giovedì 23 maggio 2013

Morire e risorgere nelle comunità

E' morto don Gallo

Ho fatto in tempo ad incontrarlo alcuni mesi fa, durante una cerimonia organizzata dall'associazione La ragazza di Benin City, a Genova.
L'ho salutato, mi ha stretto forte e mi ha sostenuto nelle mie scelte. Qualcuno gli aveva accennato la mia storia, ma sembrava che la conoscesse fino in fondo.
Ricordandolo con affetto, pubblico queste parole di Jorge Luis Borges:


«Non posso darti soluzioni per tutti i problemi della vita.
Non ho risposte per i tuoi dubbi o timori,
posso, però, ascoltarli e dividerli con te.
Non posso cambiare né il tuo passato né il tuo futuro;
però, quando serve, sarò vicino a te».

Il mio augurio:
Che possa risorgere nella comunità che ha fondato 
e nel bisogno di giustizia e di libertà 
che sale dai bassifondi 
di questa umanità!

martedì 14 maggio 2013

Oltre i pregiudizi...


gruppo Emmanuele
persone omosessuali credenti – padova

In occasione del XV anniversario di fondazione, il gruppo Emmanuele propone alla
cittadinanza di Padova e del Veneto una tavola rotonda su temi afferenti al rapporto
tra la condizione omosessuale e il credo cristiano, dal titolo

«omosessualità e cristianesimo»

Relatori di tutto rispetto per questa interessante occasione di riflessione e di confronto
saranno i teologi Lidia Maggi, pastora della Chiesa valdese, e Vito Mancuso, docente
di Storia delle dottrine teologiche all'Università di Padova. Modererà l'incontro Luigi
Pescina del gruppo Emmanuele.
L'appuntamento è per lunedì, 20 maggio 2013 – ore 21.00
presso la Sala Anziani di Palazzo Moroni (Municipio di Padova)
Via VIII Febbraio, Padova (accanto all'Università e al Caffè Pedrocchi)

Con preghiera di diffusione.
Padova, 13 maggio 2013
www.gruppoemmanuele.it

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Lidia Maggi
Teologa, è pastora battista in servizio a Varese. Oltre alla cura delle chiese a
lei affidate, si occupa di formazione e di dialogo ecumenico. È responsabile
della rivista «La Scuola domenicale». Collabora con diverse riviste
cattoliche («Rocca», «Mosaico di pace», «Matrimonio»...) e protestanti su
temi biblici e di dialogo ecumenico ed interreligioso.

Vito Mancuso
Teologo, è stato docente di Teologia moderna e
contemporanea alla Facoltà di Filosofia
dell’Università «San Raffaele» di Milano dal 2004 al
2011. È spesso oggetto di discussioni e polemiche per
le sue posizioni non sempre allineate con le gerarchie ecclesiastiche,
sia in campo etico sia in campo strettamente dogmatico. Dal 2009 è
editorialista del quotidiano «La Repubblica». Da marzo 2013 è
docente di Storia delle dottrine teologiche all'Università di Padova.

lunedì 22 aprile 2013

Un'analisi molto condivisibile


DEMENTI, PAZZI E TRADITORI ovvero FALLITI, ANDATE A CASA
di Paolo Farinella, prete

Genova 20-04-2013 – In questo preciso istante apprendo dalle agenzia che Napolitano è stato rieletto, presidente dell’inciucissimo, cedendo benevolmente alla violenza dei falliti che occupano indegnamente il Parlamento. Ora c’è la sua «prorogatio» per un anno, il tempo necessario a sistemare la salvezza definitiva di Berlusconi, la scomparsa del Pd e il declassamento dell’Italia a repubblica delle bucce di banana. Un parlamento appena eletto, rinnovato al 70% fallimentare e ignobile.
Ritengo questo atto come uno scippo, un tradimento, un atto sovversivo e l’ultimo colpo mortale alla democrazia, MERITO ESCLUSIVO DEL PD che ha raggiunto i suoi scopi:
  1. Autodistruggersi, affondandosi da solo senza nemmeno il salvagente.
  2. Salvare Berlusconi da morte certa e tenerlo in vita «forever».
  3. Riportare Berlusconi al potere per altri venti anni, ammettendolo al governo con Monti.
Agli amici che mi hanno attaccato perché criticavo il Pd, ecco la risposta: mi prenderei una rivincita se vi dicessi che «l’avevo detto!». L’avevo scritto da anni che il Pd doveva implodere perché ha bruciato tutte le tappe e tutte le occasioni per essere se stesso. Lo avevo detto e scritto, in occasione delle primarie che sono state l’ultimo tassello della dissoluzione, non per le primarie in sé, ma per la gestione e il metodo da fanfaroni, da loro stessi disattese, quando si è trattato di fare le liste. Lo avevo detto e scritto, quando Bersani presentò gli «otto punti» che non erano nemmeno «virgole». Lo avevo detto quando c’era da fare il governo e Bersani ha pensato solo alla sua figura di citrullo senza arte né parte. Lo avevo detto quando D’Alema non si presentò alle elezioni perché capii subito che mirava al Quirinale d’accodo con Berlusconi. Con Renzi, avevo previsto tutto, fino alle virgole. Mi verrebbe voglia, ma soffro troppo per potere godere di una disfatta che ormai è mortale per loro e per l’Italia.
Il Pd poteva dare la svolta all’Italia, se solo avesse scelto, come ho scritto e suggerito, un presidente del consiglio fuori dai partiti e dal parlamento. Insieme al Movimento 5 Stelle avrebbe avuto il governo e la presidenza della Repubblica. Per settimane ha inseguito i 5Stelle per finire ad elemosinare un accordicchio con Berlusconi, dopo che per tutta la campagna elettorale, aveva gridato «mai più con Berlusconi». Per il Quirinale ha presentato la «sopresa» di Marini, o quella di Amato (che proporranno per il governo); ha bruciato Prodi in un modo osceno. Ha distrutto se stesso come nessuno sarebbe stato capace di fare meglio. Ora il gioco, tutto, è nelle mani del Caimano, Che li paghi?
Berlusconi gode, anche senza bunga-bunga, perché, senza nemmeno pagare un miserabile pegno, si è tolto di mezzo l’ingombrate e ormai inutile Pd che risulta il peggiore partito di questa stagione, il più vigliacco, il più degenere, il più omicida, il più antidemcratico. Il più imbecille!
Il futuro non è roseo, è amaro, è tragico e vedere questi fannulloni che giocano sulla pelle del Paese, gorgheggiando sempre «sull’interesse dei cittadini», mi fa veramente arrabbiare. Spero a questo punto che Berlusconi governi per il prossimo secolo e li distrugga fino a non lasciare l’ombra di una traccia. Lo hanno salvato, lo hanno voluto, se lo tengano. Alla resa dei conti, è il meno peggio.
Grillo poteva ribaltare la situazione dal primo giorno, ma per paura o per superbia, ha tergiversato ed è arrivato troppo tardi alla «prateria del governo». Si è gingillato con la Lombardo che non conosce nemmeno la Costituzione. Dio li perdoni perché sono responsabili dello sfacelo in cui ci troviamo.
Rodotà era il presidente del consiglio ideale e iol presidente della repubblica idealissimo: di sinistra, libero, non condizionabile, difensore della Costituzione, l’uomo a garanzia dei cittadini. Tutte qualità che per il Pd non valgono nulla perché quello che conta era il destino di Bersani, di D’Alema e dei perdenti a vita. Alle prosisme elezioni, ormai vicine, Berlusconi spopolerà standosene a casa a godersi lo spettacolo attorniato dalle sue donnine, contando i posti che gli spettano in parlamento e le gratifiche da attribuire. Bel colpo, Pd! Ottimo risultato, Bersani. L’Italia ringrazia e maledice.
Napolitano ha completato il ciclo delle sue trame: portare tutti al governo, in una unica ammucchiata dove tutto diventa bigio e Berlusconi si salva ancora una volta. Dio li perdoni, se può, perché io non posso farlo. Grillo ha torto: non «è un golpe»! È un GOLPE MORTALE!

