mercoledì 21 novembre 2012

Verso il natale...



Vito Mancuso ha pubblicato su Repubblica del 21 novembre 2012 una riflessione sull'ultimo libro del papa "L'infanzia di Gesù". Secondo il teologo è un testo che tralascia le analisi di molti teologi e biblisti ignorando le tante contraddizioni dei vangeli dell'infanzia di Gesù.
Il bambin Gesù del papa - Quei racconti diversi sull'infanzia del Cristo
di Vito Mancuso
Con il volume intitolato L’infanzia di Gesù che arriva oggi in libreria nei principali paesi del mondo, si conclude l’opera complessiva di quasi mille pagine in tre volumi dedicata da Joseph Ratzinger a Gesù di Nazaret. Con essa egli intende far tornare i cattolici a identificare narrazione evangelica e storia reale come avveniva fino a qualche decennio fa, prima dello sviluppo della moderna esegesi storico-critica. Raggiunge l’autore il suo obiettivo? A mio avviso no., perché si tratta di una mission impossible.
Tutti amiamo il Natale con la sua atmosfera di gioia e di pace, e questo nuovo libro del Papa è di grande aiuto nel viverne la spiritualità. L’oggetto sono i primi due capitoli del Vangelo di Matteo e del Vangelo di Luca, i cosiddetti “vangeli dell’infanzia”. Per secoli essi sono stati letti come reali resoconti storici, ma oggi l’esegesi biblica storico-critica è pressoché unanime nel dichiarare il contrario. L’obiettivo del Papa è che i vangeli dell’infanzia possano tornare a essere letti come storicamente fondati.
[...]
Ma, come tutti coloro che prima di lui hanno tentato di armonizzare racconti evangelisti, anche Ratzinger sorvola sulle contraddizioni tra i resoconti di Matteo e di Luca. Sono esse a rendere impossibile una storia dell’infanzia di Gesù degna di questo nome, come ritengono studiosi del calibro di Brown, Sanders, Meier, Dunn, Barbaglio, Fabris, Maggioni, Jossa, Ortensio da Spinetoli, Pesce e molti altri. Certo tra Matteo e Luca vi sono elementi comuni: l’identità dei genitori, l’annuncio angelico, il concepimento di Maria senza rapporti sessuali con il marito, la nascita a Betlemme sotto il regno di Erode, il trasferimento a Nazaret. Ma vi sono anche discordanze che non possono essere armonizzate: prima della nascita di Gesù Maria e Giuseppe o risiedevano a Nazaret (Luca) o risiedevano a Betlemme (Matteo); il loro viaggio da Nazaret a Betlemme o ci fu (Luca) o non ci fu (Matteo); Gesù nacque o in casa dei genitori (Matteo) o in una mangiatoia (Luca); la strage dei bambini di Betlemme o accadde (Matteo) o non accadde (Luca); i genitori fuggirono in Egitto per salvare il bambino dai soldati di Erode (Matteo) o andarono al tempio di Gerusalemme per la circoncisione senza che i soldati di Erode si curassero del bambino (Luca); la famiglia da Betlemme o tornò subito a casa a Nazaret di Galilea (Luca), oppure si recò a Nazaret solo dopo essere stata in Egitto e per la prima volta (Matteo).

giovedì 1 novembre 2012

Far paura alla morte!

In questi giorni ricorre la festa di Tutti i Santi e dei Defunti.
Non possiamo però ignorare come la festa di Halloween, che non appartiene alla nostra tradizione culturale, stia diventando sempre più popolare e commerciale.
"Cosa fai questa sera?" - mi chiede un collega - "Niente di particolare e tu?" - rispondo io - "Faccio con mio figlio la zucca di Halloween!"
Torno a casa e trovo mia figlia con il viso truccato. "Una mia compagna di classe ha voluto disegnarmi del sangue sulla faccia!"
Perchè tutta questa ritualità, questi simboli, questa voglia di travestirsi da morti?

Cerco di trovare alcuni collegamenti in riferimento all'esperienza della morte nelle varie tradizioni.

I malati, i lebbrosi, i "quasi morti" al tempo di Gesù, stavano alle porte della città. Lontano dalle relazioni sociali, perchè la religione insegnava che chi toccava un lebbroso diventava impuro. Chi non preferisce "tagliarsi" la parte che scandalizza, andrà tutto intero nella Geenna, la discarica di Gerusalemme.

Nella cultura africana tradizionale i malati venivano scarificati, e messi vicini alla spazzatura. Ancora oggi molti africani immigrati in Italia hanno sul corpo dei segni che nemmeno loro sanno spiegarne il perchè. Erano ancora piccoli, colpiti da qualche grave malattia. Anche da adulti, uomini e donne malati, venivano ulteriormente imbruttiti come per far paura alla Morte stessa. "Morte, non prènderteli! Sono talmente brutti..." Vi è una personificazione della Morte, che rende il rapporto più spontaneo. Fuori dalle case degli africani che vivono nei villaggi, vi è la tomba con i resti dei loro antenati. Immediatamente fuori casa, che quasi quasi ci inciampi con i piedi. Sono loro a proteggere la famiglia.

Ho collegato a questa tradizione, il bisogno che oggi molte persone hanno, in occasione di Halloween, di assumere aspetti simili ad un moribondo, ad un vampiro. Bisogno di sfidare la Morte. Alcuni psicologi affermano che per sconfiggere una paura per qualcosa, occorre affrontare faccia a faccia ciò che provoca questa paura. Fino a non molto tempo fa, quando i vecchi morivano lentamente davanti agli occhi dei figli e dei nipoti, la morte era conosciuta di più. E forse certi gesti di sfida nei confronti della morte, non esistevano.
Rimane però la tendenza ad isolare il malato nella nostra cultura occidentale moderna. I malati, pur essendo curati con tecniche sempre più efficaci, vengono comunque messi fuori dalle relazioni quotidiane. Gli ospedali, per vari motivi, sono sempre più chiusi alle visite. Sia al momento della nascita di un bambino, quando una donna partorisce. Sia al momento della morte, quando un malato si trova in gravi condizioni.