sabato 30 maggio 2009

SONO IN CAMERUN


Domani sera, domenica 31 maggio, io e gli altri compagni di viaggio atterreremo a Douala, capitale economica del Camerun. Da lì inizierà un viaggio nell'Africa vera, quella non raccontata dai mass media, quella che smantellerà i nostri luoghi comuni sul continente nero.

"ATTENTI ALLE MALATTIE!" ci ripetono gli amici che ci vedono partire con troppo entusiasmo.
“CHISSÁ QUANTO CALDO!” mi ricorda l'anziana vicina di casa.
“TROVERETE DEL CIBO COMMESTIBILE?” è la preoccupazione dei buongustai.
Ma soprattutto: “NON C'É IL RISCHIO DI RAPIMENTI, AGGRESSIONI, FURTI?”

... come se là, per forza, deve essere sempre peggio di qua! Ma chi l'ha detto?

Attese, desideri, preoccupazioni, sensazioni... attraversano la mente dei coraggiosi partecipanti: COME SARÁ QUESTA BENEDETTA (da chi?) AFRICA?

L'Africa non esiste, esistono le afriche, esiste la nostra esperienza di Lei. Donna Africa.
DOUALA, LIMBE, YAOUNDE, NGAMBE-TIKAR.
Città, villaggi, persone, colori. Tanta frutta, rigorosamente biologica.

“Ho sempre desiderato conoscere l'Africa – afferma Francesco, impiegato all'Agripolis di Legnaro –
ma ho deciso di farlo attraverso un viaggio che mi permetta di vivere alcuni giorni a contatto con la
gente”. “Immagino l'Africa come una terra di colori – aggiunge Luisella, infermiera all'ospedale
civile di Padova – ma quello che mi preoccupa maggiormente è non conoscere la lingua, in questo
caso il francese”. “Non ho aspettative – sottolinea Mirca, medico terapista del linguaggio – ma ho
sempre ritenuto l'Africa l'ombelico del mondo, e non voglio certo perdermi questa occasione!”

Non ci resta che partire...

P.S. Torneremo lunedì 15 giugno.

mercoledì 27 maggio 2009

E CHE VINCA... LA GIUSTIZIA!

Ieri, martedì 26 maggio, il figlio di Ken Saro Wiwa, leader nigeriano assassinato alcuni anni fa mentre difendeva il suo popolo Ogoni dallo sfruttamento delle multinazionali petrolifere, ha aperto il processo a New York contro la Shell.
Ken Saro denunciava l'inganno delle compagnie petrolifere che occupano il delta del Niger e che incassano tutti i proventi dell'attività di estrazione del petrolio, lasciando nella miseria le popolazioni che camminano sopra quella stessa terra.
Attualmente l'1% della popolazione nigeriana detiene l'80% della ricchezza nazionale.
Nel suo testamento Ken Saro scrisse profeticamente: “La giustizia vincerà” e dopo alcuni anni dalla sua morte il territorio del popolo Ogoni viene risparmiato dall'assalto salvaggio delle multinazionali.
BUONA LOTTA NON-VIOLENTA al figlio di Ken Saro e che VINCA LA GIUSTIZIA!

martedì 26 maggio 2009

PERMESSO DI SOGGIORNO IN NOME DI DIO

I comboniani di Castelvolturno stanno consegnando agli immigrati non regolari "permessi di soggiorno in nome di Dio", in preparazione alla Giornata mondiale dei Rifugiati che si celebrerà il prossimo 20 giugno.
Un gesto simbolico e ricco di significato evangelico e profondamente umano.
Il nome di Dio ultimamente viene abusato per difendere interessi personali ed egoistici. In nome di Dio si sono compiuti i crimini più atroci dell'umanità!

Perchè allora non usarlo anche per dare dignità a persone in difficoltà, emigrate da terre "svuotate" dalla nostra ingordigia e impoverite dalla corruzione?

PER UN CONSIGLIO COMUNALE MULTIETNICO

Padova è una città multietnica, così come molte città italiane. Per questo motivo è necessario che il consiglio comunale rappresenti le differenze culturali presenti sul territorio.

Uno straniero in Italia può votare soltanto se ha ottenuto la cittadinanza italiana, e spesso il riconoscimento avviene dopo 10-15 anni di regolare permanenza. Attualmente sono pochi gli stranieri che potranno votare alle prossime elezioni del 6-7 giugno, e quindi la loro voce non avrà nessun peso.
Tutti i partiti stanno parlando di loro, ma loro non possono esprimere un pensiero. Sono obbligati a rispettare le leggi italiane ma non hanno il diritto di votare.

Dal momento che conosco un candidato consigliere che proviene da una terra martoriata come la Palestina, vorrei proporlo ad amici e conoscenti come persona seria ed affidabile, aldilà del partito che rappresenta.
Gharaba Jamil si candida con il Partito dell'Italia dei Valori, come consigliere del comune di Padova (scheda azzurra), a sostegno del sindaco Zanonato.
“Vivo a Padova da oltre trent’anni. Nella nostra città ho passato la maggior parte della mia vita. A Padova ho completato i miei studi universitari, a Padova ho incontrato mia moglie, cresciuto i miei 2 figli, faccio il medico dentista. Sono sempre stato impegnato socialmente e politicamente nell'ambito della vita della nostra cara città, mi sono impegnato perchè a Padova si vivesse con reciproca comprensione e sicurezza tra tutte le comunità nel rispetto delle diverse culture e contro il degrado”.

Lascio al dottor Gharaba queste mie domande provocatorie ma fondamentali:

*Come dare voce alle minoranze etniche e religiose?

*In una società multietnica ha ancora senso imporre una visione monoculturale (occidentale)?

*Come promuovere una convivenza pacifica nel rispetto di norme stabilite insieme?

*Riusciranno le comunità musulmane ad aprirsi al dialogo con la comunità civile, e viceversa?

domenica 24 maggio 2009

42 ANNI AL POTERE!

Giovedì scorso il presidente del Gabon Omar Bongo, 73 anni, è stato ricoverato da due settimane in gravi condizioni in una clinica di Barcellona, e le sue condizioni, giudicate serie, sono stabili. L'anziano leader, che detiene il primato di longevità alla testa di un paese africano, è da 42 anni alla guida della nazione dell'Africa occidentale, dove giunse al potere con un colpo di stato nel 1967. Il Gabon è il quinto paese esportatore di petrolio del continente.

DDL SICUREZZA: GLI IMMIGRATI REGOLARI SE NE ANDRANNO?

