giovedì 29 luglio 2010

La verità ai propri figli?

E' giusto, secondo voi, dire la verità ai propri figli?
Ci sono verità che scottano, che fanno sentire diversi, giudicati, condizionati.
Certo, esistono i modi giusti per spiegare ai propri figli situazioni difficili, passati sofferti, esperienze che si discostano dal benedetto modello unico e che li coinvolgono. Me lo chiedo perchè esistono visioni differenti: chi preferisce nascondere e chi invece raccontare, chi mentire, magari in buona fede, chi invece confessare la cruda realtà. Nascondere per proteggere? "Se fosse stato per il suo bene avrei mentito" mi confida una madre molto combattuta. Qual è la cosa migliore, in linea di massima? Forse che un bambino non percepisce una bugia vestita da amore?

La vera umanità

Messaggio della Federazione Luterana Mondiale

“La vera umanità consiste nel dare e nel ricevere. Mentre l'intera creazione è un dono di Dio, il prossimo dipende dai doni che reciprocamente offriamo gli uni agli altri”.

Messaggio che i 418 deputati alla XI Assemblea della Federazione Luterana Mondiale (FLM) svoltasi a Stoccarda, hanno inviato alle 145 chiese membro della FLM.
L'assemblea si è riunita per 8 giorni attorno al motto “DAI A NOI OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO”.

lunedì 26 luglio 2010

Moralizzare il capitalismo

Non sarebbe ormai arrivato il momento di moralizzare il capitalismo?

di Yvon Quiniou, filosofo

Così formulata la domanda è ambigua: se è necessario moralizzarlo, il capitalismo è immorale: se si può farlo, esso non è intrinsecamente immorale nelle sue strutture. Verrebbero messi in discussione soltanto i suoi eccessi. Ora, l’immoralità è costitutiva del capitalismo, contrariamente alla teoria che pretende di fare dell’economia una realtà che sfugge alla morale.

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Ennesima crociata


La fatica dell'ascolto e del confronto

Dopo il servizio del settimanale Panorama sulla vita poco casta di alcuni preti omosessuali, il Vaticano come al solito, invece di affrontare la questione in modo serio, ha deciso per l'ennesima caccia alle streghe.

(leggi la rassegna stampa)

domenica 25 luglio 2010

Cuore puro

“Avere il cuore puro, è vedere l’altro in quanto altro”

Da un'intervista a Jean-Luc Nancy, noto filosofo francese

[...]Per comprendere che cos’è un “cuore puro” bisogna tornare all’amore, che consiste nel vedere l’altro come altro. Si tratta proprio di vedere, cioè di essere nel rapporto, senza nulla che si possa afferrare. Non si “vede” un oggetto, si “vede” un’apertura, un’evasione verso l’altro. Che cosa chiede l’amore se non una purificazione del cuore? Una purificazione delle mie attese affinché io possa vedere l’altro come altro. È veramente attraverso il cristianesimo che l’amore diventa questo riconoscimento dell’assolutezza integrale della persona. L’amore rinvia a ciò che noi non possiamo assolutamente afferrare. Forse è questo, “vedere Dio”. Non vedere un essere dietro gli altri esseri, ma vedere che ogni essere è assoluto, incommensurabile.

[...]La grande caratteristica del Vangelo è di essere un libro religioso che non contiene molta dottrina. Un libro in cui la “dottrina” è interamente offerta con parole pronunciate in certe situazioni. Le Beatitudini portano questo paradosso al culmine. Siamo all’acme del racconto evangelico, nel momento in cui ci si potrebbe attendere uno sviluppo dottrinale, invece, appunto, la dottrina non arriva. E Cristo pronuncia le Beatitudini. Ciò mi fa pensare a Nietzsche che dice: “Se Cristo fosse vissuto più a lungo, avrebbe abolito la sua dottrina.” Nietzsche manifesta in questo la sua profonda comprensione del cristianesimo. Ha capito molto bene che il cuore del cristianesimo non consisteva in una dottrina, ma in una vita. Questo nocciolo duro, etico se si vuole (se questa parola non è troppo consumata), non si lascia assorbire dai montaggi teorici, teologici o ecclesiastici. È un nocciolo molto resistente, mentre la forma che assume è apparentemente fragile, narrativa, invece di essere dottrinale, e il suo contenuto si situa interamente nella dolcezza.

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mercoledì 21 luglio 2010

Poesia



A una danzatrice negra

Negra mia calda voce d’Africa
Terra d’enigma e frutto di ragione
Danza per la nuda gioia del tuo sorriso
Per l’offerta del tuo seno e di segrete virtù
Danza per l’aurea leggenda di notti nuziali
Per i tempi nuovi e i secolari ritmi
Negra infinito trionfo di sogni e di stelle
Amante docile alla stretta dei Kora
Danza per la vertigine
Per la magia delle reni che il mondo ricominciano
Danza sei
E intorno a me bruciano i miti
Intorno a me le parrucche del sapere
In gran fuochi di gioia nel cielo dei tuoi passi
Danza sei
E i falsi addii ardono nella tua fiamma verticale
Sei il viso dell’iniziato
Che sacrifica la follia ai piedi dell’albero-guardiano
Idea del Tutto sei e voce dell’Antico.
All’assalto delle chimere gravemente protesa
Sei il Verbo che esplode
In razzi miracolosi sulle rive dell’oblio.

Ndjock Ngana - Poeta camerunense

martedì 20 luglio 2010

La vita...

La sacralità della vita

di Mario Mariotti

[...]Da una parte la vita è un assoluto, un valore indispensabile, il più sacro di tutti i valori, e dall’altra un accessorio che dipende dalla speculazione finanziaria, dallo sfruttamento blasfemo delle persone a favore del profitto privato, dagli aggiustamenti strutturali che la Banca Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale impongono ai Paesi poveri, in modo che gli investitori riescano a realizzare dei significativi guadagni a scapito della miseria, della fame, dello sfruttamento di sterminate moltitudini di persone, la cui vita dovrebbe essere sacra come la nostra, e che noi stessi dovremmo considerare nostri fratelli, perché tutte creature dello stesso Padre. [...]

