sabato 28 febbraio 2009

MARTIN, LE RONDE E LA GIUSTIZIA IN AFRICA

(pubblicato su "Il Mattino di Padova" sabato 28 febbraio)


Davanti a un african shop di via Avanzo, Martin, 26 anni, ghanese, non sembra affatto preoccuparsi dell'arrivo delle ronde, che potrebbero ulteriormente disturbare i traffici illeciti di molti abituali frequentatori della stazione e dintorni. “Non hai paura delle ronde?” gli chiedo in tono provocatorio. “Solo di Dio ho paura” mi risponde immediatamente, tenendo la bottiglia di birra in mano. La proposta di coinvolgere i cittadini stessi a sorvegliare alcune zone “calde” della propria città, in aggiunta al servizio normalmente svolto dalle Forze dell'Ordine, sembrerebbe un invito alla partecipazione e alla corresponsabilità, così come accade in molte civiltà non ancora occidentalizzate. “Anche in Africa, nel villaggio dove sono nato e cresciuto – prosegue il ghanese - le leggi vengono fatte rispettare dagli abitanti stessi. La polizia esiste, ma arriva sempre dopo, quando la giustizia è già stata fatta!”
Mentre parla, Martin apre il suo portafogli, estrae una foto di qualche anno fa e me la mostra: “Vedi, questi uomini per terra sono stati giustiziati dalla gente del villaggio perchè hanno rubato, rapito e ucciso molte persone. I loro cadaveri sono rimasti lì, sulla piazza centrale, per alcuni giorni perchè tutti, compresi i bambini, potessero capire la lezione. Chi non rispetta le leggi verrà punito. Tra loro purtroppo c'era anche mio zio”.
Rimango particolarmente scosso dal suo racconto e dai metodi educativi adottati nel suo villaggio, ma credo di intravvedere alcune differenze tra i due sistemi culturali. Nell'Africa dei villaggi, dove il bene della comunità è più importante del bene del singolo individuo, dove la famiglia non si riduce a stretti legami di sangue, lo schiaffo di un padre o le botte di un vicino di casa feriscono e insegnano di più di una manganellata del polizziotto di turno. Nell'Italia delle città sempre più multietniche, delle relazioni familiari in crisi, dell'individualismo e dello sradicamento, si è perso quello spirito comunitario tra inquilini di uno stesso condominio o residenti di una via o di un intero quartiere.
“Secondo te, da quali motivazioni saranno mossi i volontari che formeranno le ronde?” Martin abbassa la testa per qualche secondo, poi mi risponde: “Mi sento indignato dal comportamento di alcuni miei fratelli africani che hanno rovinato la nostra reputazione. Ma ho paura che la rabbia di molti cittadini padovani non porti a nulla, se non a ulteriore violenza. La vera battaglia non è tra padovani e stranieri ma tra onesti e delinquenti”. Parole saggie di un vero panafricano, che si disperdono nel vento dell'ignoranza e si confondono tra i rumori assordanti di propagande passeggere e di eccezioni che confermano pregiudizi. Se un volontario potrà dare una lezione a un immigrato incivile, potrà una maestra dare uno schiaffo ad un alunno maleducato? Martin sorride e mi saluta con una pacca sulle spalle.

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