Il nuovo ddl sulla sicurezza dovrebbe incutere timore a tutti gli immigrati clandestini presenti in Italia e a tutti gli extracomunitari che si trovano sulle coste libiche, pronti per raggiungere il Bel Paese. Riguardo alle nuove norme da adottare per arginare il fenomeno della criminalità e della delinquenza legata soprattutto all'immigrazione irregolare, sono stati interpellati gli stranieri onesti presenti in Italia da alcuni anni?
A non credere nell'emendamento della Lega, è anche mia moglie Fidelia, nigeriana, in attesa ormai della cittadinanza italiana. “Qualcuno se ne tornerà a casa, ma non di certo i delinquenti o i clandestini”. Mi vuole far capire che ad andarsene dall'Italia saranno gli stranieri che negli ultimi anni hanno lavorato in regola e sono riusciti a raccimolare un po' di soldi, quelli necessari per tornare al loro Paese d'origine e iniziare una piccola attività redditizia. Il clima di razzismo e di discriminazione, la difficoltà nell'ottenere il passaporto italiano e la pesante burocrazia per rinnovare il permesso di soggiorno stanno scoraggiando proprio gli immigrati che finora hanno cercato di integrarsi nel nostro sistema. Si sentono in qualche modo traditi, perchè non vedono premiato il loro impegno e la loro onestà. Sono stanchi dei giudizi generalizzanti e stanno pensando seriamente di lasciare l'Italia.
Dall'altra parte, invece, chi dovrebbe andarsene non lo farà mai, per i motivi che noi probabilmente non conosciamo. “Chi non ha guadagnato niente, in modo particolare i clandestini che non possono essere assunti con un regolare contratto di lavoro, - continua Fidelia - non potranno mai presentarsi davanti alle loro famiglie a mani vuote, dopo che queste hanno venduto tutto per comprare al loro figlio un biglietto d'aereo per l'Europa.” Lo stesso discorso vale anche per chi sta incassando un sacco di soldi attraverso lo spaccio di droga e lo sfruttamento alla prostituzione. “Se hanno trovato il modo per iniziare questo business, troveranno anche le strategie per fuggire ai controlli e risultare “regolari” davanti alla legge. E poi, qualche mese nelle vostre carceri attrezzate ad albergo, non sconvolgerà di certo i loro piani!”
Insomma questo effetto boomerang del nuovo ddl sulla sicurezza non era stato previsto, nonostante esistano Paesi europei dove ormai è presente la terza-quarta generazione di immigrati e il tempo medio per l'attesa del rinnovo di un permesso di soggiorno si aggira attorno a due giorni lavorativi, e non a due anni. E se gli stranieri che lavorano nelle linee di montaggio di molte fabbriche torneranno ai loro Paesi, i nostri giovani laureati prenderanno il loro posto?

sabato 23 maggio 2009

INTERVISTA A TETTAMANZI: IL FUTURO DI MILANO

Una città smarrita, frantumata, incattivita. Cadono i miti in questa Milano con poco orgoglio e molte paure. Era la città dell’accoglienza. Oggi si discute di apartheid in metrò. Soffia un vento di intolleranza: e a volte il Duomo sembra un fortino assediato. Tempo fa sventolava uno striscione della Lega: «Vescovo di Kabul». C’è chi esagera, anche con le minacce. Il cardinale Dionigi Tettamanzi considera gli immigrati una risorsa e parla a una città che ha perso un po’ della sua anima. «La diversità è sempre un problema — dice — ma noi dobbiamo avere la vista lunga dei profeti, preparare il domani. L’integrazione è più avanti di quel che si pensi: basta imparare dal mondo dei ragazzi, recuperare un po’ della loro saggezza». C’è una paura che nasce dall’egoismo, dall’assenza di visione. «Alla Milano di oggi manca la consapevolezza del suo ruolo, della sua responsabilità verso i propri abitanti e il Paese, della sua vocazione europea». Non c’è futuro senza solidarietà, gli ha scritto una giovane studentessa. La lettera è diventata il titolo del suo ultimo libro. Con la crisi bisogna ritessere tessuti sociali sfilacciati, riscoprire la sobrietà, lavorare per una convivenza più umana. «Dobbiamo assumerci tutti le nostre responsabilità — spiega — chi non lo fa non è solo inutile, è anche dannoso». La notte di Natale ha messo a disposizione dei nuovi poveri e di chi ha perso il posto qualcosa di suo e poi ha detto: ai poveri le case dei preti. Certi immobili del clero sono troppo grandi, possono essere usati da chi ha più biso¬gno. È il concetto del buon samaritano. Si sono perse queste pratiche solidali nella città di Milano? «No. La solidarietà non si è persa a Milano. Ne ho prove concrete. Il Fondo Famiglia-Lavoro ha raccolto in poco più di quattro mesi 4,3 milioni di euro tra la gente. E al tempo stesso nelle parrocchie sono state donate ingenti quantità di denaro per i terremotati d’Abruzzo, in Quaresima dalle mille comunità della Diocesi sono scaturiti senza clamore altrettanti rivoli di solidarietà che hanno dissetato i bisogni di tanti poveri assistiti dai missionari».

Questo è un Paese che riesce a dare il meglio nei momenti di difficoltà. Milano è risorta dalle macerie con un progetto di speranza e di accoglienza...
«Ricordo quei giorni, c’erano le macerie ma anche molti fermenti positivi. Oggi vedo tanta generosità, nonostante la crisi. Ma c’è una condizione che fonda la solidarietà: come si può essere solidali se non a partire da una prossimità offerta e da una condivisione sperimentata? È l’individualismo a minare la solidarietà. Questa forma di solitudine genera in sequenza paura, chiusura, rifiuto dell’altro, specie se portatore di una diversità. Come purtroppo accade verso gli immigrati».

Trova una maggior difficoltà nella borghesia di oggi a donare un po’ del superfluo per chi ha bisogno?
«Da sempre l’esercizio della carità — un esercizio discreto, silenzioso, evangelico — è patrimonio per tante famiglie di ogni estrazione sociale. È un modo per essere responsabili verso la società. Piuttosto mi domando se esista ancora la borghesia della Milano dei decenni scorsi...».