sabato 30 marzo 2013

Le dimissioni di Ratzinger


 SCELTA STORICA O PROFETICA?

dell'amico Lorenzo TOMMASELLI


Comunque la si pensi su Benedetto XVI, le dimissioni di Joseph Ratzinger dall’esercizio del ministero petrino sono un evento storico, che ha sconvolto la struttura ecclesiastica ed ha aperto, forse suo malgrado, prospettive nuove nella vita della chiesa romana.
Al momento, è difficile valutare in tutta la sua portata un gesto che senz’altro è entrato nella storia della chiesa moderna, a prescindere dalla personalità di chi lo ha fatto: probabilmente ce lo saremmo aspettati più da un papa più aperto che da un conservatore come Benedetto XVI.
Ma, al di là di tutto, restano il significato e più ancora le conseguenze di questa decisione, che sembra aver scosso molte persone nel sistema di potere vaticano.
Eh sì, perché tutto sembra girare intorno ad un sistema di potere, come quello vaticano, estraneo in radice all’esperienza di vita di Gesù ed al suo vangelo. Nella storia della chiesa i papi si sono attribuiti espressioni e titoli come “vicario di Cristo”, “sommo pontefice”, “santo padre”, “beatissimo padre”, “santità”.
E noi, impotenti e sgomenti, abbiamo assistito, a questa sempre più accentuata ed inaccettabile sacralizzazione della persona e del ruolo del vescovo di Roma, ben al di là della sua reale configurazione ecclesiale, processo, questo, già ampiamente realizzato e portato ad un livello altissimo sotto Giovanni Paolo II.
Infatti nella storia si è sempre più legittimato questo sistema, assoluto ed antievangelico, che si vuole tragga la sua origine nelle parole che Gesù, nel vangelo di Matteo (16,18), rivolge all’apostolo Pietro: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa”.
Purtroppo una traduzione ed una conseguente comprensione non puntuale del testo greco originale hanno potuto far nascere la più profonda incomprensione di quello che il testo matteano vuole dire.
Infatti nel testo originale c’è un gioco di parole tra due termini greci, pétros e pétra, che però non sono l’uno il femminile dell’altro (tipo “porto” e “porta”) ma significano il primo “sasso, mattone” - ed è il soprannome (“testa dura”) che gli evangelisti danno a Simone, mentre Gesù lo chiama sempre con il suo nome - ed il secondo “roccia”.
Quindi la frase di Mt 16,18 sopra citata significa: Tu nella mia comunità sei un mattone (pétros) importante di questa comunità, ma essa è edificata su di me (pétra, la roccia). Quindi la roccia non è l’apostolo Pietro, ma lo stesso Gesù, come, tra l’altro, altri testi del Nuovo Testamento confermano (si veda, p. es. Ef 2, 20-22).
Perciò il ministero petrino, nella sua essenza evangelica, è un ministero di servizio, è la “presidenza dell’amore”, secondo la bella espressione di Ignazio d’Antiochia, un ministero che non soffoca quello degli altri vescovi, ma che lo dilata in una chiave universale, in una sorta di coordinamento delle chiese locali.
Perché il papa è tale perché vescovo di Roma e non il contrario, quindi non è un super-vescovo, ma è un vescovo, quello di Roma, certamente con un ruolo importante nel costruire l’unità e la comunione nella diversità tra le comunità di fede.
Ma purtroppo queste elementari osservazioni, tali per chi ha un minimo di conoscenza sull’argomento, sono state taciute dalla stragrande maggioranza (tranne pochissime eccezioni, tra cui i proff. Vito Mancuso ed Alberto Melloni) di improvvisati commentatori nelle ore immediatamente successive all’annuncio delle dimissioni, quando siamo stati costretti a subire in televisione e sui giornali un’orgia devastante di commenti.
Le sfide che il cristianesimo ha davanti sono enormi, ma questo cristianesimo, questa forma di cristianesimo (il cristianesimo edito, come diceva l’indimenticato p. Ernesto Balducci) potranno avere un ruolo ed un senso nella società attuale solo se muoiono per rinascere alla luce di un dinamismo evangelico che porti a tutti speranza, senso per la vita, liberazione dalle sofferenze.
Tutto questo perché ci siamo allontanati decisamente dal cammino e dalla prassi dell’Uomo di Nazareth, del Figlio dell’Uomo, di Colui che nella Sua vita ha realizzato il progetto del Padre sull’umanità.
E’ inutile e controproducente soffermarsi ossessivamente sulla difesa di presunti valori non negoziabili (nei vangeli ne abbiamo uno solo: la dignità e la felicità degli esseri umani), men che mai avere come punto essenziale dell’annuncio il discorso su Dio.
Questo Dio non sta alla nostra portata, è per definizione il trascendente, di Lui possiamo fare esperienza rimettendo al centro dell’esperienza ecclesiale solo ed esclusivamente Gesù di Nazareth, che ne è la rivelazione piena, e la sua prassi liberatrice. E’ Gesù che sta al centro del Vangelo con le sue scelte di vita forti ed esigenti, non Dio, un Dio che noi umani non possiamo conoscere perché è il “totalmente Altro” (R. Otto) da noi.
E le ormai indifferibili richieste di riforme, avanzate da significativi settori del mondo ecclesiale, non hanno trovato ascolto ed attenta considerazione nella gerarchia, che, a partire dall’immediato post Concilio, si è sempre più richiusa in se stessa, disattendendo la pregnanza e l’urgenza dei contenuti di riforma, proposti alla comune riflessione, anche da autorevoli membri dell’episcopato.
Tra gli ultimi, il compianto arcivescovo di Milano e cardinale Carlo Maria Martini, che con la sua indiscussa autorevolezza culturale e la sua limpida testimonianza pastorale si è fatto coraggioso interprete di quest’ansia di rinnovamento, denunciando anche consistenti ritardi dell’istituzione ecclesiastica rispetto alla necessità di un rinnovamento ecclesiale in capite et in membris.
Sono quelle stesse tematiche sulle quali si è soffermata la lucida e libera riflessione del grande teologo e moralista p. Bernhard Häring nell’ultimo periodo della sua vita, in particolare nel volumetto “Perché non fare diversamente?” (Queriniana, 1993). In esso il grande moralista scomparso chiedeva una «nuova forma di rapporti nella Chiesa», proponendo, tra l’altro, in una finzione poetica, una lettera pastorale di un papa, diremmo oggi, “virtuale”, papa Giovanni XXIV, nel quale viene sicuramente adombrata la figura di papa Roncalli, ma, credo, anche in parte quella di papa Luciani, ugualmente intrisa dello spirito giovanneo.
E come non richiamare alla memoria della comunità ecclesiale la luminosa figura dell’arcivescovo di Torino card. Michele Pellegrino, per tutti “padre” Pellegrino, insigne studioso e pastore, morto nel 1986! In una storica intervista del marzo 1981 sulla rivista “Il Regno”, con uno spirito di libertà e di franchezza episcopale, di cui si è oramai perso il ricordo nella prassi ecclesiale, aveva stigmatizzato con nettezza e senza reticenze curiali le problematiche e le incertezze di una chiesa, combattuta tra paura e profezia, le stesse tematiche sulle quali, dopo più di vent’anni, è ritornato il card. Martini.
Se la Chiesa non serve, non serve a niente, ricorda di continuo mons. Jacques Gaillot, vescovo emerito di Partenia, coraggioso missionario del Regno e vittima anch’egli, insieme a tanti altri, dell’involuzione autoritaria del potere ecclesiastico.
Come non vedere la sclerosi sempre più galoppante che si è diffusa nelle strutture ecclesiali e che le sta rendendo sempre più un apparato di potere destinato alla sua autoconservazione, un arido museo, invece che, secondo l’efficace metafora di Giovanni XXIII, un olezzante giardino, segno di speranza e di liberazione per tutti?
In tutto questo grigiore burocratico, in un’atmosfera ecclesiale (e non solo), nella quale l’attenzione ed il riferimento al vescovo di Roma hanno da tempo assunto accenti di vero e proprio culto della personalità, dov’è il sogno del Padre per un’umanità nuova, quel progetto per il quale ha dato la vita l’Uomo di Nazareth “nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito” (Rm,1, 3-4)?
La speranza, virtù ardua da concepire in questo momento ma prezioso talento da far fruttare, è riposta in una maturazione della comunità ecclesiale, che, se si aprirà sempre più allo Spirito, potrà continuare un processo ecclesiogenico, brutalmente interrotto già a ridosso dell’esperienza conciliare, ma che potrà favorire la costruzione di una Chiesa altra, più aperta, più “cattolica”, meno “romana” e certamente molto più vicina al sogno di Gesù di Nazareth.
Nonostante le sorde e forti resistenze curiali, verrà il tempo favorevole, nel ricordo di Giovanni XXIII, dell’azione e dell’esempio di tanti, vescovi, preti e laici, che hanno continuato, contra spem, a battersi per una Chiesa altra ed a credere nel sogno e nelle promesse di Dio, che sono diventate sì in Gesù Cristo (cf 2Cor,1,20).
Se le dimissioni di papa Benedetto XVI saranno servite ad innescare ed a realizzare questo moto di rinnovamento, saranno un innegabile merito di fronte alla storia che Joseph Ratzinger avrà avuto e che difficilmente gli potrà essere negato.