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lunedì 19 luglio 2010

La più grande soddisfazione

Mino Damato si commuove e risponde alla domanda: Qual è la più grande soddisfazione?
"E' la mano di un bambino che stringe la tua e ti dice: grazie!"

Tratto da "Bambini in emergenza" (guarda video)

venerdì 16 luglio 2010

La liturgia in un parco giochi per bambini

Pubblico questo bel commento lasciato da L.T. L.N. che condivide il suo cammino di fede.


Dedicato a tutti, ma in particolare ad una mamma e ad un bambino

La liturgia in un parco giochi per bambini. Di tutti i colori.
In un particolare momento della mia vita, dopo anni di lontananza iniziata durante l’adolescenza ribelle, ho provato a riavvicinarmi a Dio ricalcando il percorso classico di tanti.
I primi passi sono stati:cercare un sacerdote particolarmente “ispirato”e provare a rintracciare, anche attraverso la frequentazione di un luogo sacro e dei suoi riti, i segni della presenza seminata da Dio nelle comunità degli umani.

Con un po’ di fatica ho provato a fidarmi di quel sacerdote che tanto mi avevano raccomandato e a rifrequentare le celebrazioni liturgiche.

Delle celebrazioni comprendo e riconosco il bisogno di appartenenza ed aggregazione tipico dell’individuo, che tali occasioni liturgiche mirano a saziare. Chi meglio di me, allora senza punti di riferimento umanamente preziosi, poteva testimoniarlo?

Riconosco anche l’eventuale spinta evolutiva verso una fede più forte che, unita ad uno scenario suggestivo tra il commemorativo ed il liturgico sacralizzante, queste cerimonie offrono e fanno raggiungere ad alcuni

Se poi a cio’ si aggiunge la complicità di un celebrante davvero catalizzatore di entusiaste folle e un corollario di altri ingredienti ad effetto, non posso riconoscere che anche le chiese di mattoni e i suoi funzionari e comunità possono essere una potente rampa di lancio.

Ma non è stato attraverso queste strutture informanti che una fede immatura , come ad esempio la mia , è cresciuta , si emancipava e diventava adulta, indipendente e quindi creativa per sé e gli Altri...

Il decollo , il volo, l’atterraggio morbido o traumatico iniziano a dipendere solo da noi.
La preghiera, è stato affermato , è un nostro atteggiamento interiore. Si compie nella nostra stanza, in silenzio.
La comunione, è stato mostrato, una scelta che si concretizza nell’offrire , non nel ricevere Si compie nella discrezione.

Ultimamente diserto chiese di mattoni, celebranti e riti. Le une e gli altri, superato il senso di smarrimento e isolamento che tanto mi perseguitava, mi sembrano accessori superflui e spesso più motivo di omologazione o separazione tra di noi.

Nel mio quartiere a poca distanza l’uno dall’altra ci sono :una chiesa cattolica, una sala evangelica, una sala dove si riuniscono alcuni giovani musulmani .
Durante la settimana frequentiamo lo stesso supermercato, ufficio postale, parco pubblico.
A scuola, durante l'ora di religione, alcuni banchi restano vuoti.

La domenica, momento della preghiera, ci dividiamo. Che assurda realtà.

Da qualche tempo la domenica mattina mi fermo a leggere e meditare in un parco giochi. Sotto gli alberi, tra giostrine e panchine, mamme di tutti i colori si scambiano qualche consiglio e controllano a distanza i loro bambini che corrono e giocano. Sono bambini di tutti i colori, come le loro mamme e i loro papà.
Ecco, quando li guardo e li ascolto, penso che ho trovato il posto che cercavo e che non posso assistere ad una liturgia più comunitaria e vera di quella che vedo. Dove non manca la preghiera, nelle voci di quei bambini. E non manca la comunione, nello scambio che avviene tra una mamma e l’altra, di consigli e sguardi complici, merendine, palette, secchielli, salviette per asciugare il pianto dei più piccoli che ogni tanto inciampano nella sabbia e poi si rialzano perché c’è sempre una mano più grande che li guida. Bianca, nera, gialla....Insomma, di tutti i colori

mercoledì 14 luglio 2010

A un amico diverso

Filastrocca di Bruno Tognolini

Tu non sei come me: tu sei diverso
Ma non sentirti perso
Anch’io sono diverso, siamo in due
Se metto le mie mani con le tue
Certe cose so fare io, ed altre tu
E messi insieme sappiamo far di più
Tu non sei come me: son fortunato
Davvero ti son grato
Perché non siamo uguali:
Vuol dire che tutt’e due siamo speciali

martedì 13 luglio 2010

Don Franco Barbero al Pride Village

Questa sera, alle ore 21.30, il carissimo don Franco sarà ospite al Pride Village di Padova, per un dibattito col pubblico sui temi caldi che riguardano la fede e la religione.
Insomma, c'è sete di Dio e non di Chiesa, di parole vere e non di prediche, di coerenza di vita e non di narcisismo o schizofrenia.
Per chi non lo conosce o non ha mai letto i suoi libri, don Franco è una persona semplice, umile, intellettualmente preparata, in continua ricerca. Non serve fissare un appuntamento per parlargli e non chiede soldi per i suoi interventi, viaggia solamente con mezzi pubblici e vive del sostegno della sua comunità. Pur essendo stato ridotto allo stato laicale nel 2003 dall’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, cardinale Joseph Ratzinger, a causa delle sue posizioni non conformi alla dottrina cattolica, continua il suo servizio presbiterale, più convinto che mai.
Celebra l'eucarestia domenicale con la sua comunità, in una sala comunale di Pinerolo, lasciando a due o tre persone, a turno, il compito di preparare la riflessione, dopo le letture. Spezza il pane e benedice l'acqua, al posto del vino, per rispetto degli ex-alcolisti, e benedice l'amore di coppie sia etero che omo. Prima le persone e poi le leggi, i dogmi, i riti.

