 2010

NERI E ZINGARI: I PIU' DISCRIMINATI

I NUOVI LAGER HANNO NOMI DIVERSI

Il presidente della comunità ebraica di Padova, Davide Romanin Jacur, ha dichiarato ieri, durante una celebrazione presso il tempio dell'Internato Ignoto, che sono "i neri e gli zingari" i nuovi discriminati di oggi.

A PORTO ALEGRE IL FUTURO DEI SOCIAL FORUM

Da Porto Alegre, un racconto del Forum sociale mondiale in corso fino al 29 gennaio.

(di Anna Pizzo)

Siamo ormai a metà strada, qui a Porto Alegre, sud del Brasile, del grande seminario internazionale organizzato dal Forum sociale mondiale tra il 25 e il 29 gennaio per segnalare che siamo entrati nell’area degli anniversari: era difatti il gennaio 2001 quando per la prima volta la città brasiliana patria del bilancio partecipativo decise di ospitare rappresentanti della società civile di tutto il mondo per il primo Forum sociale mondiale in coincidenza con quello economico dei «grandi» in corso a Davos, Svizera. Il Forum mondiale del decennale, ed è una buona notizia, si terrà all’inizio del 2011 a Dakar, Senegal.
Quello in corso a Porto Alegre è ampio seminario con molti di coloro che in un modo o nell’altro fanno parte del popolo degli altermondialisti, e serve a fare il punto, e a capire quali temi, quali prospettive, quali suggerimenti, quali altre strade il Forum dovrebbe seguire se vuole andare avanti. Già è in programma appunto il Forum del 2011, ma nel frattempo le domande di senso sulla necessità di tenere in piedi uno strumento che dieci anni fa parlava un linguaggio e oggi deve necessariamente parlarne un altro, non sono affatto fuori luogo. (leggi tutto)

mercoledì 27 gennaio 2010

GIORNATA DELLA MEMORIA - TRIANGOLO ROSA

L’associazione Alétheia nella giornata mondiale della memoria presenta il documentario Paragrafo 175 documentario di Jeffrey Friedman e Rob Epstein, raccoglie le testimonianze di omosessuali sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti. Le stime degli storici parlano di circa 15000 omosessuali condannati in base al paragrafo 175 del codice penale tedesco. Molti di questi finirono nei campi di concentramento, dove furono tra i primi a morire, perché gli uomini col triangolo rosa erano il simbolo di uno dei gruppi maggiormente disprezzati. Di queste vicende non si è parlato per oltre 30 anni, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, segno evidente che la persecuzione non è cessata nel 1945.



Mercoledi 27 gennaio presso sede Informa Giovani Vicenza

Contrà Barche 55

Ore 20.45 seguirà dibattito

per info contattaci!

grazie per la partecipazione e collaborazione,


--
Aletheia
Associazione GLBT Vicenza
aletheia.vicenza@gmail.com
http://www.gruppoaletheia.it
333 2912035

PERCHE' JAMES NON SI UCCIDE?

IL TERREMOTO SOMMERSO DEI SUICIDI DI OGGI

Il 27 gennaio del 1945, Primo Levi, dopo essere miracolosamente sopravvissuto all'inferno di Auschwitz, muore gettandosi dalla tromba delle scale della sua casa a Torino. Qualcuno parla di incidente, anche se la strada del suicidio non è poi così assurda. "Era molto stanco – dichiarò la moglie Lucia -, demoralizzato. Sapevo che Primo soffriva di depressione. Si era isolato. Credo fosse molto preoccupato per le condizioni della madre. Ha 92 anni ed è stata colpita da ictus cerebrale".
La depressione quindi esisteva già allora, connaturale alla nostra condizione umana. Eppure non riesco a sorvolare sopra l'ondata di suicidi che sta colpendo la nostra città di Padova. É un terremoto silenzioso, che rende orfani molti figli. Un virus senza vaccino. Crisi post partum, licenziamenti, delusioni amorose, insuccessi scolastici e lavorativi... come è possibile togliere l'esperienza del fallimento nella vita di un uomo o una donna, per garantire la felicità piena?
Non è il fenomeno dell'immigrazione a destabilizzare la sicurezza del cittadino. E non è l'intervento militare e nemmeno la crescita del PIL a infondere una generale percezione di benessere. Il Costa Rica, per fare un esempio, è il Paese al mondo dove la gente si considera più felice, eppure non girano armi e neppure geep dell'esercito. Possiamo immaginare dunque una campagna elettorale che prometta di risolvere il problema dei suicidi attraverso una terapia concreta per essere felici?
In effetti questo fenomeno sta diventando un disordine sociale, perchè sconvolge familiari e parenti della vittima, a volte intere comunità, e, attraverso la ripercussione mediatica, stimola le persone in crisi a fare altrettanto, per imitazione.
Forse fa parte del nostro DNA occidentale, ma non di quello di James, operaio nigeriano in cassa integrazione con moglie e quattro figli a carico. In questi giorni non si dispera e, caricato il borsone di calze e fazzoletti, suona i campanelli della periferia alla ricerca di qualche euro. "Non è facile!" mi ripete in inglese. Ma, nonostante tutto, sorride canticchiando "No problem".
É un fattore culturale quindi, che risalta maggiormente nel nostro contesto multietnico. Il giorno in cui un padre africano si ucciderà in seguito ad un licenziamento o a un qualsiasi fallimento, allora potremmo dire che si sarà perfettamente integrato nella nostra società! Se è questo quello che vogliamo, ci stiamo incamminando verso un futuro di morte. Se con umiltà ci mettiamo alla scuola di altre visioni della vita e della realtà, attraverso il dialogo con persone di altre culture, forse impareremo a convivere serenamente con i normali e naturali fallimenti della vita, senza farne una tragedia.



Dice il saggio: "Non ci sono demoni, gli assassini di milioni di innocenti sono gente come noi, hanno il nostro viso, ci rassomigliano. Non hanno sangue diverso dal nostro, ma hanno infilato, consapevolmente o no, una strada rischiosa, la strada dell'ossequio e del consenso,
che è senza ritorno".

(Primo Levi, «La ricerca delle radici»)

CARO DON GIULIO, NON HAI PECCATO

Caro don Giulio,
leggo oggi l'articolo sul Corriere del Veneto e vorrei ringraziarti per le tue parole che accompagnano la scelta di amare una donna: "Tutto questo per aver detto sì all’amore e no alla tristezza che mi pesava come un macigno", ma non sentirti in colpa! La penitenza che dici di voler fare, sarà semplicemente vivere come gli altri. Se ti sei accorto di aver "sbagliato lavoro" è un conto, se credi invece che la dottrina della Chiesa Cattolica dovrebbe essere rivista, nel dialogo e nel rispetto reciproco, allora anche la tua voce e la tua esperienza possono essere importanti.
A te e alla tua famiglia,
auguro ogni bene!

martedì 26 gennaio 2010

UN FILM PER RIFLETTERE: PUO' BASTARE?

FARE IL PRETE IN UN MONDO CHE CAMBIA

Questa mattina la sala del cinema MPX ospiterà i preti di Padova che accetterranno l'invito di guardare gratuitamente l'ultimo film di Carlo Verdone Io, loro e Laura.
In occasione dell' "Anno Sacerdotale" indetto da Benedetto XVI, il Centro padovano della comunicazione sociale assieme all'Istituto san Luca per la formazione permanente del clero, offre la proiezione di un film la cui trama ruota attorno alla figura di un prete missionario.
Un'interessante iniziativa che, aldilà delle recensioni più o meno entusiasmanti, serve a creare dibattito su un ruolo che, non solo a Padova, è in profonda crisi di identità. Anche le case editrici periodicamente sfornano libri a riguardo: da Preti. Viaggio fra gli uomini del sacro di Vittorino Andreoli a Pretacci. Storie di uomini che portano il Vangelo sul marciapedi di Candido Cannavò. Il fatto è che molti preti continuano a lasciare la parrocchia, ovvero il modello più diffuso, per inventarsi un ministero a propria misura, o addirittura per elevarsi allo stato laicale.
Un film per riflettere sull'identità e sul senso dell'essere e del fare il prete in un mondo che cambia, può servire, ma perchè non ascoltare prima di tutto i diretti interessati? Sono i preti "dissidenti", non allineati ma appassionati, e un po' ex o disobbedienti come me, a offrire materiale vivo per una riflessione comune. Storie vere, in carne ed ossa. Idee e proposte vagliate con il sudore del rifiuto sociale, senza nessun interesse personale. Quello che voglio dire è che di persone concrete, disponibili a offrire stimoli e provocazioni costruttive sulla figura del prete, ce ne sono anche a casa nostra. E molte ultimamente. Purtroppo alcune proposte di incontro sereno, in cui confrontarci, "guardarci in volto", vengono abortite per difficoltà di comunicazione e mancanza di umiltà. Sarebbe opportuno favorire lo scambio di opinioni, nello spirito della crescita comune.
Staccata la spina del dialogo, per paura che il modello classico del prete venga smontato e reinventato dal basso, senza il timbro dell'autorità, si preferisce presentarlo così come una lettrice de La Difesa del Popolo lo descrive nell'ultimo numero: "Quando nel confessionale ti dà il perdono è il Cristo che ti assolve. Quando può darsi che la sua vita non sia coerente con le sue parole: ma ti insegna la verità. Credi in questo uomo strano e misterioso: è il ministro di Dio."
Dal Vaticano però arriva una buona notizia. Fare il prete in un mondo che cambia significa finalmente accettare che la legge è uguale per tutti! Il card. Claudio Hummes assicura che "D'ora in poi oltre ad essere sottoposti al giudizio delle leggi ecclesiastiche, saranno consegnati anche ai tribunali civili per essere giudicati e condannati dopo un regolare processo".
Attendiamo dunque il prossimo passo: un incontro, aperto a tutti i preti, quelli dentro e quelli fuori, quelli convinti e quelli in crisi, quelli celibi e quelli sposati, magari al Multisala Pio X dove, almeno per una volta, si invertano i ruoli. Chi è abituato a parlare dovrà ascoltare, almeno per una volta!

lunedì 25 gennaio 2010

TRE PUNTI SULL'ECUMENISMO

SI CONCLUDE OGGI LA "SETTIMANA DI PREGHIERA PER L'UNITA' DEI CRISTIANI"

1. Non parlerei di unità ma di comunione nelle diversità, attraverso un dialogo alla pari.

2. Non metterei al centro del dialogo la Verità, ma la carità.

3. Prenderei atto che ogni nuova chiesa che nasce è l'espressione di un cambiamento, di un forte desiderio di spiritualità che non si riconosce però nelle forme già esistenti e che non vuole essere represso e integrato nella religione dominante.