Dov’è Milano e dove sono i milanesi è una domanda ricorrente in questi giorni. Qual è la Milano che si vede dalla stanza del cardinale?
«Milano è una città che sfugge alle semplificazioni immediate e chiede tempo e perspicacia per essere conosciuta e amata. Io vedo una Milano generosa nell’aiutare ma talora diffidente ad aprirsi e a intrecciare legami di conoscenza e arricchimento reciproco, specie se l’altro è portatore di qualche diversità. Vedo anche una città piena di energia, di creatività, di risorse, con la fatica però a fare sistema, a dare piena espressione alle proprie potenzialità attraverso progetti concreti e condivisi di grande respiro e di corale coinvolgimento. L’Expo rappresenta, in questo senso, una grande chance».

Tra polemiche e ritardi, la partenza però non è stata incoraggiante. Bisognerebbe spiegare a Milano cos’è Milano, riunire le tante radici positive in un disegno comune...
«Ci sono oggi tante città impenetrabili: la città della fiera, la città della moda, della finanza, di un gruppo etnico, le periferie, il centro storico... Ma solo una città che ritrova l’ambizione della propria identità civica — pensata come sintesi viva delle sue tante originalità — può tornare a fare appassionare al bene comune e a suscitare il desiderio di una partecipazione responsabile. Una città così ritiene dovere fondamentale garantire un’abitazione decorosa ai suoi abitanti, si preoccupa di tutelare tutti e in modo particolare i deboli. Se invece si alimentano le contrapposizioni questa identità non si realizza, l’atteggiamento della corresponsabilità decresce e scompare, ad alcune categorie di persone non vengono riconosciuti tutti i diritti».

Esiste una vocazione per la Milano del futuro?
«Milano può e deve ritrovare la sua vocazione di capitale morale del Paese, di crocevia dei popoli e di laboratorio italiano della metropoli postmoderna».

Oggi sono più i segnali di allarme o quelli di speranza?
«Io dico che c’è una speranza Milano che può contagiare il Paese intero. Incontro la speranza visitando le parrocchie, seguendo il lavoro pastorale dei miei preti, delle associazioni, del volontariato. Ma questa speranza perché non ha visibilità? Perché non fa notizia? Perché anche i media non si assumono la responsabilità di far circolare la speranza? Servono occhi di speranza per riconoscere quanto c'è di positivo e anche per suscitarlo».

Che cosa chiede il cardinale a chi governa una città complessa?
«Di stare vicino alla gente, alle necessità materiali e spirituali del vivere quotidiano; ma insieme di coltivare una grande apertura al senso alto della politica. Occorre ricondurre tutte le scelte amministrative ad una grande, organica visione di città, consapevoli che Milano è parte e protagonista del sistema Paese. La responsabilità della vita della città e del territorio non può ricadere solo sui suoi amministratori. Tutti sono responsabili di tutto. Ma è compito degli amministratori mettere i cittadini e le associazioni nelle condizioni di dare il proprio insostituibile contributo a beneficio di tutti».

C’è a suo giudizio un rallentamento del processo di integrazione influenzato da calcoli elettorali?
«C’è una fatica della nostra società a confrontarsi con l’immigrazione, una realtà che è un problema ma che resta una opportunità. È all’immigrazione che Milano deve non poco della sua fortuna: questa città è frutto di ripetuti e successivi processi di integrazione. È una memoria da recuperare, una memoria che è incarnata anche dalla sapienza biblica nel libro del Levitico: "Tratterete lo straniero, che abita fra voi, come chi è nato fra voi; tu lo amerai come te stesso; poiché anche voi foste stranieri"».

Come dovrebbe essere la politica dell’accoglienza nella legalità?
«Occorre intervenire per regolare doverosamente il fenomeno migratorio, garantendo la legalità, attivandosi di concerto con le altre nazioni e le istituzioni sovranazionali, sempre nel rispetto dell’inviolabile dignità di ogni persona. Una dignità spesso umiliata nei paesi d’origine degli immigrati: non possiamo dimenticare da quali condizioni fuggono coloro che bussano alle nostre porte. La politica deve muoversi — ma qui le lacune sono evidenti — sul piano della progettazione, per immaginare e realizzare modelli di convivenza e di integrazione, aggregando tutte quelle forze sociali, culturali, educative, istituzionali che ne hanno competenza. Chiesa compresa».

In una recente omelia ha detto che da questa crisi si può uscire migliori. Ne è ancora convinto?
«Cito una frase dell’economista Marco Vitale che mi ha colpito. "Se la crisi aiuterà questa mutazione dovremo essere grati alla crisi, perché ci avrà aiutato a trasformare la paura in energia". Sperimentiamo la paura perché sentiamo venir meno le facili certezze sulle quali abbiamo fondato tanto della nostra vita. Aiutare a trasformare la paura in energia è anche compito delle Istituzioni, della politica, delle agenzie educative, della Chiesa. E la solidarietà è un’energia che si sta già sprigionando. Vorrei che lasciasse il segno».

venerdì 22 maggio 2009

RITA, LA SANTA DELLE CAUSE PERSE!

Oggi,secondo il calendario cattolico, si celebra la memoria di santa Rita, la santa delle cause perse! In tale occasione Andrea Furin, cosciente dell'"inutilità" di tale operazione, consegnerà per le vie del centro di Padova un volantino che ha scritto "con rabbia" - così ci tiene a sottolineare - ma che rispecchia il suo pensiero e che ci tiene a divulgarlo.
E' scritto sotto forma di test, e il risultato mostra se la persona è affetta dal VNCV: "VATICAN: A NON-CHRISTIAN VIRUS"





Ti sta bene che la Chiesa predichi in un freddo teologichese e non riesca a parlare ai cuori?

Ascolti di più i religiosi piuttosto che leggere il vangelo nel segreto della tua stanza?

Sei d'accordo che la Chiesa Cattolica destini il 20% dell'8per1000 in opere di carità mentre il resto vada all'edilizia, alla catechesi, al sostentamento del clero, ivi compresi i lussi della Curia Vaticana?

Sei d'accordo che il Governo destini fondi alle scuole cattoliche e tagli a quelle pubbliche?

Ti va bene che si predichi una doppia morale, una per i ricchi e una per i "normali"?

Ti sta bene la posizione della Chiesa sull'omosessualità, quando i comportamenti sessuali dei religiosi sono spesso coperti?

Ritieni contro natura l'omosessualità e non il celibato obbligatorio dei preti?

Ti va bene che a Natale il papa abbia sfoggiato un mantello damascato d'oro dall'apertura alare di 7-8 metri, mitria con incastonati gemme e diamanti, ecc..., e poi parli di povertà?

Ti sta bene che la politica italiana sia spesso un pappagallo dei cardinali?

Trovi sensate le posizioni ecclesiastiche in materia di testamento biologico, anche considerando le ultime parole di Giovanni Paolo II "Lasciatemi andare alla Casa del Padre"?