lunedì 12 luglio 2010

Omicidi-suicidi: emergenza sociale

Continuano a consumarsi tragedie, omicidi-suicidi per motivi passionali, fallimenti, tradimenti, insuccessi... Amore, scuola, lavoro.
La zona di Mestre ultimamente è bersagliata da fatti del genere.
Dolore, rabbia e tanto rispettoso silenzio. Ma... ci rendiamo conto che la percezione della sicurezza, propria e altrui, è direttamente proporzionale al grado di felicità raggiunto? Non sono gli immigrati a distruggere le nostre famiglie! Non sono le camionette dei militari a trasmettere serenità! Non sono i cavalli di battaglia delle varie propagande politiche, clandestini, musulmani, zingari, romeni, eutanasia e coppie di fatto... a diffondere morte e paura.
Sono i problemi che portiamo dentro, i conflitti nelle relazioni, le insicurezze e bisogni personali... le cause di questa vera e propria emergenza sociale.
Aspetto i prossimi manifesti elettorali con i seguenti slogan: combattiamo le morti bianche, gli incidenti sulle strade, gli omicidi-suicidi!

domenica 11 luglio 2010

La comunità prima dell'ideale personale

Da Dietrich Bonhoeffer, La vita comune, Queriniana

“Infinite volte tutta una comunità cristiana si è spezzata, perché viveva di un ideale. Proprio il cristiano serio, che per la prima volta si vede posto a vivere in una comunità cristiana, porta con sé un'immagine ben precisa della vita in comune di cristiani e cercherà di attuarla. Ma la forza del Signore ben presto farà crollare tutti questi ideali.

Dobbiamo essere profondamente delusi degli altri, dei cristiani in generale e, se va bene, anche di noi stessi, quant’è vero che Dio vuole condurci a riconoscere la realtà di una vera comunione cristiana. È la bontà di Dio che non ci permette di vivere, anche solo per brevi settimane, secondo un ideale, di credere a quelle beate esperienze, a quello stato di entusiasmante estasi. che ci mette come in uno stato d'ebbrezza. Il Signore non è Signore di emozioni, ma della verità. Solo la comunità che è profondamente delusa per tutte le manifestazioni spiacevoli connesse con la vita comunitaria, incomincia ad essere ciò che deve essere di fronte a Dio, ad afferrare nella fede le promesse che le sono state fatte.

Quanto prima arriva, per il singolo e per tutta la comunità, l'ora di questa delusione, tanto meglio per tutti. Una comunità che non fosse in grado di sopportare una tale delusione e non le sopravvivesse, che cioè restasse attaccata al suo ideale, quando questo deve essere frantumato, in quello stesso istante perderebbe tutte le promesse di comunione cristiana stabile e, prima o dopo, si scioglierebbe. Ogni ideale umano che venisse portato in una comunità cristiana, impedisce la vera comunione e deve essere spezzato, perché la comunità cristiana possa veramente vivere.

Chi ama il suo ideale di comunità cristiana più della comunità cristiana stessa, distruggerà ogni comunione cristiana, per quanto sincere, serie, devote siano le sue intenzioni personali.

Dio odia le fantasticherie; perché rendono superbi e pretenziosi. Chi nella sua fantasia si crea una immagine di comunità, pretende da Dio, dal prossimo e da se stesso la sua realizzazione. Egli entra a far parte della comunità di cristiani con pretese proprie, erige una propria legge e giudica secondo questa i fratelli e Dio stesso. Egli assume, nella cerchia dei fratelli, un atteggiamento duro, diviene quasi un rimprovero vivente per tutti. gli altri. Agisce come se fosse lui a creare la comunità cristiana, come se il suo ideale dovesse creare l'unione tra gli uomini. Considera fallimento tutto ciò che non corrisponde più alla sua volontà. Lì dove il suo ideale fallisce, gli pare che debba venir meno la comunità. E così egli rivolge le sue accuse prima contro i suoi fratelli, poi contro Dio, ed infine accusa disperatamente se stesso.

Dio ha già posto una volta per sempre l'unico fondamento della nostra comunione. Dio ci ha uniti in un sol corpo in Gesù Cristo, molto prima che noi entrassimo a far parte di una comunità con altri cristiani; perciò ci uniamo con altri cristiani in vita comunitaria non avanzando pretesa alcuna, ma con gratitudine e pronti a ricevere. Ringraziamo Dio per ciò che ha fatto per noi; lo ringraziamo perché ci ha dato fratelli che vivono nell'ascolto della sua chiamata, del suo perdono e della sua promessa. Non ci lamentiamo con Dio per ciò che egli non ci concede, ma lo ringraziamo per ciò che ci dà ogni giorno. Non è forse sufficiente ciò che ci viene donato?

Forse che il dono di Dio, in un giorno qualunque, anche nei giorni più difficili e dolorosi di una comunità cristiana, è meno di questo dono così grande ed incomprensibile? Forse che lì dove colpa e malintesi dominano la vita in comune, anche il fratello peccatore non resta pur sempre il fratello insieme col quale mi trovo sotto la Parola di Cristo? ed il suo peccato non offre pur sempre nuova occasione di gratitudine per il fatto che ambedue possiamo vivere in quell'unico amore che ci perdona in Gesù Cristo?