lunedì 18 marzo 2013

La nuova chiesa: popolo di Dio

Ecco il cambiamento che la base si attende dal nuovo papa Francesco:
da una chiesa cristo-centrica a una chiesa regno-centrica.
In poche parole, da una chiesa centrata su concetti che il Magistero attribuisce a Gesù (liturgia, adorazione, dogmi, movimenti mariani, sacralizzazioni e benedizioni a pagamento, peccato e scomuniche, ecc...), a una chiesa impegnata a costruire il regno di Dio qui, su questa terra, nello stile che Gesù di Nazareth ci ha trasmesso (giustizia sociale, parola di Dio, fratellanza, misericordia, perdono, condivisione, ecc...).

Sotto un prezioso contributo di José Comblin, teologo della liberazione.

[...]In America latina la religione si trova sempre presente nei movimenti popolari, i quali non fanno distinzione tra i loro oppressori civili, militari o religiosi. Il popolo è una realtà sempre religiosa. Esso stesso si interpreta come popolo di Dio, convinto che la fede in Dio, nel Dio di Gesù, è la fonte della sua lotta per la vita e delle energie che permettono di sopravvivere. Non ha nulla in comune con le classi sociali del marxismo.
Se avessero voluto davvero capire il concetto di popolo latinoamericano, i membri della curia romana avrebbero potuto paragonare il popolo latinoamericano al popolo delle rivoluzioni europee del 1848. Ma essi non cercarono di apprendere perché pensavano già di sapere tutto.
Perché fecero questo? Nasce un sospetto: dopo che Giovanni Paolo II aveva scelto i suoi collaboratori, fu chiaro che l'insieme della curia era costituito da persone che non accettavano il Concilio Vaticano II e avevano deciso di svuotarlo. Chiaramente non potevano sconfessarlo. Dovevano lottare contro il Concilio richiamandosi ad esso, svuotare il contenuto dei documenti conciliari citandoli. Bastava scegliere le citazioni giuste.
L'America latina non era al primo posto fra le preoccupazioni romane. Al primo posto c'era il cambiamento del contenuto del Vaticano II. L'america latina interessava nella misura in cui poteva fornire argomenti per cambiare il contenuto del Vaticano II.
Non occorreva essere uno spirito geniale per scoprire che la chiave dell'ecclesiologia conciliare era il concetto di popolo di Dio. Con questo concetto si offriva una base per le iniziative dei laici, la diversità delle opzioni pastorali, l'impegno temporale differenziato a seconda dei paesi e dei contenuti. In una parola, il concetto di popolo di Dio era la più seria minaccia alla centralizzazione romana. Era come una giustificazione di un decentramento del potere della chiesa.
La vittima di tale evoluzione poteva essere solo la curia romana. Tutti gli altri ci avrebbero guadagnato, ma la curia ci avrebbe perso. Non si è mai visto un apparato burocratico che accetti passivamente la sua dissoluzione o anche la riduzione del suo potere. Al contrario qualsiasi amministrazione aspira sempre a più potere, più centralizzazione, più disciplina, il che viene identificato con la ricerca dell'unità. [...]