Pensi che il preservativo non serva alla lotta contro l'Aids?

Sei d'accordo con la revoca della scomunica ai lefevbriani fatta da Benedetto XVI, pochi giorni prima dell'anniversario del Concilio Vaticano II, vanificando l'operato di due papi precedenti?

Sei contrario alle coppie di fatto, al matrimonio dei preti, al sacerdozio femminile, ai sacramenti ai divorziati risposati?
Consideri meno grave lo stupro dell'aborto (vedi il caso della bambina di Recife, primi di marzo 2009?

Pensi anche tu che disgrazie come gli tsunami siano dei "castighi divini" come ha affermato mons. Wagner di Linz (che Benedetto XVI stava per nominare vescovo a febbraio) a proposito dell'uragano Katrina di New Orleans e dello Tsunami del 2004?

Ancora: sul terremoto dell'Abruzzo credi anche tu, come è stato detto dal direttore di Radio Maria, che "il Signore ha voluto che in questa Settimana Santa anche loro [gli abitanti abruzzesi] partecipassero alla sofferenza della Sua passione"?

Pensi che gli animali sinao creature inferiori e senza un'anima?

Preferisci una Chiesa fatta di paramenti, incensi, riti, cricifissi, ad una chiesa che tenti di ritrovare Cristo in chi è emarginato, disagiato, sofferente?

Affermeresti, se fosse il papa a farlo, che 1+1=3?

SE HAI RISPOSTO "sI'" ALLA MAGGIOR PARTE DELLE DOMANDE FAI ATTENZIONE: SEI AFFETTO DA VNCV: "VATICAN: A NON-CHRISTIAN VIRUS", "VATICANO: UN VIRUS NON CRISTIANO"

per un confronto su questo testo scrivi a andrea.furin@slacky.it

mercoledì 20 maggio 2009

DDL SICUREZZA: VITA ANCORA PIU' DURA PER GLI STRANIERI IN ITALIA

Diventa reato l'immigrazione clandestina
L’immigrazione clandestina diventa un reato. L’articolo 21 del disegno di legge introduce nell’ordinamento italiano il reato di “ingresso e soggiorno illegale”. La pena è un’ammenda da 5mila a 10mila euro. Questo renderà anche possibile denunciare i clandestini all’autorità giudiziaria. E potrebbe quindi far tornare medici-spia e presidi-spia. “A parte la discussione sul diritto ad essere curati che andrebbe difeso - ha commentato Narducci - non riesco a capire come il Governo non valuti le conseguenze di carattere epidemiologico che potrebbero derivare da una tale disposizione anche di fronte al pericolo di nuove epidemie che dovrebbero essere stroncate al loro insorgere. Ma cosa ci possiamo aspettare da un Governo che lascia in balia delle onde, su una nave naufraga, due donne incinte di cui una già cadavere? Non è omissione di soccorso? Dov’è finita la pietas umana tipicamente latina? Spero che ci sia un ravvedimento e si riconsiderino le decisioni prese. Si lasci che i medici, mantenendo fede al giuramento di Ippocrate, guardino il malato semplicemente come una persona da curare e non come un nemico da cacciare”.

Fino a sei mesi nei "Cie" per l'identificazione
L’extracomunitario che arriva in Italia senza permesso di soggiorno potrà rimanere nei Cie (Centri di identificazione ed espulsione) fino a 180 giorni. Ora il periodo è di due mesi.

Via libera alle ronde leghiste ma non potranno essere armate
Le ronde, cavallo di battaglia della Lega, sono previste nell’articolo 46. La norma prevede che gli enti locali «saranno legittimati ad avvalersi della collaborazione di associazione tra cittadini» per segnalare alle forze dell’ordine situazioni di grave disagio sociale o di pericolo per la sicurezza pubblica. In base ad un emendamento di Felice Casson (Pd) le ronde non potranno però girare armate e cooperare fattivamente con la polizia, come era previsto nel testo approvato dalla Commissione giustizia di palazzo Madama. Contraria alla norma l’Associazione nazionale dei funzionari di polizia: «Sarà un boomerang per la sicurezza».

Una tassa da 80 a 200 euro per avere o rinnovare il permesso di soggiorno
Per ottenere o rinnovare il permesso di soggiorno degli immigrati si dovrà pagare una tassa che dovrà essere fissata dal governo tra un minimo di 80 ad un massimo di 200 euro. Si istituisce anche il “Fondo rimpatri” per far tornare gli stranieri ai paesi di origine. Attualmente il costo del rilascio del permesso di soggiorno è di circa 72 euro ed è finalizzato alla mera copertura dei costi di erogazione del servizio, analogamente a quanto avviene per il rilascio del documento d’identità ai cittadini italiani. La modifica introdotta dal disegno di legge appare quindi discriminatoria e irragionevole.


Carcere a chi affitta casa ai clandestini
Si rischia il carcere fino a tre anni, se si dà alloggio o si affitta anche una stanza a stranieri che risultino irregolari al momento della stipulazione o del rinnovo del contratto di locazione. Per questa tipologia di nuovo reato deve configurarsi però anche un "ingiusto profitto".

I bambini invisibili
L’art. 6 del testo unico sull’immigrazione, rende incerta la possibilità di compiere atti riguardanti lo stato civile e l’accesso ai servizi pubblici agli stranieri che non abbiano il permesso di soggiorno. La norma conseguenzialmente impedirebbe la registrazione della nascita di figli di cittadini stranieri irregolari e, in barba alla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989 e l’art. 31 della Costituzione, scoraggia, di fatto, la protezione del minore e della maternità.

QUALE DIO?