Forse che proprio l'ora della profonda delusione per l'atteggiamento del fratello non mi riuscirà estremamente salutare, perché insegna così radicalmente che ambedue non possiamo vivere mai delle nostre parole e azioni, ma solo di quell'unica Parola e di quell'unico fatto che ci unisce nella verità, cioè nel perdono dei peccati in Gesù Cristo? Lì dove le nebbie mattutine delle nostre illusioni si levano, ecco che incomincia la luminosa giornata della comunione cristiana.”

Seguaci di un mito: adolescenti innamorati

Ricevo e pubblico questa riflessione illuminante


Cara mamma,
ti scrivo...sono solo alcune riflessioni che volevo condividere.

Posso immaginare la tua fatica,la stanchezza e delusione di queste ore.
Ma, se riesci, risparmia le forze e dirottale verso altri orizzonti. Almeno per adesso.

Avrai già sperimentato che non possiamo persuadere gli altri e forzarli a vedere ciò che non vedono e non vogliono vedere.

Come quando - durante l’adolescenza – un’amica o la nostra mamma, per il nostro bene, cercava di farci notare qualche difetto o mancanza della persona di cui ci eravamo follemente innamorati. Inutile: non ascoltavamo!!! A chi non è capitato o capita ancor oggi?
Durante lo stadio dell’innamoramento, è inevitabile, vediamo solo i pregi dell’innamorato e piuttosto che ammettere i difetti siamo disposti a litigare e ripudiare chi cerca invece di farci prendere contatto con la realtà.
Molti, nei confronti di un leader, una persona eletta come ideale, vivono immersi in questa stessa fase detta dell'innamoramento, dell'idealizzazione, per lungo periodo.

Dell’amore si dice che “è cieco”. Ma poi impariamo che l’amore vero invece è sempre apertura ed apre ad una visione integra della persona, dei suoi lati nascosti, quelli non ancora manifestati o ad arte occultati.

Le persone pubbliche e di cui ci infatuiamo, quelle che spesso parlano, guidano, ammaestrano e che noi idealizziamo, quasi mai, per il ruolo o per le circostanze che gli si sono create intorno, vengono coinvolti in contradditori o repliche e si fanno autocritica. Di conseguenza ci appaiono (in verità non lo sono) sempre più sicure, vincenti, invincibili di come sono ci appaiono. Proprio come non siamo, proprio come vorremo diventare. Così ci innamoriamo della nostra metà...quella che ci manca o vorremmo diventare.
INVECE DI INNAMORARCI,PRIMA DI TUTTO DI NOI STESSI. Che inganno!

Anche chi gravita loro intorno (a questi individui idealizzati) spesso è vittima, se non complice di un sistema che ci limita e separa dalla realtà, da noi stessi e dagli altri. Perchè ci fa apparire ideali, non reali. Crea, ma poi li distrugge, eroi ed eroine. Crea scontri , rivalità, sfide. Inutili. Dannose.

Conosci sicuramente i meccanismi articolati e le dinamiche che motivano tale orientamento diffuso: quello di vedere perfezione ed infallibilità nel soggetto che abbiamo eletto come nostro “salvatore” terreno e verso il quale proiettiamo nostre aspettative ed incapacità.

Chi non si scontra direttamente ed in prima persona con questa realtà (i gravi difetti, i limiti, le mancanze della persona mitizzata) difficilmente potrà rilevare quello che tu hai già sperimentato. Ma credo che non si possa far altro che attendere.

Sai anche che il nascondimento e la fuga, quando sono prolungate nel tempo, sono indizi da leggere e decodificare, come si fa con una malattia. Tu hai degli strumenti per poterlo fare! E allora potrai esercitarti ancora un po’ nella difficile arte della pazienza e dell'attesa. Non ce n’è mai abbastanza in noi, ma se la coltiviamo nel nostro campo, potrebbe espandersi e diventare contagiosa.

Nei prossimi tempi ce ne sarà davvero bisogno e per ora, nessuno la insegna o pratica in prestigiosi corsi...

Molti tra noi, pur ritenendo di conoscere molta verità, ancora non si sono resi conto della pesante situazione che anche inconsapevolmente stiamo contribuendo ad aggravare difendendo ad ogni costo chi pensiamo di amare...
...Sarebbe bello che il nostro grado di consapevolezza fosse così alto per tutti, da poterci intendere con lo sguardo o a distanza, senza uso di azioni, eventi, parole...Ma per ora non è ancora così.
E noi non abbiamo il potere di accelerare o rallentare i tempi che occorrono agli altri.

Se puoi, riposa un po' in questi giorni.

E.U.

venerdì 9 luglio 2010

"Tutti si girano a guardarci quando camminiamo insieme..."


Dall'Ecuador: Fabio Lazzaro si racconta

Caro Fabio, ormai è da un anno che sei in Ecuador, non più come missionario fidei donum della diocesi di Padova, ma semplicemente come Fabio. Sei venuto in Italia per un paio di settimane, e te ne sei tornato subito, come se là fosse la tua casa. Sei sempre convinto di rimanere in Ecuador?
Sí sono sempre piú convinto e felice di rimanere a vivere in Ecuador, é una terra, che nonostante le sue forti contraddizioni, é sempre piú una terra in cui mi sento accolto e di casa.

E' stato semplicemente un caso, oppure hai trovato lì il tuo posto?
Non credo al caso. Credo che c'é sempre un senso a quello che ti succede, che c'é una provvidenza d'amore di Dio che ci accompagna. Siamo noi a volte a non approfittarne. Mi sembra di aver trovato qui il mio posto: c'é una persona che mi ama molto e che anch'io sento unica per me, che riconosco come un bellissimo dono di Dio nella mia vita; c'é una societá e una chiesa che hanno tante potenzialitá e bisogno di qualcuno che aiuti ad aprire gli occhi; ci sono comunitá indigene e contadine a cui mi sento legato che hanno piacere a condividere un pezzo di strada con me e scambiarci reciprocamente doni ed esperienze di vita diverse. Ci sono tante persone care con le quali mi sento legato. C'é una semplicitá di vita che ci aiuta a sentire la presenza di Dio e ci aiuta a tirare fuori il meglio di noi a servizio degli altri.