(tratto da Il popolo di Dio, José Comblin, Città Aperta Edizioni, pagg. 105-106)

giovedì 14 marzo 2013

Papa Francesco: prima impressione


Ricevo e pubblico questa riflessione di Michela Murgia

Il camerino dove il neo eletto si cambia d'abito e assume la veste papale è soprannominato significativamente “stanza delle lacrime” e non c'è ragione per non credere che ieri sera anche Jorge Mario Bergoglio l'abbia usata per piangerci le proprie. Confesso che davanti alla tv un groppo in gola l'avevo anche io, come credo molti altri cristiani, atterrita al pensiero che l'uomo dentro a quella stanza potesse essere Angelo Scola.Non fatico a immaginare che per ragioni opposte fosse scontento anche Joseph Ratzinger a Castel Gandolfo, sicuramente informato prima di tutti del risultato di un conclave che ha negato continuità alla sua linea di governo, trombandogli il caldeggiatissimo delfino senza nemmeno discuterci due giorni interi. Benedetto XVI aveva amabilmente suggerito che il nuovo papa dovesse avere “il vigore del corpo e dell'animo” e invece i cardinali hanno eletto un vecchio di 76 anni considerato già fuori dai giochi; aveva spostato il suo candidato da Venezia a Milano e loro gli hanno preferito un successore preso “alla fine del mondo”. Si era spinto fino a mettere direttamente il pallio addosso a Scola in un'irrituale udienza privata, ma i cardinali non hanno ritenuto che quella pecora simbolica dovesse implicare l'assegnazione automatica di tutto il gregge. A dispetto del fatto che il 60% di loro fosse debitore della porpora proprio al papa uscente, è tra i cardinali nominati da Wojtyla che sono andati a pescare il suo successore, come già avevano tentato di fare senza esito durante il conclave del 2005. Lo spariglio della carte ora è totale. Quando il cardinal protodiacono ha pronunciato il nome di Bergoglio dal balcone, la sorpresa della piazza non era inferiore a quella delle redazioni giornalistiche, le cui troupe erano già piazzate al paese natale di Scola per cogliere il magnum gaudium dell'uomo della strada. Sono saltati sulle sedie persino alla CEI, dove da ore era pronto il comunicato di congratulazioni con il nome sbagliato, che poi per una svista è partito lo stesso. A dispetto del fatto che quasi nessuno l'avesse sentito nominare fino a un secondo prima, non si era manco affacciato al balcone che la rete già pullulava di opinionisti che dopo tre click su google erano pronti a dargli del colluso con la dittatura dei colonnelli argentini. “Chissà” - ha commentato amaro lo scrittore Emanuele Tonon - “magari sarebbe bello aspettare almeno dieci minuti prima di accendere i motori della macchina del fango. Giusto dieci minuti, dico. Poi, magari, non basteranno cent'anni. Ma dieci minuti, una volta, non si negavano a nessuno”.
 In tutta quella fretta di svelare misfatti, molti magari non si sono resi conto che nei suoi primi dieci minuti da papa Bergoglio ha fatto tre scelte simboliche di portata più che notevole. Apparso al balcone senza mozzetta né stola, l'argentino non ha mai pronunciato la parola "papa". Si è invece definito ripetutamente vescovo di Roma e ha chiamato il suo predecessore “vescovo emerito”, non certo ignaro del fatto che Ratzinger ha invece indicato di voler essere chiamato “papa emerito”. Le implicazioni ecclesiali ed ecumeniche della parola “vescovo” detta ripetutamente da quel balcone in quel momento sono enormi.
 Ma Bergoglio ha fatto qualcosa di più forte ancora: prima di benedire la folla ha chinato la testa e ha chiesto alle persone in piazza di pregare per lui in un inatteso gesto di reciprocità, rafforzato dall'annuncio di voler iniziare un “cammino nuovo, vescovo e popolo”. Chi si aspettava dal successore di Ratzinger il prosieguo del suo percorso di ridimensionamento del Concilio Vaticano II è servito: questo è stato il saluto papale più sinodale mai visto da piazza San Pietro.
 La terza scelta forte è stata l'annuncio del nome di Francesco: nessun omaggio a papi storici, nessun debito con papi recenti, ma l'instaurazione di una parentela inedita con il cencioso frate umbro, profeta di povertà e umiltà. Dopo un primo momento in cui nel titolo si era voluto leggere il riferimento al gesuita Francesco Saverio, è arrivata la smentita del cardinale Dolan, il grande vincitore tra gli strateghi di questo conclave: “il papa ci ha detto che ha scelto il nome in onore di Francesco d'Assisi”. In quel momento confesso che avrei pagato per vedere la faccia di chi ha gestito la faccenda Ior fino a ieri. In attesa di vedere quale giornata verrà fuori da un'aurora così promettente, arrivano come una raffica di macigni le notizie sul passato di Bergoglio.Complice di Videla. Delatore dei confratelli. Le mani sporche del sangue dei desaparecidos. Un libro di inchiesta che lo accusa. Ho passato la notte a leggermi ogni notizia, provando a verificarla per quanto mi è stato possibile, e il quadro che ne emerge è cupo, ma ambivalente.A tracciarlo meglio di tutti mi pare sia stato il New York Times, in un articolo firmato dai quattro corrispondenti di Buenos Aires, Portland, Rio de Janeiro e Montevideo. Ci sono esplicitate le durissime accuse, ma anche i controcanti di voci decisamente poco papaline come quella di uno dei fondatori della teologia della liberazione Leonardo Boff, che si dice addirittura incoraggiato dalla sua nomina a pontefice. Altrove ho letto le dichiarazioni di Alicia Oliveira, ben nota per il suo lavoro nel ruolo di Difensora dei diritti umani a Buenos Aires, che sostiene la versione dei fatti di Bergoglio e che grazie a lui si ritiene scampata a una fine da desaparecida.