LA TEORIZZAZIONE DELLA GHETTIZZAZIONE

ITALIA MULTIETNICA, NON MULTICULTURALE: UNA DISQUISIZIONE DEL MINISTRO LA RUSSA

Durante una trasmissione televisiva, il ministro La Russa, dialogando con Gad Lerner, ha espresso il suo pensiero sull'integrazione, distinguendo due termini: multietnico e multiculturale.
Secondo La Russa l'Italia multietnica può esistere se le diverse razze presenti nel nostro Paese accettano la cultura italiana, tradizioni, religione, ecc...
Impensabile è invece un'Italia multiculturale, dove cioè ogni razza è libera di esprimere la propria cultura e identità.

DOMANDA: E' forse possibile separare la persona dalla propria cultura?

LA PAURA DI PERDERE LA PROPRIA IDENTITA'

TRA IDENTITA' E MULTICULTURALISMO: GIUSEPPE TRENTIN RISPONDE...

(tratto da La Difesa del Popolo del 24 gennaio 2010, settimanale diocesano)

DOMANDA
Non pensa anche lei che il multiculturalismo, così come ci viene propinato, annichilisca le identità? Se tutte le culture e le religioni sono uguali, a che serve un prete, un cardinale e una gerarchia? Se la mia identità fosse solo definita dal mio livello di "solidarietà", è forse necessario essere un credente e un cattolico per praticarla? Nella sua rozzezza e virulenza la Lega, magari in maniera indistinta e confusa, coglie questo problema, che del resto è ben noto ai teologi. [...]
Lina Meneghetti

RISPOSTA-DOMANDA
E' certamente vero che, se si interpreta il multiculturalismo come puro e semplice accostamento di culture e non invece come interculturalità, il rischio di perdere o quanto meno di annacquare la propria identità nell'indifferentismo o relativismo religioso è reale. Ma allora il problema è: come evitare questo rischio?
E' sufficiente rivendicare o difendere a spada tratta la propria cultura, le proprie radici, o non è necessario e urgente ripensare più storicamente, più culturalmente, il processo di progressiva costruzione e formazione della propria identità aprendo, da una parte, un processo di inculturazione, di vero ripensamento della fede cristiana, dall'altra una fase di maggiore disponibilità all'interculturalità, al dialogo, alla conoscenza di altre culture, altre religioni? [...]
Giuseppe Trentin
(presbitero e docente di Teologia Morale)

LE NUOVE ARMI

GUARDA VIDEO (clicca qui)

COSTA RICA: SENZA ESERCITO, PIU' FELICI

LA SICUREZZA NON E' SINONIMO DI FELICITA'

Il Costa Rica è uno dei pochissimi paesi al mondo ad avere smantellato il proprio esercito ed è altresì l'indiscussa nazione più felice della Terra.
Esistono vari criteri con i quali misurare l'indice di felicità di un Paese, tutti inesatti e imprecisi, ma questa perla dell'America Centrale si colloca in ottima posizione in ogni classifica, a prescindere da quale sia il sistema utilizzato per redigerla. Per esempio, il World Database of Happiness, redatto da un sociologo olandese sulla base di risposte date a sondaggi condotti da Gallup e da altri istituti di ricerca, colloca il Costa Rica al primo posto in una classifica di ben 148 nazioni. Ciò dipende dal fatto che quando ai costaricani è stato chiesto di assegnare un punteggio alla felicità da loro percepita su una scala da uno a dieci, mediamente hanno risposto 8,5.

I danesi li seguono con 8,3 punti, mentre gli statunitensi si collocano al ventesimo posto con il loro 7,4 e gli abitanti di Togo e Tanzania vanno a rimorchio, alquanto distaccati, con appena 2,6 punti.

sabato 23 gennaio 2010

UN TEMPIO TRASFORMATO IN CENTRO DI ACCOGLIENZA

I VALDESI INSEGNANO

Il tempio valdese di Firenze è stato trasformato in un centro di accoglienza. Immediata mobilitazione delle chiese evangeliche fiorentine per far fronte a questa emergenza. L'indignazione della pastora Maria Bonafede, moderatora della Tavola valdese: “Un'operazione di pulizia etnica improvvisata e immorale”.

Mentre accogliamo i rom – ha dichiarato all'Agenzia NEV la pastora Maria Bonafede, moderatora della Tavola valdese, che ha condiviso ed apprezzato l'azione della comunità evangelica fiorentina – denunciamo l'improvvisazione e l'immoralità dello sgombero che ha il sapore di una vera pulizia etnica. Trattare così uomini e donne, disabili e bambini è indegno di una società civile. Siamo scandalizzati che per guadagnare qualche consenso si calpestino fondamentali diritti umani. Per questo lanciamo un appello agli uomini e alle donne di buona volontà che operano nelle istituzioni ed ai politici locali e nazionali: non crediate di risolvere la questione rom con le ruspe e con gli sgomberi. La soluzione è solo in un intervento sociale ed educativo a cui avreste dovuto pensare da tempo, perché i rom sono qui da anni ed hanno titolo per restare in Italia. I valori della democrazia e dei diritti umani vi impongono di incamminarvi su questa strada. Se lo farete vi sosterremo con la stessa forza con cui oggi vi critichiamo. Con coraggio evangelico abbiamo aperto la nostra chiesa, ma ora chiediamo un aiuto, perché 75 persone possano tornare a vivere normalmente e la chiesa possa tornare ad ospitare il culto. Lo chiediamo alle istituzioni politiche, alle associazioni, ai comuni nel nome dei fondamentali valori dell'accoglienza, della solidarietà e dei diritti umani. Che, nonostante alcuni amministratori tendano a negarlo o ignoralo, valgono per tutti, anche per i rom”.

(leggi l'articolo completo)

RINUNCIARE A FETTINA O BISTECCA UNA VOLTA A SETTIMANA

QUANDO UN PICCOLO GESTO PUO' FARE LA DIFFERENZA

D.ssa Maria Concetta Digiacomo

Quando si parla di Fame nel mondo, si rischia troppo spesso di fare un discorso demagogico e in quanto tale può non essere sentito dai più. Spesso il problema viene vissuto come qualcosa che non possiamo modificare. Nel nostro piccolo, nel nostro vivere quotidiano, possiamo pensare di fare beneficenza aiutando i più poveri, facciamo delle donazioni, aiutiamo delle associazioni umanitarie di cui ci fidiamo, ma a volte basta anche un gesto apparentemente insignificante, che invece ha delle ripercussioni veramente rilevanti. Vorrei così dare un messaggio semplice, apparentemente poco significativo, ma al tempo stesso di sostanziale rilevanza.

(continua articolo)

UMANIZZARE DIO

dal blog di p. JOSE' MARIA CASTILLO (www.josemariacastillo.blogspot.com )


[...] Noi cristiani crediamo nel mistero dell’ «incarnazione». Con questo vogliamo dire che, quando parliamo di questo “mistero”, ci stiamo riferendo non solo alla divinizzazione dell’uomo ma ugualmente all’umanizzazione di Dio.
Cioè, in Gesù di Nazareth Dio si è dato a conoscere fuso e confuso con l’umano. Per questo Gesù ci insegna a pensare la trascendenza di Dio in un’altra maniera.

Quando Dio, in Gesù, si identifica con tutto quello che è sofferenza e abbandono in questo mondo (Mt 25, 31-46), quello che in realtà sta dicendo è che Dio ci trascende non perché ha più potere, più sapere e più grandezza di noi altri, ma perché è tanto profondamente umano che in Lui resta superata ed eliminata ogni forma di inumanità.

E’ vero che a noi cristiani risulta difficile comprendere questo in questo modo.

Perché l’immagine di Dio che molti hanno nella testa è un miscuglio del Dio dell’Antico Testamento, del Dio della filosofia greca e del Padre che ci insegna il Vangelo.

Ossia, una mescolanza dalla quale possono solo risultare molta confusione e dubbi insolubili. [...]

venerdì 22 gennaio 2010

DIO E' AMORE: COSA VUOL DIRE?

GLI SLOGAN AD EFFETTO DEVONO ESSERE CALATI NELLA REALTA'

Mi colpisce molto passare davanti ad una chiesa e leggere lo slogan, a caratteri cubitali, appeso all'ingresso: "Dio è amore". Ma cosa vuol dire "Dio è amore"? Prima di tutto: chi è Dio? E poi: cosa significa "amare"?
Amare come ci ha insegnato Gesù, mi verrebbe da dire quasi d'istinto. Anche se ci sono situazioni nuove rispetto a 2000 anni fa, le caratteristiche dell'amare di Gesù sono chiare: amore gratuito, fisico e spirituale, liberante, responsabile, sincero...

Ma se "Dio è amore" perchè - in riferimento alla mia esperienza personale - il mio amare concreto mi ha tolto l'autorità di predicare l'amore di Dio? Certo, dentro ad una chiesa, ma non nel mondo! Nulla mi impedisce di amare e di annunciare l'amore, ma qualche domanda me la pongo su un comportamento direi schizofrenico e contradditorio, proprio della dottrina cattolica.
A volte le persone semplici riescono ad andare in profondità, come questo mio amico che un giorno, in un bar nel nord del Camerun, mi disse: "Amare Dio è una questione di ideali, di senso da dare alla propria vita. Amare una o più persone è una questione molto concreta, alla quale ogni uomo e donna è chiamato. Sono due amori diversi e complementari, che appartengono a tutti."

