venerdì 30 aprile 2010

Lavoratori senza lavoro

tra piccole proteste e grandi prediche

Ieri mattina, alcuni operai disperati si sono trovati davanti all'ingresso dell'INPS di Padova, per reclamare il mancato pagamento della cassa integrazione. Le loro aziende sono fallite, e piano piano stanno fallendo anche loro. A qualcuno è stato annunciato lo sfratto, al altri tolto il gas o l'elettricità. Il fatto è che, da mesi, non stanno ricevendo alcun stipendio, nemmeno i soldi di cassa integrazione prevista dallo Stato.

La situazione è sempre più difficile, perchè stanno finendo le magre scorte messe da parte negli ultimi anni di lavoro.

Ecco i quattro punti sui quali il vescovo di Padova si è pronunciato in occasione del Primo Maggio.
"la crescente disuguaglianza di ricchezza che si sta manifestando nella nostra società e anche nel nostro territorio»; la voracità e velocità con cui spesso si cercano guadagni; la piaga dell’usura che rischia di aumentare le difficoltà delle persone; la questione delle aperture domenicali degli esercizi commerciali."

In queste circostanze le prediche non servono più, perchè chi ha fame non sa ascoltare. Il rischio d'impresa non può ricadere solamente sulle spalle degli operai, che ora, quando le cose vanno male, si sentono ripetere: Siamo una grande famiglia!
E quando il mercato andava bene, facevano sempre parte - con diritti e doveri - della grande famiglia dell'imprenditore soddisfatto?

A mente riporto quello che Norma Rangeri, giornalista del Manifesto, ha detto ieri sera ad Annozero. La questione cruciale, che nessuno affronta seriamente, è trovare un'alternativa all'attuale modello di economia, di sviluppo, di mercato, che sta causando fame e ingiustizie. Per ripresa non possiamo intendere un ritorno al passato felice, ma un cambiamento di sistema.

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