Condivido in tutto le delusioni di chi avrebbe voluto sue prese di posizione coraggiose ed esplicite, ma gli storici silenzi della Chiesa sulle dittature di ogni dove non possono stupirmi: a Cuba come in Cile, in Cina come in Germania, per decenni la linea strategica delle gerarchie vaticane è stata quella della non belligeranza, nella convinzione che tenere un profilo basso potesse salvare più vite o non metterne in pericolo di ulteriori. È la storia di Pio XII tanto quanto quella di Wojtyla, comparso persino da papa in molte foto con Augusto Pinochet, senza che nessuno si sognasse di giudicare il suo pontificato da quello.
 Bergoglio ha un passato ambiguo, ma in quel conclave non c'era un solo cardinale di cui non si potesse dire lo stesso; non sono per niente pronta a scommettere che ciascuno di loro diventando papa avrebbe detto da quel balcone quello che ha detto lui. Il suo passato pesa e sarà pesato con cura, ma i cristiani che sperano in una boccata d'aria hanno visto nelle sue parole e in quelle brevi azioni simboliche una prospettiva di futuro per la Chiesa molto diversa da quella che sarebbe venuta dalle altre nomine accreditate, prima tra tutti quella di Scola.
 Nessuno che abbia una minima conoscenza della Chiesa si aspetta rivoluzioni dottrinali da un papa uscito da conclave composto interamente da conservatori, quando non da restauratori: sono certa che Francesco pontefice non farà nessuna apertura sulle cosiddette questioni non negoziabili, tanto quanto sono sicura che dei diritti di gay e donne non gli freghi un accidente, come del resto a nessun cardinale. Solo i più naif possono meravigliarsi che da un conclave non venga fuori un figlio dei fiori. È però credibile che il richiamo esplicito alla collegialità ecclesiale pronunciato da Bergoglio annunci un ridimensionamento del potere dei sultani curiali e che il riferimento assisano implichi uno stile diverso nella gestione del denaro: questi gesti sarebbero un passo avanti enorme anche senza altri confronti con i papati precedenti. Queste cose da cristiani possiamo sperarle senza che nessuno possa accusarci di accontentarci di poco, come un triste elettore italiano di centro sinistra.
 Il resto lo criticheremo quanto e più duramente di come abbiamo criticato i papi passati, ma oggi ho ancora negli occhi quello che è accaduto su quel balcone e niente riesce a rimuovere la sensazione ottimistica che lì questo papa abbia dato avvio consapevolmente a una nuova narrazione

Di Michela Murgia

sabato 9 marzo 2013

Che papa?

Che caratteristiche dovrebbe avere il prossimo papa?

Premesso che in questi giorni lo Spirito Santo potrebbe essere in vacanza e quindi lontano dal Vaticano...mi son chiesto chi potrebbe essere il papa più adatto a "guidare" la cattolicità a livello mondiale. Ammetto di non conoscere il curriculum dei papabili che potrebbero succedere alla cattedra di Pietro.
Però ho pensato: come può un papa, un uomo con una sensibilità particolare (gli ultimi due papi hanno avuto ad esempio un atteggiamento contrapposto nei confronti della malattia e della fragilità di un ministro di Dio) guidare un popolo con caratteristiche e problematiche diverse?
Un papa ossessionato dal comunismo sovietico come avrebbe potuto dialogare con le realtà sociali ed ecclesiali influenzate da vari comunismi?
Un papa troppo teologo come avrebbe potuto essere anche pastore?
Lo Spirito Santo dovrebbe infondere il dono della sintesi dei carismi...però l'umanità, gli ormoni, le esperienze cercano il sopravvento. E' normale. Per questo motivo credo che il papa dovrebbe tornare a fare il vescovo di Roma e lasciar che i vari vescovi sparsi nel mondo incarnino il messaggio del Vangelo in base alle esigenze locali. Proprio come hanno fatto gli evangelisti nei primi secoli,  togliendo, aggiungendo o modificando qualcosa del messaggio di Gesù in base alla comunità alla quale si rivolgevano. Il fine non era l'ortodossia della dottrina, ma il bene del popolo.



Una curiosità
Già nel dal 2010, cinquanta teologi spagnoli avevano espresso la loro adesione alla Lettera aperta ai vescovi di tutto il mondo del teologo svizzero Hans Küng con queste parole: «Crediamo che il pontificato di Benedetto XVI si sia esaurito. Il Papa non ha l’età né la mentalità per rispondere adeguatamente ai gravi e urgenti problemi che la Chiesa cattolica si trova a dover affrontare. Pensiamo quindi, con il dovuto rispetto per la sua persona, che debba presentare le dimissioni dalla sua carica».

giovedì 7 febbraio 2013

mercoledì 9 gennaio 2013

Giornata mondiale del migrante e del rifugiato

Siamo tutti stranieri e cittadini del mondo!

Analisi
In Italia 1 abitante su 12 è di origine straniera.
L’Italia da Paese di emigrazione interna e verso l’esterno, in Europa e nel mondo, è diventato negli ultimi 25 anni anche Paese di immigrazione. L’immigrazione sta cambiando l’Italia, strutturalmente. La stima di oltre cinque milioni di persone - metà dei quali provenienti da 40 Paesi dell’orbita europea (53,4%), e l’altra metà dall’Africa (21,6%), dall’Asia (16,8%), dall’America (8,1) e solo pochissimi dall’Australia (0,1%) -, ha fatto ormai diventare l’Italia uno dei Paesi europei e del mondo a più forte pressione migratoria. (leggi articolo)

Diritti
I figli di immigrati nati in Italia hanno il diritto ad avere la cittadinanza italiana (leggi approfondimenti).

Gli immigrati, regolarmente residenti in Italia, hanno diritto al voto (leggi approfondimenti).

Doveri di tutti
Il dovere di tutti è prima di tutto quello di non discriminare nessuno. Mia moglie, essendo di origine africana ed avendo ottenuto la cittadinanza italiana, può avere il diritto di non sentirsi domandare il permesso di soggiorno ad ogni ufficio? Può avere il diritto di essere considerata più italiana che africana, dal momento che ha vissuto più anni in Italia che in Africa? Può avere il diritto di essere trattata come una persona?

Il dovere di chi arriva in Italia è quello di farsi voler bene, non quello di farsi compatire, ma di farsi rispettare e di rispettare. Se poi un immigrato si stabilisce fisicamente in Italia dovrebbe stabilire qui anche il suo cuore, il suo interesse, la sua ricchezza.

L'immigrazione e l'emigrazione non si potranno mai nè controllare, nè contrastare e nè arrestare. Sono semplicemente il sintomo o la causa di fenomeni sociali legati alla storia di un popolo o di una persona.

domenica 30 dicembre 2012

Chiesa e politica


Il Vaticano ha perso l’occasione di stare zitto

Il coordinatore nazionale di “Noi Siamo Chiesa” Vittorio Bellavite ha diffuso il seguente testo:

         “Forse ci siamo troppo abituati agli interventi nella politica italiana della segreteria di Stato e della Presidenza della CEI. Sono interventi a volte espliciti ma spesso sotto traccia che si intuiscono o che si vengono a conoscere in seguito. Questa abitudine non può però farci  stare sempre  zitti. Sulla presa di posizione dell’Osservatore Romano di ieri a favore di Mario Monti e sulla omogenea linea dei vescovi e dell’Avvenire ci permettiamo di obiettare:

--si può fare finta di niente? si può in modo credibile cambiare cavallo senza adeguate spiegazioni, senza fare una radicale autocritica sull'appoggio garantito per troppi anni al centrodestra e a Berlusconi in particolare? Ci si è dimenticati delle troppe violazioni della legalità, della corruzione dilagante ai vertici della Repubblica, del malgoverno della crisi, delle politiche di rifiuto dell’accoglienza dei profughi, delle immoralità personali? Ci domandiamo se fosse giusto, se fosse evangelico pagare con questo silenzio benefici, privilegi, appoggio alle “campagne” organizzate dai vertici della CEI.

