sabato 15 agosto 2009

RAFAEL CORREA FOR PRESIDENT IN ITALIA!

Se i gesti e le parole di profezia non arrivano da chi si definisce rappresentante in Terra del Dio di Gesù di Nazareth, lo Spirito sta soffiando altrove. Penso ai discorsi di Barak Obama, ma anche ad alcuni personaggi politici dell'America Latina. Rafael Correa Delgado, presidente costituzionale della Repubblica dell'Ecuador, ha donato all'umanità un discorso ricco di Vangelo, e quindi di grande umanità.

INTERVENTO IN OMAGGIO AI MARTIRI DELL'UNIVERSITA' CENTRO AMERICANA – UCA

San Salvador, 1 Giugno 2009


Care amiche e cari amici,

nella nostra America, la memoria è sovversiva; in ognuno dei nostri paesi lottiamo contro l'impunità, contro l'oblio; qui per gli spazi aperti dell'Università Centro Americana, ogni novembre, si accendono dei lumicini, che portano il loro fuoco ad altri lumi, da mano a mano, di parola in parola, per realizzare il modello di luce che, coerentemente, illuminò i martiri del 19 novembre del 1989.

La lotta permanente per cambiare le condizioni di vita dei nostri paesi, costituisce la nostra professione di vita, il nostro canto d'amore, la celebrazione della memoria.

Per questo Ignazio Ellacuria, Ignazio Martin-Barò, Segundo Montes, Juan Ramon Moreno, Amano Lopez, Joaquin Lopez y Lopez, Elba e Celina Ramos, furono assassinati: facevano scendere i crocifissi dalle loro croci, mettendoci il cuore, seminando dignità, giocandosi l'anima per i poveri e i bisognosi.

Non importa precisare i nomi di coloro che ammazzarono tanti preti, tra virgolette “comunisti”, il mondo intero sa da quale parte si sparò, da dove si incoraggiò il crimine contro questi martiri, accusati di essere terroristi e assassini, per aver aderito alla Teologia della Liberazione, con l'opzione preferenziale per i poveri, adottata in Puebla, nell'enciclica Populorum Progressio, come dottrina progressista della chiesa.

Per questo cercheranno di uccidere tutti quelli di noi che credono nella parola di Cristo; certo è che i potenti lo cercano di fare, senza successo, dai tempi delle origini del cristianesimo, dalle catacombe di Roma. Come sciocchi, ci hanno provato un'altra volta; e ogni volta che cercano di ammazzarci la speranza, ottengono solo che cresca sempre di più.

“Ellacuria è un guerrigliero”. Che gli taglino la testa”, “Dobbiamo far uscire Ellacuria per ammazzarlo di sputi”, furono alcune delle espressioni che raccoglie la storia, pronunciate a catena, pochi giorni prima del massacro. Non c'è dubbio che frasi analoghe debbano essere state pronunciate ai tempi di Ponzio Pilato.

Noi celebriamo la memoria, onoriamo la vita; da ciò la nostra posizione immodificabile contro l'impunità, la nostra posizione immodificabile contro l'impunità, contro l'oblio; quelli che seminarono morte nei nostri campi e città; quelli che torturarono e fecero sparire migliaia di uomini e donne, quelli che uccisero monsignor Oscar Arnulfo Romero, quelli che assassinarono i martiri della UCA, devono rendere conto della loro infamia, devono essere giudicati e devono pagare per i loro crimini contro l'umanità.

Essi, gli stessi di sempre, in ognuno dei nostri paesi rappresentano i gruppi che hanno detenuto, fin ora, tutti i poteri; i signori delle protezioni prepararono la morte invece del pane; proiettili contro i libri e gli uomini liberi; il disprezzo della vera libertà fece sprecare loro fiumi di inchiostro per ingiuriarci, per mentire; mai poterono imparare ad amare la patria, i loro fratelli, i contadini, la loro storia, il loro tempo, il loro territorio, quello che erano, da dove venivano, quando l'amore proveniva dalle montagne, con i ragazzi, cantando a squarciagola per la vita.

Dopo 19 anni di massacri, è imperativo ineludibile far chiarezza sopra questi crimini. La lotta contro l'impunità è il cammino per costruire una nuova società in cui la paura non abbia ragione d'essere, nella quale l'ingiustizia sia parte di un abietto passato; se gli assassini possono camminare per le strade è poco quello che potremo investire per la giustizia e la dignità della nostra America.

La elezione di Maurizio Funes rivendica per il Salvador la speranza, mai persa, mai assassinata.. “Rendo grazie alla disgrazia e alla mano con il pugnale, perchè mi uccise così male che continuai a cantare...” intona la voce della speranza in lungo e largo per questa nostra America.

Questi sono tempi di dignità, sono tempi nuovi, il nostro saluto commosso al popolo salvadoregno, in questa sua nuova tappa verso la costruzione di una vera democrazia; un grande abbraccio al compagno presidente Maurizio Funes; alla memoria di Francisco Morazan, Farabundo Marti, Roque Dalton, a tutte le donne e gli uomini che, con i loro sacrifici, hanno reso possibile un nuovo El Salvador, che occuperà il posto di dignità che gli compete nel concerto dei popoli liberi della Grande patria.

L'assassinio dei preti gesuiti, di Elba e Celina, semplici donne del popolo; prima di tutto le loro vite, la professione del loro amore, sono parte del cammino verso la vittoria, la costruzione della pace con giustizia; per questo, non possono ricadere nell'oblio.
Jon Sobrino, l'unico che si salvò dal massacro, dice che li uccisero “per essere coscienza critica in una società peccatrice e per essere coscienza creativa di una futura società diversa”.

Fratelli che non ci conosciamo, stiamo congiungendo le nostre mani, di tutti i colori, per innalzare la solidarietà continentale, per onorare il sogno dei nostri notabili, di Farabundo Martì, di Eloy Alfaro, di Monsignor Oscar Arnulfo Romero, di Monsignor Leonidas Proaño - il vescovo degli indigeni dell'Ecuador -, di Simon Bolivar, di Francisco Morazan, integrazionisti, profondi umanisti, esseri di luce, di grande anima, di amore dell'immensa patria americana, la nostra patria.

Nel venir qui, fisicamente, abbiamo fatto lo stesso cammino degli assassini; ma noi veniamo con la vita, con la tenerezza e la speranza.

Siamo per la vita, compagni. La nostra direzione (Stella Polare) è il Sud! Il futuro è nostro, fratelli salvadoregni! E sotto lo sguardo ispiratore dei nostri martiri noi promettiamo di continuare a lottare per questa America libera, orgogliosa, sovrana; degna, giusta, etica, equa.

Fino alla vittoria sempre!

Rafael Correa Delgado

Presidente costituzionale della Repubblica dell'Ecuador

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