La riflessione potrebbe continuare... Con molto piacere riporto la frase che un altro amico ha condiviso con me, proprio questa mattina:

"Ciò che mi conforta è il fatto che amare, costa sì fatica, ma non deve renderci schiavi di un ruolo, o di una funzione che finisce per disumanizzarci e frustrarci".

LE PRECOMPRENSIONI NEGANO IL DIALOGO

Quando una persona si mette in dialogo, con delle precomprensioni, con delle verità affermate a priori, inamovibili, considerate come superiori a tutto ciò che il dialogo potrà apportare, non sta dialogando veramente.

"Perchè sia reale, il dialogo interreligioso deve essere accompagnato da un dialogo intra-religioso, ossia, deve cominciare a mettere in questione me stesso e a individuare la relatività delle mie credenze (che non è lo stesso del relativismo) accettando il rischio di un cambiamento, di una conversione, di uno sconvolgimento dei miei modelli tradizionali. Non si può entrare nel campo di un dialogo interreligioso senza tale atteggiamento autocritico"

(Raimond Panikkar)

CHIUNQUE OPERA LA GIUSTIZIA E' ACCETTO A DIO

Pur con un linguaggio clericale, questo testo è davvero così innovativo che non appartiene ancora alla mentalità e alla prassi comune della cattolicità.

"In ogni tempo e in ogni nazione è accetto a Dio chiunque lo teme e opera la giustizia. Tuttavia Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse secondo la verità e lo servisse nella santità. Questo popolo messianico ha per capo Cristo. Ha per condizione la dignità e la libertà dei figli di Dio. Ha per legge il nuovo precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha amati. Ha per fine il regno di Dio, incominciato in terra dallo stesso Dio, e che deve essere ulteriormente dilatato. Perciò il popolo messianico, pur non comprendendo effettivamente l'universalità degli uomini e apparendo talora come un piccolo gregge, costituisce tuttavia per tutta l'umanità il germe più forte di unità, di speranza e di salvezza."

(Concilio Ecumenico Vaticano II, Lumen gentium, II,9)

mercoledì 20 gennaio 2010

PROCESSO BREVE, GIUSTIZIA MORTA

Senato della Repubblica - Resoconto stenografico intervento sen. Li Gotti (Idv):

Signor Presidente, l'Italia dei Valori annuncia un deciso no a questa sciagurata legge stessa. Senatori della maggioranza, rappresentanti del Governo: corruttori e corrotti, malversatori, autori di violenza o minaccia a pubblici ufficiali, autori di turbative d'asta, calunniatori, favoreggiatori, istigatori, contraffattori e diffusori di sostanze nocive, falsificatori, sequestratori, omicidi, violentatori, intercettatori abusivi di conversazioni telefoniche, ladri, ladri di appartamento, truffatori, ricettatori, vi ringraziano.

Alcune decine di migliaia di delinquenti, anche recidivi e socialmente pericolosi, vengono graziati. Viene cancellato il processo. Viene cancellato il reato e potranno tornare all'opera. Oltre e molto di più di un indulto.

Con l'indulto si cancellava una parte della pena ad un condannato definitivo; con l'estinzione del processo si cancella il processo, si cancellano le condanne non definitive, anche se giunte in cassazione, anche se il giudice è nel momento di emettere la sentenza. È un'amnistia per reati puniti con la pena sino a 10 anni. Mai accaduta una cosa del genere!
Decine di migliaia di vittime vengono beffate dallo Stato. Dopo aver cercato giustizia per anni, le vittime avranno dallo Stato la porta sbattuta in faccia.
Aiuterete invece i delinquenti, aiuterete coloro che rendono insicuro il nostro Paese, aiuterete coloro che hanno commesso torti a tante vittime. Dite di fare ciò nel nome della civiltà e nel rispetto di tempi certi del processo penale.
Le vostre cattive coscienze hanno un disperato bisogno di un alibi per ingannare voi stessi e i cittadini. Basta con la patetica ipocrisia.
>
>Per far durare meno i processi ci vogliono norme per aggiustare la macchina del processo. Vi siete rifiutati di farlo, vi siete rifiutati di considerare tutte le nostre proposte di legge che dormono in Commissione. Avete detto no a tutti gli emendamenti necessari per contenere l'affanno della giustizia.
Voi non volete migliorare la giustizia, non avete questo interesse, non vi interessa la giustizia. Invocate l'Europa e fate una legge che l'Europa non conosce. Voi volete la morte di 100.000 processi per salvare Silvio Berlusconi dai suoi processi e affrancarlo dalle sue responsabilità criminose. Voi stupirete l'Europa e il mondo.
>
Per fare ciò farete un danno enorme al Paese e ai cittadini. Fate pagare un costo senza precedenti; fate una norma che non esiste in nessuna parte del mondo. Applicate ai processi in corso una tempistica che incide sull'attività processuale già esaurita, norma processuale retroattiva per fatti non da compiere ma per fatti già compiuti. L'Italia, detta culla del diritto, rinnega il diritto, rinnega princìpi millenari, diventa un Paese con leggi, nell'accezione storica, barbare.

Vi siete chiesti la ragione per cui il Consiglio superiore della magistratura, il Consiglio nazionale forense, le camere penali e l'Associazione nazionale magistrati sono contro questa legge? È questa la settima legge ad
personam. Dopo la limitazione delle rogatorie internazionali, la
depenalizzazione del falso in bilancio, il legittimo sospetto, il dimezzamento
dei termini di prescrizione del reato, il lodo Schifani e il lodo Alfano, ecco la settima legge per salvare un accusato di gravi ed infamanti delitti. Su di essi si erge però il più grave dei delitti, quello di sottomettere le istituzioni ai propri interessi, con il Parlamento smarrito ed asservito.

Ci disgusta l'insensibilità alla morale, all'etica, alla giustizia. Avete smarrito l'idea del bene comune e non sapete più cosa significhi l'interesse collettivo e il buon governo per il Paese. La vostra visione crepuscolare dei diritti si accompagna al decadimento della morale, alla sovversione dei valori, alla protezione del male. Arriverà la fine del crepuscolo e l'Italia e gli italiani si vergogneranno di questa deriva nefasta.

Il mondo guarderà e leggerà le leggi del nostro Paese e capirà come la democrazia possa essere ridotta ad un involucro, svuotata dal suo interno. Vi assumerete la responsabilità e la paternità del tarlo della democrazia, del diritto, della giustizia.

Molti di voi della maggioranza lo confidano: hanno consapevolezza che questa è la peggiore legge che si potesse fare. Molti di voi della maggioranza, e lo confidano, dicono che fra qualche mese bisognerà cancellare questa legge. Non si recupererà, però, l'immenso danno provocato.

E farete anche finta di indignarvi per le nostre accuse e rivendicherete la bestemmia della pretesa profondità garantista delle vostre leggi. Alzerete i toni, strepiterete, ma solo per trovare l'alibi di cui avete bisogno. Ma sarà solo arroganza, ubriacatura di potere e basso impero.

Forse un giorno, ma in ritardo, chiederete scusa ai cittadini. Nella storia sarete una parentesi, simbolo del degrado, dell'asservimento ad una oligarchia e della democrazia ferita.

Ieri, in quest'Aula, mentre si citava il gravissimo fatto del programmato attentato distruttivo ordito contro alcuni magistrati che combattono la mafia, una parte di quest' Assemblea ha irriso all'evocazione dei nomi delle possibili vittime. Ho provato vergogna. Sapevamo dei mafiosi che brindarono alla morte di
Giovanni Falcone. Sapevamo della felicità dei mafiosi in carcere e del boato di giubilo quando la radio diffuse la notizia della morte di Giovanni Falcone e poi di Paolo Borsellino. Eravamo a questo. Eravamo a questa torbida conoscenza.
Oggi abbiamo qualcosa di altro: una parte dell'Aula del Senato, ieri, ha fatto un coretto di irrisione alla pronuncia del nome di Antonio Ingroia, di un magistrato che la mafia vuole uccidere e di cui organizza l'eliminazione fisica.

L'Italia maltrattata dalla prepotenza, l'Italia del diritto calpestato
troverà la forza e ritroverà la ragione. L'Italia dei Valori continuerà la sua
battaglia a fianco degli italiani onesti, con i mezzi della sana democrazia,
nel Parlamento e nel Paese, contro i ladri del diritto, della giustizia,
dell'uguaglianza, della Costituzione, nel ricordo dei Padri costituenti e dei
servitori dello Stato, caduti per la legge.

martedì 19 gennaio 2010

CONFIDARSI COL CANE

Indagine effettuata all'interno di una scuola superiore dell'alta padovana.

Con chi parli dei tuoi problemi?

1. Con i miei coetanei
2. Con il mio cane (40%)
3. Con un mio genitore

O ci sono molti san Francesco in giro, o c'è una profonda crisi di relazioni.

NON PREGO PER L'UNITA' MA PER IL DIALOGO

IN OCCASIONE DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L'UNITA' DEI CRISTIANI

Il termine "unità" dà forse il senso della completezza, della stabilità, ma anche della compattezza rigida, del blocco statico.
Più che di unità vorrei pregare per una convivenza rispettosa, umile, pacifica, arricchente. Che riconosca e apprezzi la bellezza delle diversità.
Perchè dovrei pretendere che un protestante, un anglicano o un ortodosso accettino il primato del vescovo di Roma e la sua infallibilità sul piano teologico e dogmatico?
Perchè dovrei credere che esista solamente un modo, un modello, un catechismo, una teologia da sostenere per essere un fedele discepolo di Gesù di Nazareth?
Non prego per l'unità ma per il dialogo. Alla pari.
Da quando è sempre il vescovo cattolico (o un suo rappresentante) a sedere sulla sedia del presidente, a decidere lo schema della celebrazione, il luogo, la data e l'orario... da quando ho notato che la predica del vescovo è sempre molto più lunga dell'intervento della pastora o del reverendo, non ho più partecipato alle veglie ecumeniche organizzate dalla diocesi di Padova.
Il mio ecumenismo è celebrare a volte la messa con la comunità anglicana nigeriana, partecipare al culto della chiesa evangelica, accogliere l'invito a pregare con un gruppo di cristiani. Il mio ecumenismo è accogliere prima di tutto le tensioni dentro di me, le persone con le loro storie, le sfide reali di questa società. "Cercate il Regno di Dio e la sua giustizia!"
Perchè, sul piano della fede in Gesù, si ascoltano sempre le solite voci e non si dà spazio alle minoranze profetiche? Abbiamo bisogno del timbro della nostra organizzazione, del nostro partito, chiesa, ecc... per apprezzare un intervento, un contributo dato dal di fuori?
Apprezzo, stimo, appoggio coloro che tentano strade nuove, che cercano, che faticano... "Se mi esprimo su certe questioni, vengo escluso dalla cerchia di amici" mi confida una catechista con una fede adulta.
Non prego per l'unità, ripeto, prego per un maggior dialogo all'interno della Chiesa cattolica stessa, per una libertà di pensiero, anche per una crescita culturale di fedeli troppo spesso ignoranti e obbedienti. Esistono gruppi di ricerca, studi biblici, teologi liberi, vi è una ricchezza di riflessioni, di esperienze, di proposte... Ma perchè ci fà così paura il pluralismo della realtà? Perchè ho paura di convivere con una persona che vive la propria fede in modo diverso dal mio? Se lo faccio allora sono bravo, allora dovrei provare a convertirlo...con la testimonianza...blablabla...
Queste settimane di preghiera mi fanno sorridere. L'ecumenismo del basso esiste già, quello dell'alto si allontana sempre di più.