(tratto da una riflessione di Alberto Maggi, biblista)

Il 22 aprile Rita Levi Montalcini, grande donna e grande scienziato, ha compiuto ben 100 anni, cento anni in splendida forma intellettuale e morale. Alla richiesta se credesse o no in un dio, la Montalcini ha risposto: “Invidio chi ha la fede. Io non credo in Dio. Non posso credere in un dio che ci premia e ci punisce”.
Le faceva quasi eco, una settimana dopo su Repubblica, nella sua tanto breve quanto interessante Amaca, Michele Serra, il quale prendendo spunto da quei fonda-mentalisti religiosi, sia cristiani che islamici, per i quali l’influenza suina era un castigo di Dio, scriveva che:
“Una delle prove dell’inesistenza di Dio, perlomeno del Dio pedante e cattivo invocato in questi casi, sta nel fatto che alcuni dei suoi seguaci in terra non vengano folgora-ti all’istante ogni volta che dicono una cazzata” (Miche-le Serra, La Repubblica, L’amaca, 29 aprile 2009).
Immediatamente ho pensato a Padre Livio, il famigerato conduttore di Radio Maria il quale nel suo farneticante commento quotidiano ha affermato che, con il terremoto in Abruzzo, il Signore ha voluto associare gli uomini alle sue sofferenze (si era durante la settimana santa). Affermazione di fronte alla quale viene spontaneo chiedere al Signore che, già che c’è, associ alle sue sofferenze anche Padre Livio e tutta Radio Maria…
Uno scienziato, un intellettuale e un prete, tre atei, che in maniera diversa hanno parlato di dio, ma quale dio? Quale è il dio che rifiutano, il dio verso il quale sono indifferenti, che non conoscono, o che manipolano?

sabato 16 maggio 2009

LE PRATICHE FALLIMENTARI DI INTEGRAZIONE

Riporto alcune riflessioni di Bruno Amoroso, co-direttore della rivista Interculture. Troppo "alte" forse per chi governa il nostro paese, intento piuttosto a ricevere voti in campagna elettorale. Il nuovo ddl sull'immigrazione e sulla presunta sicurezza, è di un livello molto basso, scadente oltre che discriminatorio, perchè affronta il fenomeno dell'immigrazione come un problema e non come una realtà da accettare, anche da chi non vuole accoglierla come ricchezza.
Ho paura che misure restrittive non faranno altro che aumentare la rabbia e l'odio tra tutti.
Le pratiche di integrazione sono state finora fallimentari, come osserva Amoroso. Ne nasce quindi una auto-riflessione sul rapporto con l'altro, il diverso.


[...] "L'interesse per l'intercultura si è esteso in Europa per il crescere di comunità di provenienza da altri paesi dentro i confini degli Stati nazionali. Avvertire un problema non è di per sé garanzia di corrette interpretazioni e soluzioni.
Il nostro radicamento in forme di pensiero acquisite con la pratica di integrazione ritenuta necessaria per consentire anche ad altri di accedere alla superiorità dei nostri sistemi ha prodotto una interpretazione particolare dell'intercultura. Questa è concepita come un metodo di trasmissione dei nostri valori e sistemi ad altre culture e comunità. L'idea base è il travaso da un recipiente pieno, il nostro, a un recipiente vuoto, il loro, pronto a lasciarsi riempire dai nostri contenuti. L'ipotesi che forme e valori possano essere diversi e che questo debba influenzare le forme di organizzazione della convivenza viene respinta come un abbassamento del livello di qualità della nostra esistenza, giusta e quindi non negoziabile, piuttosto che un suo possibile arricchimento.


Qual è il bilancio di queste pratiche di integrazione? Il bilancio è fallimentare, come dimostrano gli eventi recenti verificatisi in paesi che hanno introdotto pratiche diverse e con diversi livelli di efficienza. Gli approcci adottati possono ridursi schematicamente a quattro:

1)Inserimento: si tollera l'altro con le sue peculiarità culturali, ma lo si considera “straniero”, cioè diverso a titolo permanente ed irriducibile. Questa pratica è stata utilizzata spesso in vari paesi per esigenze di occupazione in settori particolari dell'industria, o per i rifugiati politici in situazioni di emergenza, ma ha funzionato solo fino a quando si è trattato di presenze limitate numericamente e nel tempo.

2)Assimilazione: si accetta l'altro, ma non la sua “diversità”; lo si riceve senza discriminazioni ma a condizione che rinunci alle sue specificità ed adotti al più presto i valori ed i comportamenti della società di accoglienza. Queste pratiche adottate in numerosi paesi europei (Francia, Inghilterra, Belgio ecc...) negano la diversità e comportano quindi una compressione di valori e di culture diverse. Le identità represse riemergono poi sotto forma di nostalgia e di rancore, dando luogo ad esplosioni di ira, specialmente se sopravvengono delusioni per aspettative non realizzatesi e promesse tradite. I fatti di Londra e Parigi possono spiegarsi così.

3)Integrazione: è un processo nel quale ci si preoccupa di difendere i valori fondamentali della società di inserimento, e si punta ad un graduale inserimento dei “nuovi venuti”. L'insediamento prolungato produce effetti di reazione e di rivolta che, contrariamente alle previsioni, tendono ad accentuarsi con la seconda e terza generazione di emigrati (Paesi nordici).

4)Il melting-pot, cioè la coabitazione tra gruppi etnici nazionali diversi, ciascuno dentro i propri ambiti culturali e spaziali, ma imponendo a tutti il rispetto delle leggi e procedure imposte dallo Stato e dettate dalla cultura dominante. Pratica tipica degli stati Uniti e Canada, ma che va diffondendosi in Europa. Il carattere instabile di queste costruzioni sociali è dimostrato dal permanere del razzismo nelle società che la praticano". (prof. Bruno Amoroso)

venerdì 15 maggio 2009

IN MEMORIA DELLE VITTIME DELL'OMOFOBIA



(...in coincidenza con le parole di Fini: "Sull'omosessualità Italia in ritardo")

Non è soltanto l'extracomunitario ad essere oggetto di violenze gratuite o di discriminazioni sociali, ma anche chi vive la propria sessualità in modo diverso da quella che il modello unico presenta come “normale”. L'omofobia e la transfobia non sono fatte solo di atti violenti, del singolo o del branco, sono anche presenti nel linguaggio, nelle parole e nelle immagini, nella strumentalizzazione dell'immagine e delle storie personali. Nonostante in Italia nel solo 2008 ci siano stati 9 omicidi, 45 aggressioni e numerosi atti vandalici e di bullismo basati su omofobia e transfobia, il nostro è uno dei pochissimi paesi europei che non abbia legiferato a favore del riconoscimento dei diritti civili di cui devovo poter godere le persone che vivono in coppie di fatto omosessuali ed eterosessuali. Una posizione che purtroppo si trova in linea con tutti i paesi fondamentalisti (islamici e non) che all'ONU bloccano ogni iniziativa volta a depenalizzare l'omosessualità.
II rapporto “Omofobia e discriminazione in base all'orientamento sessuale e all'identità di genere negli stati membri dell'Unione Europea” denuncia infatti numerosi episodi di violenza contro lesbiche gay transessuali negli ultimi cinque anni, riferisce di una situazione in cui "un significativo numero di persone lgbt (lesbiche-gay-bisessuali-transessuali) nasconde il suo orientamento sessuale ai parenti per evitare discriminazione all'interno della famiglia”.
Contro la tragedia della sottocultura omofobica, transfobica, sessista, razzista, occorre un profondo impegno culturale, occorre conoscenza, occorrono battaglie per la laicità anche quando la legge dovesse davvero garantire i diritti e perseguire gli oppressori. Bisogna moltiplicare le iniziative (nelle scuole, nei luoghi di lavoro) perché si conosca la realtà delle persone gay, lesbiche e transessuali, al di là dei pregiudizi e delle manipolazioni televisive. Così come tenta di fare il Gruppo Emmanuele, persone omosessuali credenti, presente a Padova da alcuni anni, organizzando una veglia di preghiera in memoria delle vittime dell'omofobia, in occasione della Giornata Mondiale contro l'Omofobia, venerdì 15 maggio alle ore 20.45 presso la chiesa di Santa Caterina in via Cesare Battisti.