L'America Latina sembra essere la parte del mondo dove c'è più vivacità sia dal punto di vista politico che ecclesiale, cosa ne pensi?
Dal punto di vista politico e culturale (soprattutto sui temi ambientali) l'Ecuador sta vivendo un momento interessante con tante nuove aperture ad una societá piú giusta e umana. Basta pensare alla nuova costituzione (una delle migliori al mondo) che per la prima volta riconosce diritti alla natura, ma che anche contiene in essa valori della cultura indígena come il "sumak kawsay"(= il buon vivere.)
A livello ecclesiale purtroppo, dal mio punto di vista, siamo in declino (con alcune diocesi come Guayaquil che obbligano i genitori dei bimbi di Prima Comunione ad essere sposati in chiesa, e altre che hanno un vero e proprio tariffario per ogni servizio liturgico), anche il livello del clero a livello morale é basso (molti parroci hanno relazioni sessuali con seminaristi o con donne in segreto, altri pensano al ruolo di prete come a una carriera), ovviamente non tutti, ma di certo la maggioranza non è d'esempio. Inoltre lo stile diffuso é quello di una chiesa (per lo meno in alcune diocesi) fortemente clericale dove il prete decide da solo, é considerato un essere superiore, i laici sono poco appoggiati e accompagnati nella loro formazione, l'approccio spirituale é molto teorico e devozionale, etc, etc.

Dopo secoli dalla conquista delle Americhe e la tratta degli schiavi, com'è la convivenza tra diversi popoli?
E' bella e interessante nelle cittá piú grandi dove ci si é abituati a convivere tra persone di diverse razze (indigeni, meticci, mulatti, negri, bianchi, stranieri), mentre é un po' piú difficile evitare il pregiudizio in cittá piú piccole. Le conseguenze di una razza e di una cultura che per secoli si é creduta superiore sono ancora molto presenti, nelle pubblicitá, nelle banche, in gran parte dei posti di potere si vedono quasi solo bianchi. Gli indigeni e i negri (cioè gli afroecuatoriani) sono considerati ancora inferiori e spesso non aiutati abbastanza a poter avere gli stessi diritti (di fatto). Solo recentemente iniziano a vedersi i disabili (prima c'era vergogna a uscire) e ci sono nuove leggi a loro favore.
Ogni tanto ci sono tensioni tra culture diverse come anche tra bande giovanili diverse, comunque sono molti di piú i segni di integrazione e di convivenza pacifica.

Hai trovato una persona che ti ama e che ami, che riconosci come dono di Dio. Siete "Bianco e nera" in Ecuador. Come lo vivete? Quali reazioni?
E’ una relazione molto bella, ci amiamo nella diversitá, scopriamo quasi ogni giorno dettagli, abitudini, modi di fare diversi, che per ciascuno sono una grande ricchezza. Ovviamente c’é da camminare molto assieme per conoscere veramente la cultura, il passato dell’altro/a ma lo stiamo affrontando con speranza e voglia di crescere e migliorare assieme. Le reazioni tra la gente qui a Latacunga sono praticamente di un solo tipo: tutti si girano a guardarci quando passeggiamo assieme (é quasi impossibile vedere assieme un bianco e una negra, soprattutto dove viviamo ora, perché a Latacunga ci sono moltissimi indigeni e meticci, ma quasi non ci sono afroecuatoriani). Non é facile sentire gli occhi puntati addosso di tante persone ma penso che anche questo sará un nostro dono al cammino di interculturalitá che l’Ecuador sta vivendo, un piccolo segno che non ci devono essere barriere, pregiudizi e strade impossibili da percorrere.

L'osservazione di un nostro compagno di ordinazione: lavori per un'associazione finanziata con l'otto per mille e ti senti libero di criticare alcuni aspetti dell'istituzione-Chiesa che consideri "anti-evangelici", come la mettiamo?
Onestamente non so se arrivino soldi dalla Chiesa alla nostra Fondazione che ha festeggiato in marzo 25 anni di vita totalmente ecuatoriana anche se si appoggia da anni su tanti progetti di paesi europei e di ONG per poter essere aiutata a esprimere sviluppo in tante comunitá provate dalla povertá. Anche fosse questa fondazione é nata come espressione di chiesa dal basso, espressione di amore concreto di persone che hanno creduto nella teologia della liberazione e prima ancora nella novitá liberatrice del Vangelo, che credono in una chiesa diversa, piú vicina alla gente e agli ultimi e che sa essere ecumenica. Lo stile della fondazione é quello di essere critici con la societá quando é ingiusta e aiutare la gente anche a pressioni politiche quando necessario, quindi per natura non ci interessa cosa pensa la gerarchia sul nostro operare (perché non siamo dipendenti) ma ci interessa scoprire di volta in volta forme nuove per aiutare a piccoli miglioramenti sociali e perché la gente abbia i mezzi per non dipendere piú dagli aiuti esterni.

Appena tornato a Padova, hai "affrontato" il clero padovano presentandoti alla celebrazione nel giorno di san Gregorio Barbarigo per salutare amici preti, come ti sei sentito?
Mi sono sentito onestamente “un pesce fuor d’acqua”, non mi sono sentito in un ambiente “mio”, ho preso atto che si é creato un reciproco allontanamento. Mi sono presentato in Seminario per la Messa col Vescovo perché non posso dimenticare l’amicizia di tanti cari preti, tanti aiuti ricevuti, tante cose belle vissute assieme, peró ho sentito che solo l’amicizia (e con molto pochi) e il comune passato é quello che ci unisce... mentre sempre di piú prendo atto che ambienti come questo non fanno piú per me, mi tolgono il respiro, mi mettono a disagio, non mi aiutano a sentire vicino Dio, non mi aiutano a crescere. Alla messa ho preferito non fare la comunione, non mi sentivo in comunione. In gran parte dei casi ho trovato saluti molto freddi nonostante erano mesi o anni che non vedevo a alcuni... ma ho capito che la critica e la non conformitá con tante leggi ecclesiastiche divide perché si ha paura ad ascoltarla, a lasciarci interrogare e mettere in discussione. Quello che mi sono sentito dire é che sputo sul piatto in cui ho mangiato o che offendo la chiesa come fosse una puttana (dimenticandomi che é mia madre).
Io amo la chiesa ma con confini e respiri molto piú ampi, per questo che critico solo quelle espressioni di chiesa che non ritengo evangeliche.