--tutte le realtà presenti nel mondo cattolico impegnate sui problemi sociali, sulle questioni della laicità, nel volontariato, nel pacifismo attivo, nella cooperazione internazionale, anche nella politica democratica sono forse composte da cattolici di serie B tanto da essere ignorate, e a volte penalizzate, perché inutili nelle grandi strategie del “do ut des” con le istituzioni? Romano Prodi è ancora nella lista nera dei cattolici adulti? Non ci sono anche cattolici che esprimono obiezioni vivaci nei confronti delle politiche del governo Monti per quanto riguarda l’equità e il welfare?

--le gerarchie dovrebbero avere -riteniamo- il mandato evangelico di invitare a un impegno civile positivo, alla solidarietà a favore degli ultimi, all’intervento a favore di una politica di disarmo e di pace, alla difesa della democrazia, alla tutela dei soggetti più deboli e di ogni forma di vita famigliare, alla difesa dei beni comuni…La gerarchia non ha però il mandato di sponsorizzare in campagna elettorale questo o quello, con l’obiettivo non dichiarato di intrecciare poi rapporti di scambio nel corso della legislatura. Questo tipo di interventismo episcopale è anche censurabile sotto il profilo degli stessi patti concordatari e delle reciproche "indipendenze" e "sovranità" previste dalla Costituzione nei rapporti Stato-Chiesa cattolica.

--questo nuovo orientamento politico dei vertici ecclesiastici, per il momento e per il modo con cui è fatto, non pensiamo che possa essere molto credibile e quindi efficace sia nei confronti della vasta area dell’astensione dal voto e della protesta presente anche nel mondo cattolico, sia nei confronti dell’orientamento di voto, sia nei confronti di un ipotetico rilancio di un partito unico dei cattolici.
Ci sembra piuttosto esprimere, in uno scenario mutato e a prescindere dai valori evangelici, la volontà di riprendere la politica dei veti, delle “campagne”, della difesa e delle pretesa di privilegi che hanno caratterizzato la stagione del ruinismo.

         Ancora una volta ci troveremo di fronte a Pastori il cui magistero sarà da disattendere per essere conseguenti con la nostra fede? Fino a quando?”

Roma, 28 dicembre 2012

venerdì 28 dicembre 2012

Donne che lasciano un segno!

In questi giorni - sarà la solitudine che aumenta quando arrivano le feste del natale - ho ricevuto tre messaggi di uomini che hanno avuto esperienze con donne africane. 
Storie cominciate bene e finite male.
Incontri casuali che poi alla fine son serviti.
Incontri che toccano ferite aperte e che mettono in moto meccanismi misteriosi.
Donne "con abiti succinti" che don Corsi condannerebbe...
Donne africane dal carattere forte che chiedono altrettante personalità forti.
Ecco parte di una lettera, mi basta quel "mi hanno lasciato segni profondi sul cuore"... il resto è accessorio.

Carissimo  Federico,
ti scrivo per dirti che rispetto tantissimo la tua storia personale e credo effettivamente che la Chiesa dovrebbe fare qualche passo avanti verso l'umanità vera, tendendo la mano a ciò che siamo più che a ciò che dovremmo essere. Oltre questo volevo dirti un'altra cosa. Io sono siciliano e vivo in Sicilia ed anch' io mi sono confrontato con il fenomeno della prostituzione delle donne africane. Mi capitava in passato di percorrere una strada periferica popolata da splendide donne nere in vendita e mi è capitato di soffrire per loro, mi è capitato di pormi tutta una serie di domande che, non ti nascondo, mi hanno lasciato segni profondi sul cuore, poichè tutta la mia vigliaccheria è stata messa allo scoperto, come del resto anche la mia mascolinità bestiale e nello stesso tempo impotente. E' stato devastante quel confronto anche solo  momentaneo con tanta bellezza femminile annientata lungo quelle strade. [...] 
Carmelo

lunedì 24 dicembre 2012

Dipende da noi

Dipende da noi
Che l'eterno non manchi di temporale
(Singolare rovesciamento),
Che lo spirituale non manchi del carnale,
Bisogna dirla tutta, è incredibile: che l'eternità non manchi del tempo,
Del tempo, di un certo tempo.
Che lo spirito non manchi della carne.
Che l'anima, per così dire, non manchi di corpo.
Bisogna andare fino in fondo: che Dio non manchi della sua creazione.

Cioè dipende da noi
Che la speranza non menta nel mondo.
Ciò, bisogna dirlo, dipende da noi
Che il più non manchi del meno,
Che l'infinitamente di più non manchi dell'infinitamente di meno,
Che l'infinitamente tutto non manchi dell'infinitamente nulla.

Dipende da noi che l'infinito non manchi del finito.
Che il perfetto non manchi dell'imperfetto.
[...]
Mistero dei misteri, che ha per oggetto gli stessi misteri,
Egli ha messo nelle nostre mani, nelle nostre deboli mani,
la sua speranza eterna.

Charles Péguy

domenica 23 dicembre 2012

La follia del natale


Ecco uno stralcio del messaggio natalizio di Giuseppe Stoppiglia (Ass. Macondo)


«Solo quando cesserà di preoccuparsi di contare in società, la Chiesa comincerà a contare veramente. Solo uscendo dalle proprie sicurezze mondane verso il mare aperto e incerto, essa recupererà una migliore capacità di farsi ascoltare» (Giancarlo Zizola).

Una Chiesa sostanziata di puro amore sarebbe schiacciata, annullata dalle istituzioni del potere e della violenza. Questo dramma l’ha vissuto sempre lungo i secoli e per non diventare vaso di coccio tra vasi di ferro, per essere in grado di trasmettere il messaggio, la Chiesa ha dovuto tradirlo, mondanizzarsi, diventare struttura di potere.

Il figlio del falegname, Gesù di Nazareth, e il figlio del mercante, Francesco d’Assisi, furono semplicemente folli. Di loro resta il messaggio perché è stato tradito. Solo tradendolo, lo si è potuto conservare. Per altri folli.

Perché l’amore è paradosso e scandalo: l’amore che tutto dona, l’amore che a tutti si dona, senza voler cambiare il mondo, accettando il prossimo per quello che è, cercando solo di aiutarlo, condividendo il dolore, la fatica, la disperazione, l’agonia. In silenzio.

