martedì 17 marzo 2009

IGNORANZA PIU' CHE RAZZISMO

Noi veneti non siamo razzisti! Siamo piuttosto impreparati culturalmente e tecnicamente a gestire il fenomeno complesso dell'immigrazione e della multietnicità. Non siamo neppure così cattivi da negare un gesto di solidarietà a chi ne ha veramente bisogno. Sempre di corsa, lavoratori instancabili, con un forte senso del dovere.
Ma siamo stanchi e delusi del nostro stesso modo di comportarci nei confronti dello straniero. Finora lo abbiamo trattato come povero e come inferiore. Ci siamo prodigati a offrirgli assistenza, credendo di trasmettergli autonomia. Con un piatto caldo alle cucine economiche e un corso di italiano nella sede di un'associazione pensavamo di integrarlo nella nostra civiltà. Adesso ci siamo accorti che l'assistenzialismo non basta più e che occorre usare le maniere forti.
Probabilmente abbiamo sbagliato sin dall'inizio, quando abbiamo accolto i primi immigrati con quella mentalità del salvatore, che separa i fortunati dai bisognosi, gli avanzati dagli arretrati. E il gioco ormai era fatto! Bastava chiedere e tutto veniva dato, gratuitamente e abbondantemente.
Ma se all'inizio si dava con il sorriso adesso si butta addosso con la rabbia. Non vediamo un riscontro, un segno di riconoscenza per le fatiche fatte. E per di più non si può tornare indietro e ricominciare: viviamo concretamente in una città multietnica.
Non ci resta che sforzarci di conoscere. E capire che un medico di colore non è lo stesso che vende accendini in piazza o che spaccia in stazione. Che una giovane rumena laureata non è la stessa che assiste l'anziano in casa di riposo o che lavora sulla strada. Che una ricercatrice marocchina non è la stessa che pretende di fare la spesa gratis davanti allo sportello della Caritas. Conoscere e capire. Leggere e viaggiare. Guardare oltre il proprio naso e ascoltare non soltanto la propria pancia. Non ci resta che collaborare tutti insieme, padovani e stranieri, italiani e immigrati, per un rinnovamento del sistema giudiziario, che parte dalla nostra testa e arriva fino al Governo centrale. Se i “maestri” non praticano la giustizia, come potranno apprenderla e praticarla i loro alunni?
Sono semplici regole per non generalizzare e non arrendersi. Su cento extracomunitari che suonano il campanello di casa nostra per venderci un paio di calzini potrà essercene uno, soltanto uno, che vuole chiederci un'informazione o che deve consegnarci un pacco importante. Vale la pena affacciarsi al balcone e rispondere, poi ognuno farà le sue scelte.

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