domenica 17 gennaio 2010

IL FUTURO DI HAITI

LO SCIACCALLAGGIO DELLE FANTA-ASSOCIAZIONI
E LA COSTRUZIONE DELL'IDENTITA' DI UNO STATO


Quale prezzo sta pagando il Paese più povero delle Americhe, pur di far sentire la sua voce nel bel mezzo di una crisi mondiale? Durante il "filo diretto" con Gian Antonio Stella, giovedì mattina su Radio3, Elvio Beraldin di Padova ha fatto notare agli italiani in ascolto: "Questo Paese lo conosco molto bene, per i progetti avviati da alcuni anni dall'associazione di solidarietà Rete Radiè Resch. La repubblica di Haiti è uno Stato dimenticato da tutti e che solamente a causa di un tragico terremoto è riuscito a sprofondare al centro dell'attenzione internazionale". I cento mila cadaveri da smaltire basteranno a dare dignità al resto della popolazione superstite?
L'inferno all'interno del paradiso caraibico, esisteva già prima dell'ultima catastrofe, aldilà dei cancelli che separano i prestigiosi villaggi turistici dalla miseria più nera. Haiti, come la Liberia in Africa, rappresenta sia il fallimento di una indipendenza conquistata solo sulla carta sia la confusione di razze violentemente costrette, da potenze straniere, a diventare popolo. Una crisi identitaria animata da forti passioni contraddittorie. La conseguenza che ne deriva è quella instabilità politica ed economica, che negli ultimi anni si è aggravata. Dai colpi di stato agli scioperi, dalle rivolte alle manifestazioni, lo Stato nel Mar dei Caraibi rivive la nuova schiavitù dell'anarchia e della corruzione. Chi sono i colpevoli?
Ghettizzati in una piccola parte dell'isola Hispaniola, i figli degli schiavi africani non sembrano essere stati capaci di organizzarsi pacificamente su un terreno poco più grande della Sicilia.
Liberi non si nasce, ma si diventa attraverso la conoscenza, l'informazione, quella libertà di pensiero e di stampa che ad Haiti ancora manca. Molti giornalisti vengono infatti perseguitati.
E adesso che le nuove immagini di migliaia di vittime innocenti hanno risvegliato il ricordo dell'orrore provato in casa nostra dopo il recente terremoto in Abruzzo, che ne sarà di questo piccolo Stato? Le fanta-organizzazioni umanitarie si aggirano come avvoltoi, studiando il modo per ingannare la generosità della gente.
Una solidarietà intelligente dovrebbe premiare e valorizzare quelle poche associazioni, ONLUS e ONG, che da anni operano ad Haiti, nel silenzio mediatico. Qui non si tratta di restaurare monumenti, rendere agibili strade o modernizzare ospedali, ecc... Qui si tratta di costruire da zero un futuro dignitoso per quei supersiti che non hanno ancora perso la speranza. Ci vogliono volontari e non funzionari, donne e uomini disposti a ricomporre una società devastata. E mentre noi occidentali, dopo tragedie come questa, ci chiediamo se Dio esista oppure no, gli haitiani vuduisti piangeranno i morti ma continueranno ad affidarsi alla misteriosa volontà del Bondye bon (Dio è buono).

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