Faccia tosta per alcuni, coraggioso per altri, fra qualche mese ti sposerai con rito civile e benedizione durante la messa. Se non ricordo male, un tempo criticavi chi sceglieva il matrimonio civile, ora invece come ti poni rispetto a questa scelta?
Sempre ho creduto (e credo ancora) che il solo matrimonio civile é troppo poco. L’uomo e la donna, fatti a immagine di Dio, non possono solo firmare un patto di unione ma per forza di cose hanno bisogno di celebrare nello spirito i passaggi piú importanti della loro vita dove Dio si percepisce piú vicino. Nella mia visione passata (primi anni di seminario e di prete) questo voleva dire sposarsi in chiesa. Ora sento che non é obbligatorio, ognuno deve trovare il suo modo di “celebrare il sacramento”, per noi sará una messa con gli amici piú cari e sará sacramento (incontro reale e forte con Dio e tra di noi) anche se non sará sacramento per la gran parte di chiesa abituata a credere solo in 7 sacramenti e con regole ben precise ed escludenti.
Nel libro di Samuele si dice chiaramente nella elezione di Davide che Dio non guarda ció che guarda l’uomo, non guarda l’apparenza, ma conosce e ammira il cuore di ciascuno.
Per questo sempre di piú mi sento in comunione e riscopro tante persone di cuore che sanno essere sincere, che sanno servire, che non sanno giudicare, che non hanno paura del futuro, che sentono che solo possono migliorare visto che da molti sono considerate inferiori e diverse e per questo sono le prime a farsi “prossimo” dei piú lontani, dei piú diversi, dei piú marginati dalla societá e spesso anche dalla chiesa.

Ti facciamo tanti auguri allora, Fabio, compagno di viaggio, per il tuo servizio in Ecuador e per i tuoi progetti.
Per contatti: fabiofubex@gmail.com


Leggi anche Dall'Ecuador la quotidianità della missione

giovedì 8 luglio 2010

Direttamente da Pomigliano

Il segretario della FIM di Napoli e un delegato della Fiat di Pomigliano, hanno raccontato stamattina, durante il direttivo della FIM-CISL di Padova, la situazione aziendale e sociale della loro realtà e hanno spiegato come sono arrivati al famoso accordo, che è stato approvato con un referendum dal 63% dei lavoratori.
Sentire le voci dei diretti interessati fa sempre bene! Certo mancava la versione della FIOM...
A sentire la campana della FIM sembrerebbe che l'accordo, pur essendo peggiorativo rispetto al CCNL, era l'unico modo per non lasciare a casa migliaia di lavoratori, da mesi in cassa integrazione a 700 euro.
Compromesso, responsabilità, sacrifici. E' difficile firmare un accordo che prevede la riduzione del proprio salario mensile di 200 euro, però si può anche fare se lo scopo è la salvezza dell'azienda, dei lavoratori. Passata la crisi, si vedrà! In ogni caso, da esterno, non posso giudicare la scelta di questi lavoratori che hanno cercato un accordo. Vedremo nei prossimi mesi se realmente vi è la volontà di riqualificare l'azienda, portando la produzione della Panda in Italia e non solo. Produttività, qualità, competitività... sono parole che sento spesso, ma vorrei che il vocabolario ne comprendesse anche altre come giustizia, equità e innovazione ecosostenibile: perchè non vengono prodotte Panda ad idrogeno? Guardare al futuro non significa rifare le cose del passato, o copiarle dagli altri, o spostare il lavoro dalla Polonia all'Italia...

Veri o finti applausi

Cito a memoria

Quando lavoravo in Tv dicevo al pubblico di applaudire quando lo riteneva opportuno, di ridere quando la battuta faceva realmente ridere...adesso invece viene costretto ad applaudire in base ad un copione.

Lelio Luttazzi

mercoledì 7 luglio 2010

"Le racconto di una città che muore..."