“Non possiamo stare in silenzio – sostiene il coordinatore del gruppo - quando milioni di uomini e donne soffrono nel mondo (minacciati, torturati e anche uccisi in alcuni Paesi) solo perché esistono, perchè amano e vogliono vivere l’affettività che il Signore ha dato loro”.

Certo, qualsiasi opinione ci siamo fatti riguardo alle persone omosessuali o con un differente orientamento sessuale dal nostro, non possiamo ignorarne nè l'esistenza nè le grosse difficoltà che devono superare per farsi riconoscere da questa società.

mercoledì 13 maggio 2009

SE VOI FOSTE PERSONE NORMALI

di Moni Ovadia

Se foste un rom, quella di Salvini non vi apparirebbe come la sortita delirante di un imbecille da ridicolizzare. Se foste un musulmano, o un africano, o comunque un uomo dalla pelle scura, il pacchetto sicurezza non lo prendereste solo come l'ennesima sortita di un governo populista e conservatore, eccessiva ma tutto sommato veniale.

Se foste un lavoratore che guadagna il pane per sé e per i suoi figli su un'impalcatura, l'annacquamento delle leggi sulla sicurezza nei luoghi di lavoro non lo dimentichereste il giorno dopo per occuparvi di altro. Se foste migrante, il rinvio verso la condanna a morte, la fame o la schiavitù, non provocherebbe solo il sussulto di un'indignazione passeggera.

Se foste ebreo sul serio, un politico xenofobo, razzista e malvagio fino alla ferocia non vi sembrerebbe qualcuno da lusingare solo perché si dichiara amico di Israele. Se foste un politico che ritiene il proprio impegno un servizio ai cittadini, fareste un'opposizione senza quartiere ad un governo autoritario, xenofobo, razzista, vigliacco e malvagio.

Se foste un uomo di sinistra, di qualsiasi sinistra,non vi balocchereste con questioni di lana caprina od orgogli identitari di natura narcisistica e vi dedichereste anima e corpo a combattere le ingiustizie.

Se foste veri cristiani, rifiutereste di vedere rappresentati i valori della famiglia da notori puttanieri pluridivorziati ingozzati e corrotti dalla peggior ipocrisia.

Se foste italiani decenti, rifiutereste di vedere il vostro bel paese avvitarsi intorno al priapismo mentale impotente di un omino ridicolo, gasato da un ego ipertrofico.

Se foste padri, madri, nonne e nonni che hanno cura per la vita dei loro figli e nipoti, non vendereste il loro futuro in cambio dei trenta denari di promesse virtuali.

Se foste esseri umani degni di questo nome, avreste vergogna di tutto questo schifo.

Fonte: L'Unità 09.05.2009

martedì 12 maggio 2009

ITALIA MULTIETNICA: L' "INTESA" A RISCHIO

L'Italia è già un Paese multietnico. L'avevo già pensato io, prima ancora che l'ufficio stampa del Vaticano facesse girare la stessa espressione. Guardando in faccia mia moglie nigeriana e ammirando le mie due figlie mulatte, ho l'Africa in casa. Non ha proprio nessun senso gridare “No ad un Italia multietnica”, anche se tale messaggio dovesse arrivare dal “nostro” presidente del Consiglio. Sì, proprio lui, che viene presentato dal suo padre spirituale come “uomo di grande fede e profondità religiosa!”, si rifiuta di accogliere essere umani, figli di Dio, in preda alla disperazione. “Per lui – continua don Zuliani - l'educazione cristiana è il cardine del fare”. E sul fenomeno degli sbarchi a Lampedusa il quotidiano della Santa Sede sottolinea “la priorità del dovere di soccorso nei confronti di chi si trova in gravi condizioni di bisogno”.
Per quanto tempo ancora assisteremo a queste assurde contraddizioni all'italiana che non fanno altro che allontanarci dalla politica? A quando il divorzio tra Berlusconi e la CEI? E il Papa, come una moglie tradita, restituerà al premier il crocifisso di pietre preziose che devotamente gli ha offerto in dono per rinnovare lo storico connubio?
Probabilmente arriverà una smentita. La coalizione centrodestra-Chiesa Cattolica deve rimanere unita per promuovere i valori cattolici e anti-evangelici del no: no al testamento biologico, no alla fecondazione artificiale, no ai pacs, no al preservativo, no al relativismo, no alle moschee, no...
Ora, la posizione ufficiale della Chiesa però non può essere di totale rifiuto nei confronti degli immigrati, e per questo si è giustamente astenuta dall'appoggiare il suo miglior rappresentante politico. Senza i volti stranieri che ringraziano i sacerdoti romani, come farebbero ad intenerire i cuori degli italiani e ricevere l'otto per mille? No, benedire una portaerei in partenza per l'Iraq si può anche fare, ma respingere donne, bambini, possibili rifugiati politici... questo proprio no! Il buon senso della Chiesa rappresentato dalle parole di monsignor Agostino Marchetto, quasi quasi commuove anche un prete come me. Ma rimane comunque un atteggiamento ambiguo e contradditorio, se letto nel contesto generale del pensiero della dottrina cattolica. Prima alza la voce a difesa dei rom, adesso dei clandestini. E allora: quando si accorgerà la Chiesa-istituzione che non potrà mai essere rappresentata in politica da persone e partiti che non hanno niente a che fare con il Vangelo? Se conoscessero il Vangelo, i paladini dell'identità cristiana staccherebbero subito i crocifissi dalle scuole e dalle banche per prendersi cura dei crocifissi viventi, sposterebbero lo sguardo dalle abusate “radici cristiane” per confrontarsi sui buoni frutti del loro operato.

domenica 10 maggio 2009

LE SFIDE DELLA DIVERSITÁ


di Kalpana Das (nella foto)
direttrice generale dell'Istituto Interculturale di Montreal, Canada,
presente come relatrice a Bologna dall'8 al 10 maggio
per il convegno nazionale "Quale intercultura"


In un momento in cui il presidente del consiglio del nostro Paese afferma "No a un'Italia multietnica", queste parole, di straordinaria profondità, vogliono farci respirare aria nuova. Siamo ancora molto lontani dall'ideale che Kalpana ci offre, ma per camminare è necessario guardare l'orizzonte!