LA PORTAEREI CAVOUR IN VERSIONE SOLIDALE

Haiti: il terremoto, la portaerei Cavour e l'ultimo dei mohicani
di Giorgio Beretta (www.unimondo.org)

Così salperà oggi per Haiti la portaerei Cavour. Ancorata dallo scorso giugno al Muggiano (La Spezia) per mancanza di carburante, la nostra "prima vera portaerei" aveva finora dato notizia di sè per aver ospitato il lancio pubblicitario della Fiat Punto Evo. Non poteva perciò mancare all'appuntamento con le colleghe navi da guerra degli Usa. Quale miglior occasione, infatti, per il "battesimo operativo" dell'ammiraglia se non il soccorso alle vittime del terremoto? Un'occasione anche per mostare la "versatilità" di questo gioiello della Marina Militare e, non da ultimo, per ricordare ai partner commerciali che la nostra tecnologia militare sa navigare anche in tempi di crisi....

(leggi articolo)

lunedì 18 gennaio 2010

PENSATECI DUE VOLTE

FANNO GOLA 10, 15 MILA EURO IN CONTANTI, SUBITO, IN CAMBIO DI UN LICENZIAMENTO...

"Gli africani salveranno Rosarno. E, probabilmente, anche l'Italia" ha scritto Antonello Mangano.
Io vorrei dire "Gli stranieri salveranno la Carraro. E, probabilmente, anche altre fabbriche metalmeccaniche".
Se firmeranno i loro licenziamenti per 10.000, 15.000 euro... per ritornare ai loro Paesi, non servirà più la rotazione degli operai. Toni e Bepi potranno dormire sonni tranquilli.

LA VOCE DEGLI SCRITTORI HAITIANI

"Invece che dei saccheggi, i media farebbero meglio a parlare dell’incredibile energia degli haitiani, degli uomini e delle donne che, con coraggio e dignità, si aiutano a vicenda."

(leggi tutto l'articolo)

LA STORIA AFRICANA DA UN PUNTO DI VISTA AFRICANO

IL CROLLO
Things fall apart
Chinua Achebe

Romanzo, Nigeria 1958
280 pp.
Prezzo di copertina € 13
Traduzione: Silvana Antonioli Cameroni
Editore: e/o , 2002
ISBN 88-7641-524-6

"Un uomo che non sa dire dove la pioggia lo ha colpito non sa neppure dove il suo corpo si è asciugato." (proverbio nigeriano)


(recensione di Martina Montauti)

Il crollo è considerato il primo romanzo a esaminare la storia africana da un punto di vista africano, ed è una delle opere più importanti relative all'esperienza pre-coloniale. Prima parte della trilogia Dove batte la pioggia, è ritenuto quasi un'immagine speculare del noto Cuore di tenebra di Joseph Conrad.
Nella terra degli Ibo, ed est della Nigeria, si scontra la forte personalità di un influente guerriero con le contraddizioni portate dai primi uomini bianchi, soldati e missionari. Il protagonista, fiero portatore dei valori tradizionali, sarà sommerso da un'ondata di fatalità.
Eppure il "crollo" non risulta essere nient'altro che una condizione insopprimibile per chi voglia dirsi uomo.



Il crollo: cuore di tenebra africano

Fra gli Ibo c'è un proverbio, un uomo che non sa dire dove la pioggia lo ha colpito non sa neppure dove il suo corpo si è asciugato. Lo scrittore deve dire alla gente dove la pioggia lo ha colpito.

Si possono fare innumerevoli "distinguo" per quanto riguarda le differenti caratterizzazioni delle varie letterature mondiali, ma spesso si dimentica che la struttura primaria dell'essere umano rimane immutata ovunque. Il crollo, opera bellissima e profonda, non a caso è appaiata ad Heart of Darkness, in cui ogni uomo ama e uccide, riconosce il male e lo accetta. Okonkwo, il protagonista, è un guerriero spesso spietato, inflessibile e granitico, carico di un alone di mito arcaico e indiscutibile; eppure sarà proprio lui a subire le più terribili conseguenze del "crollo", sarà lui a cedere alla fine più ignominiosa.
Il romanzo lascia però lo spazio alla riflessione, universale, sull'uomo e su quella che davvero possa essere definita una "caduta".
Chi è veramente salvo? Colui che cade, che sa cadere, o coloro che credono nella superiorità della propria cultura?
L'attualità del tema è inconfutabile. L'opera di Achebe, d'altronde, si colloca in uno spazio narrativo che, per la prima volta, presenta un'Africa lontana dal mito del buon selvaggio e più affine ad un insieme di società rette da principi di onore e dignità.
L'essere umano, si è detto, è dappertutto e ovunque eleva e distrugge. E' una legge di natura.
Questo autore va riscoperto con passione. La sua capacità di suscitare grandi riflessioni è encomiabile se contestualizzata in una narrazione chiara e priva di orpelli.
Accostarsi a Il crollo è quasi doveroso, di questi tempi, per ricordare attraverso gli occhi lucidi e disincantati di Achebe, dove affondano le radici e come, nella realtà, la contraddizione sia molto più plausibile della ragione.


Martina Montauti

DISCRIMINAZIONE

CHI GIU'
Nella busta paga del mese di maggio 2010 gli insegnanti di religione troveranno circa 220 euro in più (ministro Tremonti)

CHI SU
Un gruppo di africani a Padova costringe il conducente di un bus a controllare i biglietti di tutti, non solo quelli dei neri. Conseguenza: tre ragazze padovane senza ticket.

domenica 17 gennaio 2010

IL FUTURO DI HAITI

LO SCIACCALLAGGIO DELLE FANTA-ASSOCIAZIONI
E LA COSTRUZIONE DELL'IDENTITA' DI UNO STATO


Quale prezzo sta pagando il Paese più povero delle Americhe, pur di far sentire la sua voce nel bel mezzo di una crisi mondiale? Durante il "filo diretto" con Gian Antonio Stella, giovedì mattina su Radio3, Elvio Beraldin di Padova ha fatto notare agli italiani in ascolto: "Questo Paese lo conosco molto bene, per i progetti avviati da alcuni anni dall'associazione di solidarietà Rete Radiè Resch. La repubblica di Haiti è uno Stato dimenticato da tutti e che solamente a causa di un tragico terremoto è riuscito a sprofondare al centro dell'attenzione internazionale". I cento mila cadaveri da smaltire basteranno a dare dignità al resto della popolazione superstite?
L'inferno all'interno del paradiso caraibico, esisteva già prima dell'ultima catastrofe, aldilà dei cancelli che separano i prestigiosi villaggi turistici dalla miseria più nera. Haiti, come la Liberia in Africa, rappresenta sia il fallimento di una indipendenza conquistata solo sulla carta sia la confusione di razze violentemente costrette, da potenze straniere, a diventare popolo. Una crisi identitaria animata da forti passioni contraddittorie. La conseguenza che ne deriva è quella instabilità politica ed economica, che negli ultimi anni si è aggravata. Dai colpi di stato agli scioperi, dalle rivolte alle manifestazioni, lo Stato nel Mar dei Caraibi rivive la nuova schiavitù dell'anarchia e della corruzione. Chi sono i colpevoli?
Ghettizzati in una piccola parte dell'isola Hispaniola, i figli degli schiavi africani non sembrano essere stati capaci di organizzarsi pacificamente su un terreno poco più grande della Sicilia.
Liberi non si nasce, ma si diventa attraverso la conoscenza, l'informazione, quella libertà di pensiero e di stampa che ad Haiti ancora manca. Molti giornalisti vengono infatti perseguitati.
E adesso che le nuove immagini di migliaia di vittime innocenti hanno risvegliato il ricordo dell'orrore provato in casa nostra dopo il recente terremoto in Abruzzo, che ne sarà di questo piccolo Stato? Le fanta-organizzazioni umanitarie si aggirano come avvoltoi, studiando il modo per ingannare la generosità della gente.
Una solidarietà intelligente dovrebbe premiare e valorizzare quelle poche associazioni, ONLUS e ONG, che da anni operano ad Haiti, nel silenzio mediatico. Qui non si tratta di restaurare monumenti, rendere agibili strade o modernizzare ospedali, ecc... Qui si tratta di costruire da zero un futuro dignitoso per quei supersiti che non hanno ancora perso la speranza. Ci vogliono volontari e non funzionari, donne e uomini disposti a ricomporre una società devastata. E mentre noi occidentali, dopo tragedie come questa, ci chiediamo se Dio esista oppure no, gli haitiani vuduisti piangeranno i morti ma continueranno ad affidarsi alla misteriosa volontà del Bondye bon (Dio è buono).

sabato 16 gennaio 2010

COME E' FACILE GIUDICARE!