Ricevo dall'Aquila e pubblico

Tanto per sapere

Ieri mi ha telefonato l'impiegata di una società di recupero crediti, per conto di Sky. Mi dice che risulto morosa dal mese di settembre del 2009. Mi chiede come mai. Le dico che dal 4 aprile dello scorso anno ho lasciato la mia casa e non vi ho più fatto ritorno. Causa terremoto. Il decoder sky giace schiacciato sotto il peso di una parete crollata. Ammutolisce. Quindi si scusa e mi dice che farà presente quanto le ho detto a chi di dovere.
Poi, premurosa, mi chiede se ora, dopo un anno, è tutto a posto. Mi dice di amare la mia città, ha avuto la fortuna di visitarla un paio di anni fa. Ne è rimasta affascinata. Ricorda in particolare una scalinata in selci che scendeva dal Duomo verso la basilica di Collemaggio. E mi sale il groppo alla gola. Le dico che abitavo proprio lì. Lei ammutolisce di nuovo. Poi mi invita a raccontarle cosa è la mia città oggi. Ed io lo faccio.
Le racconto del centro militarizzato. Le racconto che non posso andare a casa mia quando voglio. Le racconto che, però, i ladri ci vanno indisturbati. Le racconto dei palazzi lasciati lì a morire. Le racconto dei soldi che non ci sono, per ricostruire. E che non ci sono neanche per aiutare noi a sopravvivere. Le racconto che, dal primo luglio, torneremo a pagare le tasse ed i contributi, anche se non lavoriamo. Le racconto che pagheremo l'i.c.i. ed i mutui sulle case distrutte. E ripartiranno regolarmente i pagamenti dei prestiti. Anche per chi non ha più nulla.
Che, a luglio, un terremotato con uno stipendio lordo di 2.000 euro vedrà in busta paga 734 euro di retribuzione netta. Che non solo torneremo a pagare le tasse, ma restituiremo subito tutte quelle non pagate dal 6 aprile. Che lo stato non versa ai cittadini senza casa, che si gestiscono da soli, ben ventisettemila, neanche quel piccolo contributo di 200 euro mensili che dovrebbe aiutarli a pagare un affitto. Che i prezzi degli affitti sono triplicati. Senza nessun controllo.
Che io pago ,in un paesino di cinquecento anime, quanto Bertolaso pagava per un'appartamento in via Giulia, a Roma. La sento respirare pesantemente. Le parlo dei nuovi quartieri costruiti a prezzi di residenze di lusso. Le racconto la vita delle persone che abitano lì. Come in alveari senz'anima. Senza neanche un giornalaio o un bar. Le racconto degli anziani che sono stati sradicati dalla loro terra. Lontani chilometri e chilometri. Le racconto dei professionisti che sono andati via. Delle iscrizioni alle scuole superiori in netto calo. Le racconto di una città che muore.
E lei mi risponde, con la voce che le trema. "Non è possibile che non si sappia niente di tutto questo. Non potete restare così. Chiamate i giornalisti televisivi. Dovete dirglielo. Chiamate la stampa. Devono scriverlo."
Loro non scrivono voi fate girare

Adelisa Pitti

Padre vescovo, adotti i figli dei suoi preti

Un appello, un tentativo di chiedere giustizia

Forse è un articolo inutile, sicuramente non riceverò risposte, ma l'ho fatto per solidarietà con queste donne, che soffrono l'abbandono. Mi hanno chiesto di pubblicarlo sul quotidiano di Padova, come per un bisogno di far sentire la loro voce inascoltata. Ecco la lettera, pubblicata ieri su Il Mattino di Padova.

Padre vescovo,
(così ha chiesto di farsi chiamare dai suoi preti), le scrivo questa che più che una lettera è un appello, e uno stimolo alla riflessione rivolto a tutti, comunità ecclesiali e laici di Padova. Utilizzo questo mezzo di comunicazione popolare, adotatto anche da lei per divulgare i suoi messaggi, inviti alla conversione. Questo è un tempo forte per la nostra Chiesa! Vari episodi dovrebbero imporci un'autocritica, seria e serena, per rendere questa crisi l'occasione favorevole per una crescita collettiva.
Dopo il caso Sguotti, la mia breve parentesi, e il recente caso Spoladore (altri casi in vista non ci dovrebbero più stupire), ho come la sensazione che di nuovo scenda un silenzio di comodo, che cerchi di difendere l'immagine e la credibilità di questa Chiesa continuamente provata. Il mancato riconoscimento del figlio, da parte del prete più conosciuto, amato e invidiato della nostra diocesi, e la sua misteriosa irraggiungibilità, mi spinge a rivolgermi a lei, primo responsabile e pastore di un clero così ricco di carismi.
Aldilà del provvedimento disciplinare da lei preso, che sospende l'ex parroco di san Lazzaro dall'esercizio del ministero e dal sostentamento del clero, rimangono dei danni morali e materiali arrecati a persone fisiche che attendono un risarcimento e un sostegno affettivo. Da chi? A chi vengono chiesti i danni che producono, in buona o cattiva fede, i preti della sua diocesi mentre esercitano il ministero? Gli assegni familiari per i figli abbandonati e non riconosciuti dai ministri di Dio?
Padre vescovo, ne conosco almeno due di bambini, figli di preti, che vivono a Padova con la madre e che attendono una visita, un segno di solidarietà, un'adozione a distanza... da parte di uno zio con il colletto bianco o di un semplice uomo di buona volontà. La sorte ha voluto che, nella parrocchia dedicata all'unico uomo che, secondo la tradizione cristiana, è stato resuscitato da Gesù, parroco e collaboratore festivo compissero quasi contemporaneamente lo stesso atto: procreare e poi scappare. Obbedienza al prestigio del celibato o paura di prendersi le proprie responsabilità.
Nonno vescovo, mi scusi l'espressione forte, "religione pura e senza macchia è soccorrere l'orfano e la vedova" ripete continuamente la Sacra Scrittura. Almeno due nipotini, residenti a Padova, attendono la sua amorevole presenza e il suo sostegno economico, per coprire quel tragico vuoto provocato dai suoi figli spirituali. A Dio il giudizio finale, a lei la gestione di questa realtà. E se è solo un problema di soldi, vorrà dire che riprenderò a versare l'otto per mille alla Chiesa Cattolica!
Con fraterna sincerità.

martedì 6 luglio 2010

Gian Antonio Stella a Padova


Razzismo, questione di naso?

Ieri sera sono stato in Piazzetta Gasparotto a Padova incuriosito dal titolo della locandina: "Negri, froci, giudei & Co. L'eterna guerra contro l'altro". Un'iniziativa all'interno di un progetto di rivitalizzazione della zona adiacente alla stazione ferroviaria. Già da tempo le associazioni cercano di contrastare il degrado non attraverso forme repressive ma organizzando eventi che attirino persone, famiglie. Spesso lo spaccio di droghe avviene nelle zone poco frequentate.

