lunedì 23 marzo 2009

IL PREZZO DELLA VISITA DEL PAPA IN ANGOLA

Ricordo i mega concerti di Michael Jackson di alcuni anni fa' quando alcune fans cercavano a tutti i costi di scavalcare le transenne e di avvicinarsi il più possibile al palco dove il loro idolo si esibiva, magari per incrociare il suo sguardo o semplicemente per ammirarlo da vicino, strappandosi i capelli e lanciando mazzi di fiori. Questa volta è il papa a diventare un idolo, la cui presenza sembra far dimenticare al popolo africano le normali regole della sopravvivenza: non calpestarsi l'un con l'altro, sotto il sole cocente. Soprattutto quando nessuna multinazionale ha il vantaggio di regalare bottigliette d'acqua in cambio della concessione di stampare il proprio marchio sui gadget dell'evento.
Dopo la visita in Camerun, l'incontro a Luanda tra Benedetto XVI e i giovani dell'Angola ha lasciato le sue tracce, non tanto per i discorsi sui preservativi o sull'aborto ma per i primi effetti che la folla accalcata, tra l'arsura e l'emozione, ha provocato: due giovani vittime dichiarate e una ottantina di feriti. Non era la prima volta che episodi del genere accadevano durante una visita del pontefice in Africa, da quando Giovanni Paolo II ha inaugurato questa forma di evangelizzazione. Ma forse è il normale prezzo da pagare perchè la religione cattolica non perda fedeli, soprattutto nei Paesi in continua crescita demografica e più soggetti a proposte religiose alternative, tra cui quella dei movimenti pentecostali o delle altre confessioni cristiane. Un prezzo talmente irrilevante che non conta difronte alle migliaia di vittime innocenti per la fame, per la guerra e per l'aids! Mentre Benedetto XVI – all'oscuro ancora di tutto - richiamava l'attenzione dei giovani ad opporsi con decisione alla stregoneria e agli spiritismi, “credenze che talvolta comportano persino sacrifici umani”, due ragazzi si stavano immolando davanti al massimo esponente della religione alla quale si sono convertiti.
La scenografia dello stadio Dos Coqueiros di Luanda potrebbe rimandarci agli episodi di violenza che hanno caratterizzato alcune partite del nostro calcio moderno, ma gli occhi della folla questa volta non erano concentrati sui movimenti di un pallone bianco ma su un uomo vestito di bianco e “venuto da molto lontano”, come ha cantato Minghi riferendosi a Karol Wojtyla. La forma dell'oggetto cambia, ma il colore è lo stesso e richiama alla mente il ruolo del bianco nella storia del popolo nero. Quando al colore della pelle dominante si aggiunge il credo della religione dominante il popolo schiavo per eccellenza continua ad abbassare il capo e accettare la sottomissione. Forse per quel senso di inferiorità che è stato trasmesso loro e al quale continuano ad obbedire. Forse perchè non vogliono sentirsi da meno dei loro fratelli italiani che si vantano di avere il Vaticano in casa, nonostante le presenze all'Angelus domenicale stiano diminuendo drasticamente.

N.B. I sacrifici umani che - secondo il papa - avvengono nelle religioni tradizionali africane saranno sicuramente inferiori rispetto alle morti che la religione del mercato moderno provoca alla popolazione mondiale. Per non parlare dei "semi del suicidio" che in India hanno causato migliaia di vittime, oppresse dai debiti del neocapitalismo. Il fondamentalismo islamico, la rivendicazione israeliana, l'accettazione rassegnata delle ingiustizie da parte della religione cattolica... sono tutte credenze che spesso comportano persino sacrifici umani.

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