La Chiesa della povertà, la Chiesa crocifissa è muta, invisibile, anonima, dispersa tra i senza voce. Non chiede di essere ascoltata. È messaggio vivente, incarnato, spoglio di simboli. È follia perché è semplicemente, testardamente, amore.

sabato 22 dicembre 2012

Storie di natale, accoglienza o rifiuto dell'amore reale

Pubblico questo post che ho ricevuto in questi giorni e una mia riflessione

CIAO FEDERICO

Ciao Federico....io sono appena reduce da una bellissima storia..con un prete...anche se lui non mi ha mai dato sicurezze ....è stata una bellissima storia...anche se lui ha sempre parlato del nostro amore come un amore impossibile. Però io ho sentito il suo cuore ...la sua anima....il suo amore...l'ho sentito tutto....
E' stato lui a cercarmi....mi sono confidata con lui perchè avevo problemi nella relazione con mio marito...problemi da lungo tempo...da anni..adesso mi sono separata....ma non è di questo che voglio parlare.
....mai avrei pensato di poter vivere una storia con un prete....io non l'ho assolutamente cercato..
Ho sempre creduto.....ho sempre avuto principi i valori molto forti....e questa storia è stata per me come un terremoto....mi ha sconvolto....mi ha minato da tutti i punti di vista...però l'ho vissuta pienamente...perchè mi sono innamorata per la prima volta nella mia vita all'età di quarant'anni!!!! Quindi gli ho dato il mio amore...il mio cuore... tutta me stessa....
Io non ero la prima storia per lui...ed io ingenua...quando l'ho saputo...non ci ho capito più niente...mi si è aperto un mondo che non conoscevo...
Io...da parte mia...sono certa di aver trovato in lui il vero amore della mia vita.....quello che pensavo non potesse esistere.....ho condiviso con lui momenti speciali....il solo abbracciarlo era un emozione incredibile....poi c'è stato molto di più e per me è stata una storia incredibile....ero felice....anche nella difficoltà di vivere questa storia...
Poi sono arrivati i problemi....lui che prima mi chiamava "amore"...."tesoro" e che mi parlava con il cuore e l'anima...ha cominciato ad allontanarsi...
però quando ci vedevamo....tutto era come prima.....mi ha detto spesso che era innamorato di me...e che non aveva mai vissuto una storia così.....provava con me delle emozioni speciali....
però....sebbene io non gli abbia mai chiesto di rinunciare alla sua scelta...non perchè non lo volessi...ma ero in un percorso di vita particolare e non potevo affrontare una situazione così forte (ho anche dei bambini) lui ha deciso "CHE NON SAPEVA ACCETTARE L'AMORE CHE PROVAVA PER ME" e ha deciso di mettere un punto alla nostra storia...dopo circa un anno..
a me si è spezzato il cuore....non riesco a riprendermi...perchè sapere che mi ama...ma che è così vigliacco e non ha il coraggio di scegliere....anzi lascia tutto nel sacrificio e nella sofferenza...mi fa stare infinitamente male....
questo mi fa pensare che l'amore che diceva, e che mi ha detto anche dopo aver deciso di finire tutto, non fosse poi così vero ed intenso....mi sono sentita presa in giro ed usata.....
non riesco a farmene una ragione.....allora ti domando...visto che magari tu puoi capire meglio di me quello che un prete può pensare e sentire....io cosa devo fare....DEVO SPARIRE DALLA SUA VITA IN SILENZIO?...o devo fargli sentire tutto il mio profondo amore in modo che lui trovi il coraggio di fare una scelta....
io dentro di me sento che ho perso la cosa più importante della mia vita e che non ne ritroverò mai una uguale..!!!Io non riesco a farmene una ragione....ci ho provato con tutte le mie forze....
il problema è che lui si è chiuso al punto tale...che quando lo cerco non mi risponde mai...e così io non ho più provato a cercarlo...
sono straziata...nel pieno del dolore profondo....e in tutto questo ho perso anche la fede che avevo...non riesco più a pregare e a credere...ho perso tutti i miei punti di riferimento...e poi ho perso lui!!!
Ho paura che lui scappi e che nel dolore si allontani da me...che si obblighi a portare questa croce per punizione...e che si abitui a questo dolore...e se io sparisco...lo aiuto in tutto questo....poi quando si sarà ripreso e mi avrà dimenticata...chissà forse si lascerà andare ad altre emozioni, meno importanti, che lo potranno confortare...
non so cosa devo fare.....


CIAO INNAMORATA DELUSA
(tentativo di darti un nome!)
purtroppo la tua storia sta diventando un ritornello sempre più ascoltato.
I preti sono uomini, o forse dovrebbero essere uomini...
L'amore per una persona, prima o poi, deve essere corrisposto. Se uno dei due, per paura o vigliaccheria o disinteresse, non sceglie... il rapporto non avrà mai un nome, un futuro, un senso... 
Pensando alla mia storia, il momento in cui ho scelto di vivere con Fidelia, è stato quando lei mi ha lasciato libero di scegliere... Sì, libero di scegliere. Senza ricatti o sceneggiate. E' proprio questo l'attimo migliore per scegliere.
Dopo un tempo circoscritto di tentativi, arriva il momento di fare i conti con la propria vita e il proprio futuro. 
Poi credo anche che ogni esperienza non sia mai inutile, perchè ci arricchisce sempre, nonostante provochi ferite. Il tempo però scorre. Allora, se può essere un consiglio... lascialo libero, non insistere e pensa al bene della tua vita! 
Un abbraccio
Federico

sabato 15 dicembre 2012

Premio Progetto "La ragazza di Benin City"

Anch'io sarò presente!
Come autore (e amico) del libro che è stato premiato nel 2009.

Ogni anno, ininterrottamente dal 2002, il Progetto la ragazza di Benin
City assegna un Premio, il PREMIO PROGETTO LA RAGAZZA DI BENIN CITY a
persone, associazioni, enti che hanno dato apporto alla lotta contro
la tratta e che si sono distinti per il loro impegno a favore dei
diritti umani.

La "cerimonia" di consegna del Premio avverrà a GENOVA,  DOMENICA 16
DICEMBRE 2012, ALLE ORE 16. Il ritrovo dei premiati è per le ore
14,30, presso l'emporio/museo di Fabrizio De Andrè, Via del Campo 29
rosso.

Il Premio assume da quest'anno una dimensione internazionale e
l'Associazione vittime ed ex vittime della tratta, nucleo centrale del
Progetto la ragazza di Benin City, ha deciso di attribuire due
Riconoscimenti Speciali.

Il PRBC sta predisponendo un evento a Benin City (Nigeria) per
premiare WOLE SOYINKA, scrittore nigeriano, Premio Nobel per la
Letteratura e nel corso della cerimonia a Genova sarà invece premiato
don ANDREA GALLO.

Isoke Aikpitanyi
PRBC - ASSOCIAZIONE VITTIME ED EX VITTIME DELLA TRATTA


L'amore? La storia di due naufraghi...