CONDIVISIONE AL GRUPPO BIBLICO "VANGELO E YOGA"
del capitolo 7 del vangelo di Matteo

Gesù era un profeta itinerante, girava di villaggio in villaggio.
Anche noi, andiamo di casa in casa a leggere la Parola di Dio e ascoltare le nostre parole. Il nostro gruppo biblico è un gruppo itinerante.


NON GIUDICATE!

E' così umano giudicare! Così istintivo, così connaturale al nostro essere...

Si giudica per invidia o gelosia.
Ma si giudica, sbagliando, anche per non rimanere indifferenti.

Si giudica con atteggiamento di superiorità.
Ma si giudica, sbagliando, anche per non cadere continuamente nei tranelli dei più furbi.

Giudicare una persona per quello che dice o per quello che fa,
ci pone sul piedistallo del Creatore. Chi sono io?

Giudicare se una scelta sia Bene o Male,
non è forse troppo pretenzioso?

La cultura occidentale tende a unificare razionalmente il pluralismo della Realtà,
dei modelli, delle idee, delle esperienze...
per arrivare alla Risposta, al Colpevole, alla Legge, al Modello.

Et...et

Si può emettere un giudizio sui fatti, anzi si deve.
Si può fare un'osservazione ad un collega di lavoro, anzi si deve.
Si può decidere di interrompere un rapporto se crea sofferenza, anzi si deve.
Si può fare qualsiasi scelta, senza giudicare.
Ma come è tremedamente difficile!

...PER NON ESSERE GIUDICATI!

Quanto influisce il giudizio degli altri sulle mie scelte, sul mio umore, sulla mia autostima?

LA PORTA STRETTA

Entrare per la porta stretta, scegliere la via più faticosa, avere pazienza, coraggio, andare controcorrente, ecc...
presuppone l'aver trovata la porta, la via.
E il trovare presuppone il cercare.
Perchè cercare? Per fare un piacere a Dio o per essere felici noi?

L'ascolto senza giudizio è dentro la porta stretta,
la correzione fraterna è dentro la porta stretta,
l'amicizia è dentro la porta stretta,
il paradiso è dentro la porta stretta...

Caro evangelista,
nessuno di noi può sapere se c'è più gente
buona o più gente cattiva,
se la via della perdizione è più trafficata di quella della vita,
se un cattolico è più cristiano di un musulmano,
o se i mafiosi pentiti si salveranno.
Solo al Padre spetta l'ultimo giudizio.
E nemmeno Gesù vuole prendergli il posto!

CHIEDETE E VI SARA' DATO
Mi manca quell'umiltà di chiedere, di accettare di avere bisogno dell'altro, e magari di quello che mi sembrava più stupido di me, più ignorante di me, più nero o più bianco di me.
Forse basta così poco per realizzare i nostri sogni...

venerdì 15 gennaio 2010

RAFAEL CORREA INSEGNA...



Mentre in Italia si torna indietro nel tempo e si multano prostitute e clienti (nella foto prostituta multata a Roma), in Ecuador il governo si pone all’ascolto delle associazioni delle lavoratrici del sesso. Loro non vogliono un trattamento speciale, ma semplicemente una normativa che tuteli i loro diritti come qualsiasi lavoratore. Questa è la via della legalità, che vuol dire anche lotta alla tratta degli esseri umani.



CORREA TENDE LA MANO AL MESTIERE PIU' VECCHIO DEL MONDO

di Alessandro Ingaria (tratto da peacereporter)

Esiste un paese in cui i politici incontrano le prostitute di giorno e con i pantaloni ben allacciati. E' l'Ecuador di Rafael Correa.

Il 13 settembre scorso il presidente dell'Ecuador e vari ministri del suo governo hanno pranzato con una dozzina di lavoratrici del sesso per conoscere la problematica della categoria. Dopo quell'incontro, la situazione per le donne che operano nel settore dell'offerta sessuale sta rapidamente cambiando. Il ministero della Giustizia e il ministero della Salute stanno lavorando congiuntamente con i rappresentanti della Redtrabsex, (Red de trabajadoras sexuales), rispettivamente per evitare discriminazioni per chi esercita il mestiere più vecchio del mondo e per elaborare un piano di prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale. In seguito alla riunione, avvenuta il 22 ottobre scorso tra la delegazione delle lavoratrici e il presidente dell'assemblea parlamentare, Fernando Cordero, è allo studio la modifica dell'articolo del codice penale ecuadoriano che sanziona con multe da sette a quattordici dollari e con la prigione da due a quattro giorni chi "staziona per molto tempo e senza motivo plausibile all'angolo della strada o in altro luogo non destinato al tempo libero degli abitanti". Articolo con il quale in numerosi casi la polizia minaccia e trattiene le lavoratrici sessuali.

E a fianco di una richiesta di maggior rispetto per le donne che esercitano questo lavoro, Redtrabsex sta incentivando progetti di formazione per microimprese al fine di offrire delle opportunità alle donne non più convinte di questo lavoro. E' comune che chi si prostituisce per vivere, lo faccia dovendo mantenere figli e parenti, senza alternative di sussistenza. L'obiettivo finale della Redtrabsex è di eliminare la discriminazione sociale e la repressione della polizia nonché permettere alle lavoratrici del sesso di accedere ai programmi di sicurezza sociale riservati ai lavoratori. E anche dar loro una scelta.
La coordinatrice nazionale della rete delle lavoratrici sessuali, Elizabeth Molina, è un fiume in piena di entusiastico vigore. Questo ha raccontato a PeaceReporter, che l'ha raggiunta telefonicamente.

L'incontro con il presidente Rafael Correa?
La delegazione ricevuta dal presidente rappresenta 17 organizzazioni locali distribuite in 14 province e riunisce più di 18.000 donne che esercitano lavoro sessuale. L'incontro con Rafael Correa è un momento storico in quanto nessun presidente aveva mai incontrato una nostra rappresentante e tantomeno aveva mai preso in considerazione le proposte provenienti dal basso. Non vogliamo nessun trattamento speciale, ma solo che le cose siano per legge e per diritto come per gli altri cittadini. Vogliamo poter essere attori del cambiamento della nostra condizione sociale. Vogliamo che il lavoro sessuale sia riconosciuto come ogni altra occupazione al fine di poter beneficiar di tutti i diritti dei lavoratori e poter accedere all'assicurazione sociale e sanitaria.

L'associazione opera solo nelle grandi città o anche nelle zone meno abitate?
La forza della rete è di avere organizzazioni locali in tutto il paese. In questo momento siamo coinvolti in vari tavoli di discussione, dal ministero dell'Inclusione sociale ed economica, rappresentato dal sottosegretario nazionale Lourdes Portaluppi, sino alle municipalità delle grandi città e delle piccole provincie.


Dopo questa apertura del governo nazionale restano problemi con le municipalità locali?
Il problema maggiore si verifica quando le autorità locali revocano le autorizzazioni a quei bar o discoteche in cui queste donne lavorano, costringendole a battere i marciapiedi. A Quito, il sindaco Paco Moncayo ha fatto chiudere tutti i locali lungo la via 24 de mayo e ora le donne sono costrette a esercitare per strada. Un episodio che dimostra l'insensibilità delle autorità locali e che sottopongono le lavoratrici alle vessazioni della polizia...

Vessazioni da parte della polizia?
La polizia nazionale, che dovrebbe difendere i cittadini, calpesta i nostri diritti, ci violentano, ci taglieggiano, ci minacciano. O si paga o ci mettono dentro, per quattro, otto giorni, e senza poter avvertire la famiglia, i figli. Che dipendono da noi in tutto e per tutto. Non è una critica all'istituzione la mia, ma ai singoli che agiscono così. Per questo motivo, abbiamo chiesto l'abrogazione dell'articolo del codice penale che permette la detenzione e tale argomento sarà messo in discussione a fine mese dal parlamento nazionale. Quando abbiamo raccontato i problemi con la polizia al Presidente, lui si è dimostrato molto dispiaciuto che funzionari dello stato si comportino in questo modo. Si è parlato anche di corsi di formazione ai membri delle forze dell'ordine affinché proteggano le lavoratrici sessuali come gli altri cittadini.

E i rapporti con la delinquenza?
La Red de trabajadoras sexuales protegge i diritti delle donne adulte e consenzienti ed è contraria allo sfruttamento della prostituzione minorile e alla tratta illegale delle donne.

DUE FRASI DEL GIORNO

CHI SU

"Silvio, io lavoro con te, non per te" (Gianfranco Fini)

CHI GIU'

"L'etica della Chiesa Cattolica non è esclusivamente o prevalentemente confessionale" (Benedetto XVI)

INTERCULTURA A SCUOLA

DALL'ESPEREINZA ALLE NORMATIVE

...perchè il diverso, l'ultimo, l'emarginato sono ciascuno in ognuno di noi...

di Laura Tussi (fonte: www.ildialogo.org)