É evidente che siamo immersi nella diversità i nelle differenze, sul piano intra-culturale o sul piano inter-culturale. Ogni giorno ci troviamo di fronte a queste sfide in moltissime situazioni della nostra vita: nelle nostre conversazioni in famiglia o fra amici, nel socializzare con comunità diverse dalla nostra, nei luoghi di lavoro, nelle arene professionali, nei dibattiti politici e nelle attività economiche, e così via. Queste sfide sono di ordine diverso e non sono soltanto negative, conflittuali o destabilizzanti. Se affrontate con sincerità, diventano i più efficaci strumenti di “trasformazione”.
Anche se il bisogno di coesione e di pace è molto sentito nel mondo di oggi, io sono fortemente convinta che abbiamo bisogno di qualcos'altro perchè ciò possa essere raggiunto, e ritengo che l'obiettivo sia la trasformazione all'interno delle persone, delle famiglie, delle comunità e delle società. A mio avviso, le migliori politiche gestionali messe in atto dagli Stati, per quanto utili, non sono sufficienti se non si avvia una trasformazione in noi come persone appartenenti alle nostre rispettive comunità che compongono le nostre società.
Per questo dobbiamo impegnarci in un processo che vada al di là della sensibilità culturale, della tolleranza razziale e dell'onestà, della giustizia e dell'integrazione delle minoranze e delle loro comunità nella cultura dominante della modernità, come sembra essere all'ordine del giorno in tutti gli Stati-Nazione. Bisognerebbe avere ben chiara in mente la distinzione fra sensibilità culturale e interculturalità. Si può imparare ad essere sensibili alle differenze culturali senza lasciarsi trasformare da esse. L'interculturalità richiede questa trasformazione. [...]
A livello personale, come affrontare il profondo senso di sestabilizzazione o di minaccia alla propria identità che si avverte in presenza dell'”alterità” dell'altro? Tutto quello che si sa, tutto quello in cui si crede viene improvvisamente messo in discussione.
All'interno della famiglia, come si pongono i genitori di fronte a modi di crescere o di educare i figli che sono loro estranei e che essi ritengono inaccettabili in una comunità culturalmente diversa?
Come affrontano la situazione di un matrimonio inter-razziale, inter-culturale o inter-religioso dei loro figli?
Come ci assumiamo la responsabilità di fare i conti col peso del nostro passato storico, di creare nel nostro presente modi di vivere conviviali, contenendo tutte le forze distruttive dell'erosione culturale e del genocidio culturale, e di tracciare una via di saggezza per le generazioni future?

sabato 9 maggio 2009

L'INCOMPETENZA CREA DISCRIMINAZIONE

L'incompetenza crea discriminazione, e di conseguenza l'essere discriminati porta alla rabbia e alla violenza. Soprattutto se a negare le leggi della costituzione italiana è un dipendente dell'USSL che durante il giorno incontra molte persone.
É successo una mattina di qualche mese fa, quando mi sono recato in via E. degli Scrovegni a Padova per richiedere la tessera sanitaria per mia figlia, appena nata. Ho portato con me tutta la documentazione necessaria: atto di nascita, codice fiscale, libretto sanitario della madre. Doveva essere una semplice operazione, affidata al computer, quando ad un tratto mi sento rivolgere da una segretaria questa sconvolgente affermazione: “Sua figlia non ha la cittadinanza italiana! Devo farle un tesserino valido soltanto per tre mesi.” Ma come? Ribatto sconcertato. “Proprio così! Essendo la madre della bambina di nazionalità nigeriana, di conseguenza sua figlia assume matematicamente la nazionalità di sua moglie. Purtroppo è una legge assurda, lo riconosco, ma devo attenermi a tali disposizioni.”
Legge assurda? Non credevo ai miei orecchi. Io e mia moglie ci siamo sposati in municipio a Padova. Appena è nata nostra figlia l'ho riconosciuta davanti all'ufficiale del comune e mi è stato consegnato un regolare attestato. Per un attimo mi sono sentito straniero nel mio Paese dove 34 anni fa sono nato. Ho avuto la netta sensazione che mia figlia non fosse considerata italiana pura, perchè contaminata da una razza inferiore. D'istinto ho imprecato contro lo stato italiano e mentalmente ho rinnegato le mie radici lasciandomi trasportare da una rabbia viscerale, perchè non c'è sofferenza peggiore per un padre che vedere negati i diritti ai propri figli, gli stessi diritti che invece valgono per lui. Avrei voluto strappare il mio libretto sanitario, e volare lontano in un Paese più democratico e civile del mio. Ma alcune mie conoscenze all'interno dell'ufficio anagrafe sono bastate per farmi passare la collera e attribuire all'incompetenza della signora allo sportello la causa di quel naturale sfogo. Al telefono la voce del funzionario pubblico le cantava: “La legge italiana è molto chiara. All'articolo 1 della legge del 5 febbraio 1992, n. 91 dice che “è cittadino italiano per nascita: il figlio di padre o di madre cittadini; chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono. É considerato cittadino per nascita il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza.”
Capisco ora il disagio di molti stranieri che, allo sportello di vari uffici, ricevono umiliazioni da parte di dipendenti incompetenti. Così come capisco il disagio di molti cittadini padovani alle prese con la criminalità legata all'immigrazione. Ma una cosa è certa: ognuno ha le proprie responsabilità, nel cercare di rendere la nostra città più vivibile e meno violenta.

venerdì 8 maggio 2009

OTTO PER MILLE E MINORANZE RELIGIOSE

Dichiarazione dei redditi: a chi destinare l'otto per mille?

-Se non barri la casella dell'otto per mille i tuoi soldi andranno automaticamente alla Chiesa cattolica In base ad un accordo con lo Stato italiano, la Chiesa Cattolica con il 34% di indicazioni in suo favore raccoglie quasi l'87% del gettito complessivo. Utilizzando le entrate in questo modo: 80% al culto e 20% alle opere di carità.

