giovedì 21 luglio 2011

Lotta per l'autenticità

Una riflessione di Stefania Salomone*

Liberi di spirito
"La ricerca del senso delle cose, questo mi sta a cuore. Ho capito che avventurarsi in questa ricerca è già un traguardo. Sentirsi liberi di cercarlo, senza accontentarsi di risposte già preconfezionate da qualcuno che è pronto a venderle al mercato nero, come la farina in tempo di guerra. Potremmo definirla “libera ricerca spirituale”, se questo termine non fosse già sufficientemente abusato. Si tratta in sostanza di tuffarsi profondamente dentro se stessi per riportare alla luce il progetto originario, quello che in fondo siamo da sempre senza esserne consapevoli.
Mentre si sprofonda ecco che si smuovono le correnti interiori e le maree diventano ingovernabili, impetuose. Se fosse proprio questo ciò che chiamiamo Dio? Qualcosa di totalmente e assolutamente creativo, ma che lo diventa solo nella misura in cui noi lo portiamo alla luce.
E' da un pezzo che non riesco più ad immaginare un Dio-persona che si trova chissà dove, quello a cui ci si rivolge per chiedere o per ringraziare. O quello da temere, così caro alle religioni sempre meno spirituali; quello che si offende, che porta rancore, all'occorrenza anche per l'eternità. Una presenza che ha contraddistinto la formazione religiosa della gran parte dei cattolici, istruiti a sopportare la vendetta di un Padre irascibile e permaloso che per ciascuno ha previsto specifici piani spesso incomprensibili. Meno li si capisce e più si ricorre alle gettonate teorie che svuotano il pensiero e lo riempiono di assurde certezze capaci di trasformare la bellezza in senso di colpa e la passione in delitto.
È quel che accade quando le nostre scelte sono dettate dalla paura di sbagliare, o peggio ancora di trasgredire, specie laddove la presunta mancanza riguarda una legge “divina”. Nella mia esperienza con le “donne dei preti” riscontro con dolore quanto questa paura sia presente e determini le azioni e i gesti sia della donna che del chierico. La prima annaspa nel tentativo di liberarsi dalla trappola dorata di una relazione impari, condizionata dalla superiorità dell’uomo sacro che impone tempi e modalità fortemente penalizzanti ad una storia già di per sé complicata. Il secondo cerca di vivere la relazione occultando il senso di colpa per aver tradito l’istituzione, i confratelli e le aspettative che tutti ripongono in lui. In molti casi, specie se si tratta di preti giovani, questa condizione mortificante è superata dalla consapevolezza che il celibato obbligatorio non è un dogma di fede e le relazioni sono affrontate con maggiore disinvoltura. Forse troppa, stando alle testimonianze delle loro compagne, spesso abbandonate perché la storia “sta diventando troppo seria”, salvo poi constatare che un’altra donna, meno impegnativa e pretenziosa, era già nell’aria. Ma anche così il celibato è salvo.
Ecco, allora da qui la domanda: qual è il senso di tutto questo? E come uscirne? Combattere affinché l’istituzione ecclesiastica decida per l’abolizione di questa norma o cercare la forza e la strada per superare ed eliminare ciò che impedisce di essere autentici?"

* Segreteria del Gruppo romano di Noi Siamo Chiesa e coordinatrice del Blog “Amore Negato”, che tratta di celibato e delle “donne dei preti” (http://www.ildialogo.org/phpBB302) sul sito “Il Dialogo”

3 commenti:

  1. Ciao Stefania,
    c’è stato un periodo della mia vita non più di adolescente, in cui avevo preso in considerazione la possibilità di una vita religiosa, desiderandola più “autentica” come tu dici, e ritenendo il sacerdozio la forma che più avvicina alla nostra vera natura
    Nel frattempo, tra un colloquio e l’altro con gli aspiranti, meditavo sui rischi che un giovane inevitabilmente , quando entra in seminario, trascura o sottovaluta.
    La mia perplessità era soprattutto collegata alla possibilità di accorgermi, un giorno, di amare una persona in modo speciale e di non riuscire poi a gestire più la situazione con “onestà” ed equilibrio
    Nel frattempo ho osservato e realizzato che esistono e perdurano i consacrati integerrimi, che per eccezionale volontà o inclinazione naturale o spingendo agli estremi una innata o indotta misoginia non riescono a vedere le donne se non come sorelle, madri o ...badanti E si mettono al riparo da “rischi”
    Quelli che alla soglia dei trenta, svaniti gli entusiasmi giovanili , a contatto con le realtà più umane si innamorano e con sofferenza abbandonano ,vista l’incompatibilità dei ruoli E’ capitato a diversi miei ex parroci e coetanei
    Quelli che si innamorano ma tengono il sentimento celato e se non riescono a convertirlo in sentimento disinteressato e privo di ambiguità e strascichi, chiedono trasferimento o un periodo sabbatico, un incarico che espone di meno ai rischi Ce ne accorgiamo di meno o qualche volta il sospetto nasce da trasferimenti “anomali”
    Ma esistono anche quelli che disinvoltamente coltivano relazione anche di lunga durata con una persona che astutamente scelgono come segretaria/o o collaboratrice/ore oppure che hanno l’abilità di nascondere per una vita intera . In ogni caso sostengono illecitamente una doppia vita esigendo dal partner sottomissione, ipocrisia e menzogne ripetute.Di questi si sospetta, ma non si saprà talmente sono abili i registi della trama...(continua )