Il fenomeno migratorio sembra lasciare poco spazio alla riflessione teorica, per l'urgenza dei problemi sociali e la vivacità del dibattito politico in cui è inserito.
Come sostiene Morin, l'educazione interculturale nella scuola deve comprendere un’etica della comprensione planetaria.
Gli anni ‘90 hanno visto il diffondersi nella scuola italiana del nuovo paradigma dell'intercultura che concepisce la diversità come risorsa positiva, come valore e opportunità di crescita nel confronto, nello scambio, in un arricchimento reciproco, con cui interagire nella logica della convivenza costruttiva.[1]
In un primo momento sono intervenute alcune importanti circolari del Ministero della Pubblica Istruzione che hanno sollecitato e supportato l'innovazione progettuale delle scuole in tema di educazione interculturale, prevenzione del razzismo e dell'antisemitismo e l'inserimento scolastico degli alunni stranieri, tramite disposizioni amministrative, indicazioni e orientamenti di carattere pedagogico e culturale.
Dalla seconda metà degli anni ‘90, queste disposizioni sono gradualmente diventate pratica progettuale nelle scuole italiane, per effetto di una crescente e strutturale presenza di bambini e ragazzi stranieri che ha posto in evidenza le molteplici differenze culturali, linguistiche, religiose, rendendo urgente l'incontro e il confronto aperto.
Attualmente si sono moltiplicati e diffusi i progetti e le esperienze interculturali realizzati dalle scuole, che stanno divenendo momenti ordinari della programmazione scolastica.
Tuttavia, da alcune ricerche locali si coglie una forte esigenza degli operatori scolastici di essere sostenuti nei progetti di accoglienza e di educazione interculturale, con adeguati strumenti di formazione, supporti didattici e organizzativi, attraverso modelli di riferimento per sperimentare, modificare, innovare ed affrontare le incombenti difficoltà..
Sempre più spesso si tratta di educazione alla cittadinanza, alla pace, ai diritti umani, alla comunicazione e alla gestione dei conflitti dove l'educazione alla comprensione e l'insegnamento della condivisione fra gli uomini costituiscono la condizione e la garanzia della solidarietà intellettuale e morale dell'umanità.
Argomentare l'approccio interculturale nell'educazione e nella scuola significa che è possibile formarsi alla comprensione della propria e altrui cultura.
Educazione interculturale significa attivare processi di comprensione fra donne e uomini, formando alla comprensione e condivisione della propria cultura e dell'esperienza dell'altro, nel favorire l'interscambio tra soggetti e saperi.
Intercultura è un termine che contiene in sé un processo e un programma, dove inter significa interazione, scambio, apertura, solidarietà e reciprocità, sottolineando il processo di confronto, di scambio e di cambiamento reciproco, e cultura indica il riconoscimento dei valori, dei modi di vita, delle rappresentazioni simboliche a cui si riferiscono gli esseri umani come individui e società, proponendo un senso più ampio, non limitato alle forme alte del pensiero e dell'azione, ma esteso all'intero modo di vivere, di pensare e di esprimersi nell'ambito del gruppo sociale.
La scuola, in una società multiculturale, può svolgere un ruolo importante nella formazione di cittadine e di cittadini dall'identità planetaria.
L'educazione interculturale e la sensibilizzazione alla comprensione hanno il compito e l'impegno di aiutare a gestire e stabilire relazioni, incontri e scambi con le differenze introdotte negli spazi di vita quotidiani, dove gli altri sono interdipendenti e prossimi, grazie alle molteplici forme degli spostamenti, delle comunicazioni a distanza e delle relazioni quotidiane.
L'educazione interculturale subentra ufficialmente nella scuola italiana nel 1990 quando tale definizione entra nel mondo educativo tramite le normative ministeriali.
Dagli inizi degli anni ‘90, quando nella scuola italiana cominciano ad entrare bambini e ragazzi di altre nazionalità, gli insegnanti si rendono conto che queste presenze esprimono esigenze, problemi, bisogni e molto altro insieme, dove i volti, i colori della pelle, i silenzi, i linguaggi non verbali, le frasi in lingue incomprensibili esprimono disagi e problemi aperti.
Gli alunni immigrati sono evocatori di stati d'animo, idee note e incerte, storie personali e riferimenti culturali collocabili all'interno di matrici di senso differenti, esprimendo incapacità comunicative e bisogni linguistici.
L'incontro con le differenze linguistiche, culturali, religiose, somatiche non è un fatto sporadico e casuale, ma un elemento quotidiano e normale negli ambiti educativi, nei luoghi di aggregazione, nei servizi sociali e sanitari, a cui occorre rispondere nella solidarietà e nell’accoglienza, oltre il pregiudizio e la discriminazione.
L'interesse crescente per le culture degli altri, in una pluralità di attenzioni, costituisce il nucleo iniziale della pedagogia interculturale, composta di pratiche scaturite da interrogativi sempre più crescenti, da incertezze sulle scelte e dalla ricerca di percorsi didattici finalizzati alla risposta di esigenze specifiche, favorendo l'incontro tra l'infanzia e l'adolescenza del qui e dell'altrove.
Una circolare ministeriale del 1990 tratta per la prima volta congiuntamente i temi dell'inserimento degli alunni stranieri nella scuola, in una prospettiva di educazione interculturale, fornendo principi innovativi importanti, come le indicazioni per l'accoglienza e l'integrazione degli alunni immigrati, ponendo l'argomento dell'educazione interculturale per tutti e volta all’accoglienza di tutti.
In una circolare ministeriale del 1994 viene delineato il tema del dialogo interculturale e della convivenza democratica, come impegno progettuale della scuola, in termini di società multiculturale, di prevenzione del razzismo e dell'antisemitismo, in Europa e nell'intero pianeta, dove vengono introdotti concetti quali il clima relazionale e la promozione del dialogo, fornendo indicazioni sulla valenza interculturale di tutte le discipline e delle attività disciplinari trasversali.
Di conseguenza, educare all'intercultura significa costruire la disponibilità a conoscere e a farsi conoscere nel rispetto dell'identità di ciascuno, in un clima di dialogo e solidarietà.
Si riafferma il principio che l'educazione interculturale non riguarda solo alcune materie, ma sussiste una dimensione dell'insegnamento che accompagna il percorso formativo ed orientativo attraverso tutte le discipline scolastiche.
Il regolamento contenente le norme in materia di autonomia scolastica afferma che gli obiettivi nazionali dei percorsi formativi riconoscono e valorizzano le diversità per la realizzazione del diritto di apprendimento e di crescita educativa di tutti gli alunni e che viene garantito e valorizzato il pluralismo culturale e territoriale.
Le coordinate di politica educativa alle quali le istituzioni scolastiche devono fare riferimento, per realizzare in autonomia i propri progetti di accoglienza, di integrazione e di educazione interculturale sono sufficientemente articolate e fondate su chiare scelte pedagogiche, tracciando un modello di scuola integrativo, interculturale e attento al riconoscimento e alla valorizzazione di lingue, culture e diversità, dove l’altro risulta sempre fonte di arricchimento culturale reciproco.
Laura Tussi


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[1] Favaro G., Capirsi Diversi. Interculturalità ed educazione alla comprensione, in Intercultura. Riflessioni ed esperienze di educazione interculturale in ambito scolastico. EMI, Bologna 2004

giovedì 14 gennaio 2010

IL BEL PAESE DEI PARADOSSI

Secondo Ilvo Diamanti, intervistato oggi pomeriggio a Radio2, l'Italia (ma non solo) si trova in una situazione paradossale rispetto al rapporto con gli immigrati. Secondo i dati riportati dalla Caritas Nazionale, nelle regioni dove si manifesta verbalmente più intolleranza, razzismo, xenofobia...sono più attive ed efficienti le iniziative, le associazioni, le istituzioni che promuovono una reale integrazione e che offrono aiuti agli stranieri in difficoltà.

SCIOPERO DEGLI STRANIERI

PRIMO MARZO 2010: SCIOPERO DEGLI STRANIERI

UN'ALTRA INIZIATIVA NATA DAL BASSO CONTRO IL RAZZISMO

Stranieri non tanto dal punto di vista anagrafico, ma perché estranei al clima di razzismo che avvelena l'Italia del presente. Autoctoni e immigrati, uniti nella stessa battaglia di civiltà.

E' nato il blog: http://primomarzo2010.blogspot.com/

IL VUDU AD HAITI

UNA PROFONDA SPIRITUALITA' AFRICANA
di Alessandro Grandi


Una tradizione tramandata da generazioni. Dall'Africa ad Haiti, sulla rotta degli schiavi.


“Io ci credo e lo pratico e come me molte persone lo fanno qui a Haiti”. Rosine, una donna di circa 40 anni, partecipa da sempre ai riti vudu.
La trovo, molto presto al mattino, che aspetta gli altri fedeli ai bordi di una casetta costruita in lamiera con davanti un grande spiazzo sterrato, per iniziare la preghiera.
Mi guarda stupita del fatto che io non sia stato accompagnato da nessuno. Infatti per partecipare a certi riti bisognerebbe essere accompagnati o quantomeno invitati.

Dopo pochi minuti di attesa, quando il sole inizia ad alzarsi in cielo, da un sentiero ripidissimo e piuttosto fangoso, arrivano una ventina di persone. Quasi tutte donne. Vestite con abiti sgargianti, come se stessero per andare ad una festa, portano con loro dei doni. “Vedi quello che hanno nei sacchetti sono i doni per i nostri dei. Soprattutto qui nella zona di Port au Prince esiste questa usanza. Il Vudu è una miscela di religioni, di credenze e effettivamente c’è anche una componente magica. Ma non di magia. E’ una questione assolutamente spirituale. Chi pensa che siamo degli stregoni è solo uno stupido” ci tiene e sottolineare.

Dopo avermi chiesto abbastanza gentilmente di allontanarmi, inizia il rito insieme agli altri seguaci. Cantano canzoni in creolo e in un dialetto incomprensibile. Nella maggioranza dei casi gli houngan (i preti vudu) sono contenti se delle guide portano i turisti a vedere i riti. Così facendo sperano che una volta tornati nei loro paesi diffondano il fatto che il vudu è una tradizione positiva.

Il Vudu è uno dei culti maggiormente screditati al mondo. La stragrande maggioranza delle persone crede che il Vudu sia una sorta di grande contenitore di superstizione, magia, incantesimo, che gioca molto sulla fantasia e sull’ignoranza delle persone. Ma sbaglia alla grande. Il Vudu è una religione ricchissima di tradizione e soprattutto molto antica.

“Vedi come siamo fatti? Siamo tutti africani. La nostra cultura proviene dall’Africa” dice Elizabeth, una ragazza molto giovane e bella che ha avuto la possibilità di studiare qui nella capitale Port au Prince, e che, pur non partecipando ai riti Vudu, li conosce molto bene. “Queste sono le tradizioni che ci tramandiamo da generazioni. Siamo il primo esperimento al mondo di alterazione territoriale. Il nostro popolo è un misto di nazionalità. Siamo tutti figli degli schiavi africani che vennero portati qui a lavorare per conto degli spagnoli e dei francesi. Non ci centriamo molto con i caraibici. Infatti i Taino ( la popolazione che viveva ad Haiti nel periodo precolombiano) assomigliavano molto ai Maya. Noi siamo fuori luogo”.