-La scelta “stato” ha una sua valenza “politica”: dice chiaramente che le tasse dei cotribuenti devono rimanere allo stato, e le religioni devono autofinanziarsi. L’utilizzo che ne fa lo stato è discutibile, vero, occorre fare pressione perche’ venga utilizzato tutto per calamità naturali (anche prevenzione!) e scopi umanitari (non guerre preventive!).

-C'è chi non versa soldi alle chiese e nella dichiarazione dei redditi mette la crocetta alla voce “esente dalla tassa di culto” (tassa piuttosto salata in Svizzera e Germania).


-La scelta invece di devolvere l'otto per mille alla Chiesa Valdese non è solo un modo per scegliere il “male minore” evitando di farlo confluire nel tesoro della Chiesa Cattolica Italiana, ma è un gesto concreto per appoggiare e sostenere le MINORANZE RELIGIOSE. Inoltre i valdesi dichiarano, rendendo pubblici e consultabili la somma delle entrate e la loro destinazione, di usare quei soldi esclusivamente per motivi “umanitari” e non a scopo di culto-lucro. Per tale motivo le firme espresse a loro favore sono costantemente aumentate negli ultimi anni, raggiungendo la cifra di 264.676 firme, pari all’1,6% dei contribuenti.

Sostenere le minoranze religiose presenti in Italia, dove sembra ancora scontato che tutti siano cattolici di rito latino, è un modo per dare uguale dignità a diverse espressioni di fede. Parlo dei valdesi così come degli anglicani, ma anche dei musulmani o dei buddisti.
Pur essendo cattolico, cresciuto quindi in ambienti cattolici e avendo ricevuto una formazione cattolica, credo di vivere la mia cattolicità, cioè universalità, promuovendo atteggiamenti di apertura, di ascolto, di dialogo... piuttosto che comportamenti di paura, di chiusura e di giudizio. Altre interpretazioni della Scrittura, altri modi di manifestare la propria spiritualità, altri nomi e tradizioni, non metteranno mai a rischio la mia identità, perchè credo di non avere la Verità. Solo chi crede di possere la Verità avrà paura di perderla! Io credo piuttosto in un cammino universale, dove varie identità si incontrano e si arricchiscono, in vista di un maggiore benessere personale e comunitario.

martedì 5 maggio 2009

CAMPAGNA ELETTORALE

- il ministro degli interni deve ancora decidere i colori delle schede elettorali: mossa tattica? Del resto il centro destra è in ritardo rispetto al centro sinistra nella scelta dei candidati e nella campagna pubblicitaria.

- Veronica Lario riuscirà a togliere voti a Berlusconi e al suo partito?

- Come mai in questi giorni si notano soltanto i manifesti del centro (Casini), del centro-sinistra (PD e Di Pietro) e della sinistra? Quale tattica userà la destra per comprare la fiducia degli italiani?

- i candidati di Casini per le europee confermano il target di persone che vuole attirare: cattolici fondamentalisti (Magdi Allam) e borghesi (Emanuele Filiberto).

- a Padova la scelta di candidare Marin come sindaco per il centro destra ha sollevato non poche polemiche. Non solo perchè tutto è stato deciso a Roma ma anche perchè non gode di grandissima simpatia all'interno del suo partito.

- sempre a Padova mancano motivazioni valide da parte dell'opposizione per bocciare Zanonato. La moschea non si farà più e poi più sceriffo di lui?

venerdì 1 maggio 2009

FRANCO OPERAIO STANCO


“L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” quando c'è, naturalmente, e quando non rende schiavi, come spesso succede.
Vi presento Franco, operaio di professione, gran lavoratore in tempo di crisi mondiale. É sulla cinquantina e non ha segni particolari, oltre l'accento dialettale veneto e l'intercalare qualche bestemmia. L'ho incontrato come compagno di linea, in catena di montaggio di una grande fabbrica metalmeccanica di Campodarsego con più di 700 dipendenti. Da quando ha iniziato a lavorare - mi racconta - ce ne sono stati di cambiamenti. L'azienda si è ingrandita e le relazioni un tempo amichevoli e familiari si sono trasformate in freddi rapporti lavorativi. Accanto a lui marocchini e rumeni, nigeriani e senegalesi si muovono con più disinvoltura e spensieratezza.
Franco attualmente si sente l'ingranaggio di una grande macchina che aumenta continuamente la velocità, secondo i criteri competitivi della globalizzazione. É stanco e insoddisfatto mentre maneggia con alienante ripetitività le macchine utensili, strumenti inermi che alimentano la nostalgia per il contatto fisico con l'umano. Karl Marx, dimenticato o sconosciuto, diceva che nella società capitalistica “il lavoro produce per i ricchi cose meravigliose, ma per gli operai produce soltanto privazioni. Produce palazzi, ma per l'operaio spelonche. Produce bellezza, ma per l'operaio deformità... Produce cose dello spirito, ma per l'operaio idiotaggine e cretinismo”.
Franco comincia ogni giornata pensando a che punto è della settimana, contando i giorni che mancano per arrivare al venerdì, al week-end, alle ferie, alla pensione. Scorrono le settimane, i mesi e gli anni finchè i capelli si diradano e la pelle diventa dura e irruvidita. Mi son chiesto che ne è di una persona che non fa che desiderare la fine della settimana? Affretta semplicemente la venuta della morte, mentre la sua vita passa più rapidamente davanti ai suoi occhi. Sogna la pensione come l'inizio di una nuova vita, scandita da ritmi più naturali e circondata dall'affetto dei suoi cari. Ma è proprio necessario arrivare al pensionamento per vivere bene ed essere felici?
Franco è solo quando beve al Bar Centrale assieme ai suoi colleghi, consapevole che l'apparente solidarietà da cameratismo non potrà mai aiutarlo ad affrontare e risolvere le sue difficoltà: una figlia disabile che lo ha escluso da vecchie amicizie, e soprattutto lo ha rassegnato all'idea di non poter mai avere una famiglia normale come tutti quanti, o quasi. “Ognuno ha le sue disgrazie! Non serve piangersi addosso!” risponde a quanti si lamentano della loro particolare situazione. Lo riconosce con estrema lucidità ma nello stesso tempo si lascia andare ad una sorta di disperazione, finchè non troverà un senso o uno scopo al suo presente, qui e ora, che gli permetta di vivere con dignità e libertà. Il nastro scorre sette o otto ore al giorno e poi si ferma, poi inizia la vera sfida!