Arrivo un po' in ritardo e mi stupisco della grande partecipazione. La Piazzetta non è grande, ma la gente si intrufola dappertutto pur di seguire i racconti di Gian Antonio Stella e le musiche di Gualtiero Bertelli. Quanto bello è vedere tante persone interessate ad una proposta culturale, e che non sia la solita partita di calcio! Ingresso libero, grazie agli sponsor Banca Popolare Etica, Coop, Associazione Mimosa e naturalmente con il contributo del Comune di Padova.

Lo scrittore e giornalista racconta, fatti di razzismo e di discriminazione, dimenticati o volutamente insabbiati. Ci invita a tenere viva la memoria storica, a leggere e informarci, per non cadere in pregiudizi stupidi. Certo molto spesso è semplicemente l'odore, percepibile al nostro olfatto, a escludere il diverso. Per i cinesi noi europei sappiamo da formaggio, per gli amerindi sappiamo da carne morta. A noi però da fastidio l'odore dell'africano. E così via. Razzismo, una questione di odore?

A pochi metri dall'evento, difronte alla stazione, molti stranieri popolano la piazza. Si ritrovano per parlare, qualcuno per affari. Sono soprattutto nigeriani. Saluto Paulin, mi fermo a chiacchierare un po' con lui e i suoi amici, stupiti nel sentirmi parlare in pigin (il dialetto inglese nigeriano). E penso, da una parte un'iniziativa culturale raffinata, dall'altra la realtà cruda, difficile, ma ricca e interessante. Da una parte la teoria, dall'altra la pratica. Perchè non unire le due cose?

Il prezzo di tanto silenzio

Perchè la stampa attacca continuamente la Chiesa? Domanda lecita, che l'amico Renato di Vicenza si pone...

Caro Federico leggo con piacere, o meglio ti seguo, nel tuo blog e in margine alle ultime due riflessioni legate al tema "pedofilia", mi permetto di segnalarti che di fronte al tema non si hanno parole e si rimane sconcertati.
Tuttavia una cosa ti chiedo sulla quale riflettere: non ti pare che l'argomento pedofilia sia un modo per indebolire o attaccare la chiesa dal suo Vertice in giù? Soprattutto perché si sa che la pedofilia avviene soprattutto in casa, in famiglia, nell'80 per cento dei casi. Ora se accade in famiglia non fa notizia, se accade in una parrocchia con un prete allora fa notizia. Pensa ad es. ai casi dei preti che si sposano come te, don Sante e don Paolo Spoladore tutti oggetto di notevole attenzione da parte della stampa. Ma quante sono le coppie sposate che si lasciano e fanno dei figli un pacchetto da spedire al fine settimana da un coniuge all'altro? Eppure quelli non fanno notizia e sono soli più che mai.
Ora ritornando al tema pedofilia va riconosciuto che chi la attua commette abberrazione, ma le vittime da quanto leggo sono state oggetto 30 anni fa di tale violenza. Ora tutti parlano, ma temo che ci sia la volontà - dammene tu conferma - da parte della stampa di indebolire la Chiesa e niente di più, attaccandola su un fronte dove la Chiesa non può più difendersi, ma riconoscere l'errore di aver sempre taciuto. Ma si taceva anche nelle famiglie, questo me lo dice anche mia madre dall'alto dei suoi 84 anni, che da piccola veniva avvisata dalla madre,(mia nonna) quando andavano a far filò, di guardarsi dall'uomo "col difetto" : io pensavo all'uomo gay, mentre invece era il pedofilo che amava farsi le ragazzine, ma si taceva per salvare l'onore della famiglia sia del pedofilo sia della eventuale bambina oggetto del pedofilo: quella bambina sarebbe poi stata rovinata nell'onore per sempre (per me mentalità fascista del fa e non si dice).
Ora io sono ben lieto che si riuniscano a Verona le vittime dei preti pedofili, ma trovo strumentale solo dei preti pedofili, che amplino anche alle famiglie. Vedi tu, sono considerazioni su argomenti così delicati che mi spaventa solo il pensarci: non capisco cosa ci trovino le persone adulte su un bambino/a innocente.
Ciao Renato

Caro Renato,
proprio il fatto di essere cresciuti in una mentalità del "le cose brutte non si dicono"... ora ne paghiamo le conseguenze. In Italia però devi ammettere che si dà un'importanza esagerata ai discorsi del papa, dei vescovi, basta ascoltare i telegiornali! Quindi è vero che alcune notizie sono semplicemente pettegolezzi, però in molti casi, soprattutto all'estero, la stampa ci campa molto su questo controsenso: se un prete non si riconosce come tutti gli altri, anzi ha bisogno persino di un titolo davanti al suo nome, allora un suo errore deve avere più peso, soprattutto se è la perfetta negazione di quanto predica. Mi pare sia questo il punto. Non è un attacco fine a se stesso, credo. E' semplicemente il prezzo che dobbiamo pagare per secoli di silenzio e di omertà, di privilegi e ingiustizie.
A presto
Federico

venerdì 2 luglio 2010

Pensieri sotto l'effetto dell'afa

Con tutto il massimo rispetto per qualsiasi morte, mi chiedo come mai abbia fatto più notizia la morte di Taricone rispetto al suicidio nel carcere di Padova di un detenuto a tre mesi dalla scarcerazione o l'incidente mortale di un operaio di Bovolenta mentre lavorava.

Quale vantaggio porterà all'Africa il mondiale in Sudafrica? Nuovi stadi?
O almeno sappiamo che anche in Africa non fa sempre caldo dappertutto?

Il caldo afoso di questi giorni indebolisce i miei riflessi, l'attenzione, la volontà a reagire alle nuove e peggiorative proposte di legge. Sarà un caso tutta questa fretta nel vararle?

Il 25 settembre 2010 a Verona ci sarà il primo incontro italiano delle vittime dei preti pedofili, organizzato dal gruppo "La colpa". Spero proprio di poter partecipare.