La cultura vudu haitiana ha subito, già a partire dall’inizio del 1800 (nel periodo della rivolta degli schiavi) una specie di demonizzazione.
Questa religione invece ha origini antichissime. Si ipotizza infatti che il vudu nasca dalle religioni animiste africane basate sull’ adorazione degli spiriti.
Gli schiavi portati ad Haiti dagli spagnoli dalle coste africane del Benin, e del Congo portarono con loro anche le credenze religiose.
I riti vudu praticati ancora oggi, e tollerati, solo qui ad Haiti anche dalla religione cattolica (il culto ufficiale dell’isola), sono la unificazione delle varie credenze animiste africane e costituiscono la base del patrimonio culturale e religioso di Haiti.
Molto spesso ci si ritrova davanti a simboli vudu anche per strada.
Statuette raffiguranti gli dei, le classiche bamboline, che da noi si crede abbiano il potere di fare male a qualcuno solo puntandogli addosso degli spilloni (mentre non solo altro che il tramite fra il mondo dei vivi e quello dei morti), bottiglie colorate e piene di lustrini che servono nei riti, e tutto quello che serve per poter effettuare una messa vudu.

Prendere parte ad una cerimonia vudu, molto spesso, può risultare parecchio faticoso. Bisogna tener presente che non si tratta di una rappresentazione di una commedia popolare ma di una vera e propria religione che conta migliaia di seguaci e che quindi deve essere trattata con rispetto. Come una qualsiasi fede al mondo.

Gli schiavi africani, che provenivano da differenti tribù, ritrovavano le loro radici in questa credenza. Negli anni della colonizzazione di Haiti gli schiavi, per mantenere i loro culti, sostituirono i loro feticci sacri con le icone della cristianità.
Furbescamente per nascondere il loro culto ai colonizzatori che non vedevano di buon occhio queste pratiche, gli haitiani, operavano un vero e proprio scambio di icone; ad ogni santo della religione cristiana fu associato, con le debite modifiche, uno spirito del Pantheon (il grande regno degli dei).
Ad esempio gli Iwa, che sono entità inferiori rispetto al Gran Met (il solo dio in cui credono gli adepti vudu), sono gli spiriti che vengono invocati con canzoni e preghiere. Di loro fanno parte il Baron, il signore dei morti, i Marasa che rappresentano l’unione tra giorno e notte, l’Erzuile Dantor, che viene associato a venere dea dell’amore e molti altri ancora.

E così via fino ai giorni nostri. “ E’ giusto mantenere le tradizioni” dice ancora Elizabeth, “anche se talvolta possono sembrare cruente e pagane”.
Alessandro Grandi

mercoledì 13 gennaio 2010

CONSIGLI PER UN CONSUMO CRITICO

Il movimento Gocce di Giustizia (nato a Vicenza) propone uno Sportello Elettronico del Consumo Critico.

Come orientarsi nella scelta di un consumo responsabile, per poter fare una spesa etica, giusta e sostenibile e per poter essere attori ("consumattori") del nostro consumo?

MANDATE UNA E-MAIL A: sportelloconsumocritico@goccedigiustizia.it

DOMANDE DOPO CENTO MILA MORTI AD HAITI


DOMANDA: Dove doveva scatenarsi un devastante terremoto?

RISPOSTA: Ad Haiti, il paese più povero delle Americhe.

PERCHE'?

Perchè tanta ingiustizia?

Caso o castigo,

provvidenza o punizione?

Per colpa di chi?

Ha ancora senso farsi domande, cercare risposte?

martedì 12 gennaio 2010

BOTTA E RISPOSTA

EGITTO-BOSSI

L'Egitto denuncia il razzismo italiano dopo i fatti di Rosarno.
Umberto Bossi denuncia la violenza in Egitto contro i cristiani copti.
E la maglietta di Calderoli, qualcuno se la ricorda?
Botta e risposta. Di chi sarà l'ultima parola?
Tutti condannano la violenza,
usando violenza.
La guerra non si vince con la guerra.
Quando vogliamo siamo il Paese civilizzato, sviluppato, che va in giro ad esportare democrazia.
Quando vogliamo indietreggiamo al misero occhio per occhio dente per dente, "Se non ci lasciano costruire la chiesa cristiana là, allora niente moschea qui in italia!"

Come si usa definirsi un tale comportamento?

SULLA SCUOLA SOLO PROPAGANDA

LE LEGGI CI SONO GIA' (ANCORA PER POCO), L'IMPORTANTE E' APPLICARLE

La riforma che il ministro Gelmini cerca in tutti i modi di far passare come innovatrice, moderna, migliorativa... ("Brava! Quante leggi giuste sta facendo questo governo!") c'era già ed è datata 1999. La legge c'era, ma non sempre è stata applicata. Una legge sulla composizione delle classi scolastiche che eviti la ghettizzazione e favorisca la reale integrazione... c'era già. Bastava applicarla, o controllare che venisse applicata. Ecco due articoli che evidenziano la questione.


1. Dal tetto del 30% fissato per classe per gli studenti stranieri saranno esclusi i nati in Italia e che sono circa il 37%.

E' quanto ha dichiarato il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini intervenendo oggi, su Rai Tre, a '1/2 h', il programma condotto da Lucia Annunziata.

"Gli studenti stranieri che saranno in sovrannumero nelle classi - ha detto la Gelmini - potranno essere trasferiti da un plesso scolastico all'altro: a questo scopo, il ministero dell'istruzione sta pensando a prevedere convenzioni con gli enti locali che si occuperanno degli spostamenti logistici".

''Mi fa piacere constatare che il provvedimento sul tetto del 30% all'interno delle classi per i bambini immigrati - ha proseguito il ministro - sia stato valutato non secondo un'ottica ideologica, ma sulla base dell'esperienza, suggerito tra l'altro da dirigenti scolastici, insegnanti che operano soprattutto nelle periferie delle grandi città".

''Si tratta di una misura di buon senso volta all'integrazione e alla convivenza civile - ha spiegato la Gelmini. Le classi costituite da immigrati, al contrario a volte possono trasformarsi in classi-ghetto. L'esodo poi di molti studenti italiani dalle scuole pubbliche alle scuole private perche' non ci sono le condizioni di un buon apprendimento - ha concluso il ministro dell'Istruzione - e' qualcosa sul quale bisogna riflettere e il governo deve poter avanzare delle soluzioni''.

2. Scuola, un tetto per gli stranieri? La legge (inapplicata) c'era già

Un tetto massimo alla presenza degli stranieri nelle classi c'era già e risale al 1999, quando fu varato il regolamento attuativo del testo unico sull'immigrazione (il dpr 394 del 31 agosto '99) che prevede, all'articolo 45, che la ripartizione degli alunni stranieri nelle aule va effettuata "evitando comunque la costituzione di classi in cui risulti predominante la presenza di alunni stranieri". Insomma si parla, seppur implicitamente, di un tetto del 50%. Un limite più alto di quello fissato dal ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini. A ricordare la regola già esistente, ancora in vigore, ma di fatto disattesa, è il mensile Tuttoscuola.

Il regolamento fu emanato dal governo D'Alema che, all'epoca, comprendeva i ministri Luigi Berlinguer, Rosy Bindi, Livia Turco, Pierluigi Bersani. In effetti sia Livia Turco che Luigi Berlinguer non hanno osteggiato il tetto della Gelmini, anche se hanno posto rilievi e raccomandazioni sull'applicazione. I contenuti della norma di allora ricordano molto da vicino quelli della circolare di qualche giorno fa. Anche nel regolamento del 1999, ad esempio, ci sono interventi a favore dell'inserimento e dell'apprendimento dell'italiano. "Il collegio dei docenti- si legge- definisce, in relazione al livello di competenza dei singoli alunni stranieri, il necessario adattamento dei programmi di insegnamento" e ancora "il consolidamento della conoscenza e della pratica della lingua italiana può essere realizzata altresì mediante l'attivazione di corsi intensivi di lingua italiana sulla base di specifici progetti, anche nell'ambito delle attività aggiuntive di insegnamento per l'arricchimento dell'offerta formativa".

Il tetto, dopo il '99, nonostante la normativa esistente, comunque non è stato rispettato. Lo dimostrano i casi della scuola Carlo Pisacane di Roma dove, nonostante gli appelli della ormai ex dirigente Donatella Trani, negli anni passati, non si è mai raggiunto un accordo con gli enti locali per evitare il concentramento di stranieri. Oggi la preside è un'altra e rimarrà in carica fino a settembre, quando la scuola sarà accorpata ad una vicina media. La successiva dirigente, Flora Longhi, dovrà risolvere il problema di quel 90% di alunni non italiani alla primaria. Lo stesso si dovrà fare alla scuola elementare Radice di Milano dove oggi c'è una prima tutta composta di stranieri e dove c'è un italiano ogni ventiquattro stranieri.

11 gennaio 2010

DOPO GLI SCANDALI IN IRLANDA...

UNA SVOLTA DENTRO LA CHIESA SUI NUMEROSI CASI DEI PRETI PEDOFILI

Ci sono persone che hanno commesso lo stesso crimine e che vengono trattate in due modi diversi, secondo due leggi diverse, da due tribunali diversi. Non sto parlando del nostro premier e di un normalissimo cittadino italiano, ma di preti pedofili e laici pedofili, che sono stati trattati finora con due misure diverse. Coperti, i primi, nell'assoluto silnezio, secondo quanto segue: "L´imposizione dell´assoluta segretezza impedisce, di fatto, alla magistratura civile qualsiasi forma di conoscenza e quindi d'intervento concreto, sia nella fase inquirente che in quella giudicante. In qualsiasi paese di Stato di diritto, la competenza su queste materie è affidata al diritto penale. La Chiesa, in base a un artificio giuridico, ha ritenuto di riservare a sé tale competenza. Nel documento, per esempio, si dice che le vittime di abusi sessuali devono denunciare, entro un mese, il sacerdote colpevole al vescovo del luogo o al Sant´Uffizio. E solo a loro, pena la scomunica. Un meccanismo perfetto che ha avallato l´impunità di numerosi sacerdoti pedofili che, se scoperti, vengono solo trasferiti in altra diocesi".