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  2. (continuazione)
    E poi quelli che sfarfalleggiano da una relazione all’altra o peggio si accontentano di relazioni rubate qua e là e usando il celibato come pretesto per volatilizzarsi prima . Ma incapaci ad ammettere, pur di fronte a tale evidenza, di essere abili adulatori, seduttori ,approfittatori E soprattutto ladri e incapaci di amore
    Come tu saprai questi ultimi due casi, complici la troppa libertà ed indipendenza, le finte vocazioni e la caduta di valori non sono rari e sono portatori di situazioni di sofferenze durature notevoli ( figli non riconosciuti o accolti con fastidio, separazioni e allontanamenti senza giustificazioni , umiliazioni per le donne rinnegate e magari accusate come tentatrici o comrpomissione per la propria missione divina)
    Proprio un caso recente ha confermato, se ce ne fosse ancora bisogno, che dietro l’insospettabile, incredibilmente esistono le situazioni più perverse, ostinate, incancrenite e subdole
    Quella sacralità, che forse attrae gli aspiranti alla vocazione o che può servire a sostenerla , e che gli altri cuciono addosso al religioso diventa poi una corazza, una gabbia, una maschera da cui non sappiamo liberarci, prioritaria rispetto a tutti e tutto, potente ed ingovernabile come uno schiacciasassi
    Ma allora diventa parte di noi mentire, nascondere, annacquare, sminuire, screditare, umiliare se deviamo e allo stesso tempo reclamarci vittime se qualcuno la mette in dubbio con giustificati motivi
    Arriviamo anche a negare le evidenze: viviamo nel lusso e lo neghiamo.Usiamo la parola per autoammonirci e lo neghiamo Selezioniamo chi frequentare e chi no e lo neghiamo. Usiamo l’abito per diventare impunibili e lo neghiamo.
    Dovremmo servire e ci serviamo degli altri (fiducia, accoglienza,buona fede, volontariato, benefici, ..)
    Osservando meglio la realta aumenta la certezza che Dio chiede che il nostro “si” sia libero e non condizionato dai privilegi o catene che ne derivano. Io mi sento di rispettarlo di più con il mio no ad una potenziale schizofrenia ed un si ogni giorno a non avere sconti nè privilegi ma tante occasioni per servire sapendo che non c'è il vincolo ad una professione ad aeternum che Gesu stesso non ha mai sancito o considerato più divina o missionaria di altre.
    In questa convinzione sta la risposta ad una tua domanda.

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  3. Caro S, grazie mille per il tuo prezioso commento. Mi trovo fondamentalmente d’accordo con quanto affermi, sia in relazione alle cosiddette regole divine che alle loro nefaste conseguenze.
    Ciò che invece ci terrei a precisare è che, a mio avviso, non esiste una chiamata, quindi non esiste nessun “Sì”, almeno non nel senso che ci hanno lasciato intendere per secoli.
    Tra l’altro intesa in quel modo è una chiamata statica, una volta per sempre, per intraprendere una strada che resti sempre uguale a sé stessa, giustificando l’immobilità con la presunta fedeltà, che invece diventa piuttosto una gabbia. Sembra quasi che un essere umano non debba né possa mai evolversi … la morte civile.
    Si parla di persone “specialmente consacrate a Dio”. Ma che significherà mai? A parte il fatto che, stando alla dottrina cattolica (di cui mi interessa davvero poco, ma tanto per specificare) siamo tutti consacrati mediante il battesimo e certamente nessuno lo è in modo speciale. Per fare quello che un prete fa (o dovrebbe fare) non c’è alcun bisogno di ordinazioni o riti. Lo può fare chiunque, chiunque lo senta nel profondo. Stefania

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