Ma ecco la svolta, forse. Si spera, in nome di Dio.

Il card. Claudio Hummes assicura che "D'ora in poi oltre ad essere sottoposti al giudizio delle leggi ecclesiastiche, saranno consegnati anche ai tribunali civili per essere giudicati e condannati dopo un regolare processo. Per i preti pedofili, quindi, oltre alle pene ecclesiastiche - vale a dire immediata riduzione allo stato laicale e scomunica dalla Chiesa cattolica - saranno comminate anche le punizioni previste dai Codici penali ordinari". (da Repubblica del 12 gennaio)

DOV'E' FINITA LA SPERANZA?

Continuano a invaderci notizie di morte. Sui quotidiani locali continua il bollettino di guerra. Dalle vittime della strada ai suicidi: ogni giorno sembra uguale. Dove è finita la speranza?
Nelle nuove riforme ad personam?
Nelle proprie scelte quotidiane?

POCHI FRONZOLI O GIRI DI PAROLE

"Tutto è scoppiato perchè sono diventati inutili"

Enzo Ciconte su Rosarno.

(Scrittore e politico italiano, docente di Storia della criminalità organizzata a Roma Tre)

SE QUELLI SONO UOMINI...

NEI GHETTI D´ITALIA QUESTO NON È UN UOMO

di Adriano Sofri

Di nuovo, considerate di nuovo
Se questo è un uomo,
Come un rospo a gennaio,
Che si avvia quando è buio e nebbia
E torna quando è nebbia e buio,
Che stramazza a un ciglio di strada,
Odora di kiwi e arance di Natale,
Conosce tre lingue e non ne parla nessuna,
Che contende ai topi la sua cena,
Che ha due ciabatte di scorta,
Una domanda d´asilo,
Una laurea in ingegneria, una fotografia,
E le nasconde sotto i cartoni,
E dorme sui cartoni della Rognetta,
Sotto un tetto d´amianto,
O senza tetto,
Fa il fuoco con la monnezza,
Che se ne sta al posto suo,
In nessun posto,
E se ne sbuca, dopo il tiro a segno,
“Ha sbagliato!”,
Certo che ha sbagliato,
L´Uomo Nero
Della miseria nera,
Del lavoro nero, e da Milano,
Per l´elemosina di un´attenuante
Scrivono grande: NEGRO,
Scartato da un caporale,
Sputato da un povero cristo locale,
Picchiato dai suoi padroni,
Braccato dai loro cani,
Che invidia i vostri cani,
Che invidia la galera
(Un buon posto per impiccarsi)
Che piscia coi cani,
Che azzanna i cani senza padrone,
Che vive tra un No e un No,
Tra un Comune commissariato per mafia
E un Centro di Ultima Accoglienza,
E quando muore, una colletta
Dei suoi fratelli a un euro all´ora
Lo rimanda oltre il mare, oltre il deserto
Alla sua terra - “A quel paese!”
Meditate che questo è stato,
Che questo è ora,
Che Stato è questo,
Rileggete i vostri saggetti sul Problema
Voi che adottate a distanza
Di sicurezza, in Congo, in Guatemala,
E scrivete al calduccio, né di qua né di là,
Né bontà, roba da Caritas, né
Brutalità, roba da affari interni,
Tiepidi, come una berretta da notte,
E distogliete gli occhi da questa
Che non è una donna
Da questo che non è un uomo
Che non ha una donna
E i figli, se ha figli, sono distanti,
E pregate di nuovo che i vostri nati
Non torcano il viso da voi.

Repubblica 10.01.2010

domenica 10 gennaio 2010

LA RIVOLTA DEI NUOVI SCHIAVI

GUARDA IL VIDEO (clicca qui)

RASSEGNA STAMPA (clicca qui)

MAFIOSI E LEGHISTI

ACCOMUNATI DALLA XENOFOBIA

Cos'hanno in comune un mafioso e un leghista razzista? L'odio verso gli immigrati. La paura per il diverso. Un forse senso di identità localistico che non prevede l'arrivo di intrusi. Capaci di intromettersi nelle sporche regole del gruppo dominante.

Anche i mafiosi sognano il federalismo. "Vogliamo comandare a casa nostra!"

GESU' DISCEPOLO DI GIOVANNI

GESU' SI FORMA ALLA SCUOLA DI GIOVANNI IL BATTEZZATORE

E' forse scandaloso pensare che Gesù sia stato discepolo di Giovanni il battezzatore?
Gesù e Giovanni hanno trascorso molto tempo assieme. Poi Gesù ha preso una strada diversa. Mentre Giovanni aveva creato il suo "Centro di Spiritualità" in mezzo al deserto, vicino al fiume Giordano, Gesù preferiva girare di villaggio in villaggio (evitando le grandi città), là dove la gente abitava, lavorava, amava, soffriva. Comunque si stimavano a vicenda, si sono arricchiti spiritualmente da entrambi.

Gesù non è nato Messia, ma lo è diventato anche grazie all'incontro con Giovanni. Da lui ha imparato molte cose. Da lui è stato battezzato. Se anche Gesù ha ascoltato qualcun'altro, ha imparato da qualcun'altro, si è messo alla scuola di un altro profeta... è possibile che certi uomini (maschi) oggi non vogliano imparare niente da nessuno/a?

CHI SONO GLI INCIVILI?

DUE MODI DIVERSI DI CONCEPIRE LA STESSA REALTA'

Le immagini che vengono lanciate in tv, sulla condizione degli immigrati a Rosarno, possono essere recepite in due modi completamente diversi:

1. "Guarda in che condizioni vivono! Sembrano degli animali! Che tornino nei loro Paesi, qui c'è posto solamente per le persone civili!"

2. "Guarda come sono costretti a vivere coloro che fanno quei lavori che gli italiani non vogliono più fare! Un Paese civile dovrebbe garantire certi diritti!"


L'OPINIONE DI ROBERTO SAVIANO
"La rivolta di Rosarno è la quarta degli africani in Italia contro le mafie. Mi piace sottolineare che gli africani vengono in Italia a fare lavori che gli italiani non vogliono più fare e a difendere diritti che gli italiani non vogliono più difendere.”

Tg3, 8 gennaio 2010

DOPO I FATTI DI ROSARNO

SENZA ALIBI

Gli africani ci hanno sbugiardati. La rabbia scoppiata a Rosarno non ci lascia alibi. Non siamo diversi dal resto del mondo, checché ne dicano coloro che pensano che i guai del sud hanno solo un nome: malavita organizzata.
Siamo stati bravi a indignarci davanti alle immagini dei Sem Terra che reclamavano il loro diritto di sopravvivere e di rincorrere le loro aspirazioni, chiedendo un piccolo pezzo di terra a latifondisti che manco si ricordavano di avere, ricevendo come risposta botte, morsi dei cani e, non di rado, delle pallottole. Ci siamo indignati davanti allo strapotere del ricco che nega la vita dignitosa ai poveri, siamo inorriditi quando abbiamo saputo che molti contadini lavorano in fazende in stato di schiavitù e lì lo Stato non entra. Il ricco cattivo e il povero buono, da noi non può accadere. Noi siamo brava gente.

Ci siamo arrovellati in ottusi ragionamenti che gli immigrati sono importanti, servono a curare i nostri anziani, mantengono l’economia del nordest, per contro si rispondeva che sono delinquenti, rubano, sono in mano alla criminalità.
I politici sono divisi tra il buonismo cattolico, l’affarismo imprenditoriale e la xenofobia.
Malgrado questo ho avuto vicini di casa macedoni con cui sono andato d’accordo, abbiamo chiacchierato e ci siamo aiutati, i miei figli hanno dei compagni di classe argentini, rumeni, marocchini, moldavi, brasiliani. Vivono in case dignitose, lavorano. Probabilmente sono anche più ricchi di me. Insomma, tra la gente normale, il problema immigrazione non esiste. Esiste ben altro, esiste una classe politica che ha fatto della xenofobia il suo cavallo di battaglia per poter rimanere ben attaccata alle poltrone romane che, a quanto pare, tanto schifo non fanno. E per mantenere il suo status, incurante di aver capito per primo qual era la domanda che veniva dalla sua gente (una burocrazia semplice, un livello decisionale più vicino alla gente), per essere certa di non perdere le poltrone, ha preferito non dare risposte concrete, ma seminare la paura, scaricando le frustrazioni di coloro che vogliono rappresentare verso il più debole: il povero. Che poi oggi il povero abbia un colore della pelle diverso e parli altre lingue è un particolare. Se è donna è povero due volte. Se è minore lo è tre.
Il povero non interessa a nessuno. È debole, indifeso, alla mercè di ogni soluzione.
Serve al sindaco di turno in assenza di notorietà a mettersi in luce con qualche idea idiota; serve a fare la cresta sull’affitto; serve a vendere l’invendibile; serve per avere del lavoro schiavo; serve a giovani annoiati per passare la serata sparando al negro.

Gli africani ci hanno sbugiardati. Non è contro la mafia che hanno scatenato il finimondo, ma contro un’economia basat a sullo schiavismo, contro uno Stato che non ha mai voluto vedere. Non contro le aziende della malavita, ma a quelle normali, quelle che magari hanno un’etica diversa e producono biologico. Non è una novità, lo sappiamo da molto che molti braccianti del sud sono sfruttati. Lo abbiamo sempre saputo che usavano le donne sottopagate per questi lavori. Ora si sono aggiunti gli africani, molto più ricattabili, soprattutto da quando la legge 94/2009 ha paragonato i clandestini ai delinqenti. Poveri e senza diritti, questo è uno dei risultati della legge 94/2009.
Che cosa ci possiamo aspettare da questo governo? Credo che non andranno al di là dell’applicazione di questa infame legge. Puniranno i clandestini. E le aziende che li avevano sfruttati? Porteranno la legalità pure lì o lasceranno che assumino altre donne? C’è il PIL in gioco.

ASSOCIAZIONE MACONDO
per l'incontro e la comunicazione tra i popoli
via Romanelle 123
36020 Pove del Grappa (Vicenza)
tel.:0424808407
e-mail: posta@macondo.it