Bellissima questa immagine! Ripenso alla mia storia...

Il segreto di Pretty Woman
di Massimo Gramellini (da La Stampa del 14 dicembre 2012)

Com’è possibile che alla ventiduesima replica «Pretty Woman» abbia radunato ancora davanti al video quasi cinque milioni di persone? Esiste un filo onirico che unisce Cenerentola a Sissi, Sissi alla prostituta di Julia Roberts e la prostituta alle eroine di «Twilight» e delle «Cinquanta Sfumature»? E’ così originale la vicenda di un miliardario che affitta una escort (una sola, poi) per qualche cena elegante? 
 
Le domande sono molte e, poiché esiste la fondata ipotesi che una delle ventidue repliche vi abbia attraversato la retina, non starò a ripercorrere la trama del film per filo e per segno. Basterà ricordare che «Pretty woman» racconta la fiaba d’amore fra una moderna cenerentola e un moderno principe azzurro: un finanziere prima della crisi dei mutui, quindi ancora circonfuso da un alone immacolato di irresistibilità. Ma un sogno esclusivamente materialista sarebbe evaporato in fretta. Se l’immaginario delle donne è rimasto segnato per sempre, ci deve essere qualcosa che agisce a livelli più profondi. Ho il sospetto che sia il rovesciamento dei ruoli nell’interiorità. La prostituta è povera e volgare, ma si vuole bene. Il manager è ricco e raffinato, ma si detesta. Il più disgraziato dei due, alla fine, è lui. Infatti la escort può anche ricominciare a vivere senza il lusso garantitole dal finanziatore. E’ il manager che si sente sperduto senza l’energia vitale della ragazza. Andando a riprenderla, non salva lei, ma se stesso. Meglio, si salvano a vicenda. 
Perché cos’è in fondo l’amore, se non l’eterna storia di due naufraghi che decidono di salvarsi a vicenda?  

mercoledì 21 novembre 2012

Verso il natale...



Vito Mancuso ha pubblicato su Repubblica del 21 novembre 2012 una riflessione sull'ultimo libro del papa "L'infanzia di Gesù". Secondo il teologo è un testo che tralascia le analisi di molti teologi e biblisti ignorando le tante contraddizioni dei vangeli dell'infanzia di Gesù.
Il bambin Gesù del papa - Quei racconti diversi sull'infanzia del Cristo
di Vito Mancuso
Con il volume intitolato L’infanzia di Gesù che arriva oggi in libreria nei principali paesi del mondo, si conclude l’opera complessiva di quasi mille pagine in tre volumi dedicata da Joseph Ratzinger a Gesù di Nazaret. Con essa egli intende far tornare i cattolici a identificare narrazione evangelica e storia reale come avveniva fino a qualche decennio fa, prima dello sviluppo della moderna esegesi storico-critica. Raggiunge l’autore il suo obiettivo? A mio avviso no., perché si tratta di una mission impossible.
Tutti amiamo il Natale con la sua atmosfera di gioia e di pace, e questo nuovo libro del Papa è di grande aiuto nel viverne la spiritualità. L’oggetto sono i primi due capitoli del Vangelo di Matteo e del Vangelo di Luca, i cosiddetti “vangeli dell’infanzia”. Per secoli essi sono stati letti come reali resoconti storici, ma oggi l’esegesi biblica storico-critica è pressoché unanime nel dichiarare il contrario. L’obiettivo del Papa è che i vangeli dell’infanzia possano tornare a essere letti come storicamente fondati.
[...]
Ma, come tutti coloro che prima di lui hanno tentato di armonizzare racconti evangelisti, anche Ratzinger sorvola sulle contraddizioni tra i resoconti di Matteo e di Luca. Sono esse a rendere impossibile una storia dell’infanzia di Gesù degna di questo nome, come ritengono studiosi del calibro di Brown, Sanders, Meier, Dunn, Barbaglio, Fabris, Maggioni, Jossa, Ortensio da Spinetoli, Pesce e molti altri. Certo tra Matteo e Luca vi sono elementi comuni: l’identità dei genitori, l’annuncio angelico, il concepimento di Maria senza rapporti sessuali con il marito, la nascita a Betlemme sotto il regno di Erode, il trasferimento a Nazaret. Ma vi sono anche discordanze che non possono essere armonizzate: prima della nascita di Gesù Maria e Giuseppe o risiedevano a Nazaret (Luca) o risiedevano a Betlemme (Matteo); il loro viaggio da Nazaret a Betlemme o ci fu (Luca) o non ci fu (Matteo); Gesù nacque o in casa dei genitori (Matteo) o in una mangiatoia (Luca); la strage dei bambini di Betlemme o accadde (Matteo) o non accadde (Luca); i genitori fuggirono in Egitto per salvare il bambino dai soldati di Erode (Matteo) o andarono al tempio di Gerusalemme per la circoncisione senza che i soldati di Erode si curassero del bambino (Luca); la famiglia da Betlemme o tornò subito a casa a Nazaret di Galilea (Luca), oppure si recò a Nazaret solo dopo essere stata in Egitto e per la prima volta (Matteo).

giovedì 1 novembre 2012

Far paura alla morte!

In questi giorni ricorre la festa di Tutti i Santi e dei Defunti.
Non possiamo però ignorare come la festa di Halloween, che non appartiene alla nostra tradizione culturale, stia diventando sempre più popolare e commerciale.
"Cosa fai questa sera?" - mi chiede un collega - "Niente di particolare e tu?" - rispondo io - "Faccio con mio figlio la zucca di Halloween!"
Torno a casa e trovo mia figlia con il viso truccato. "Una mia compagna di classe ha voluto disegnarmi del sangue sulla faccia!"
Perchè tutta questa ritualità, questi simboli, questa voglia di travestirsi da morti?

Cerco di trovare alcuni collegamenti in riferimento all'esperienza della morte nelle varie tradizioni.

I malati, i lebbrosi, i "quasi morti" al tempo di Gesù, stavano alle porte della città. Lontano dalle relazioni sociali, perchè la religione insegnava che chi toccava un lebbroso diventava impuro. Chi non preferisce "tagliarsi" la parte che scandalizza, andrà tutto intero nella Geenna, la discarica di Gerusalemme.

Nella cultura africana tradizionale i malati venivano scarificati, e messi vicini alla spazzatura. Ancora oggi molti africani immigrati in Italia hanno sul corpo dei segni che nemmeno loro sanno spiegarne il perchè. Erano ancora piccoli, colpiti da qualche grave malattia. Anche da adulti, uomini e donne malati, venivano ulteriormente imbruttiti come per far paura alla Morte stessa. "Morte, non prènderteli! Sono talmente brutti..." Vi è una personificazione della Morte, che rende il rapporto più spontaneo. Fuori dalle case degli africani che vivono nei villaggi, vi è la tomba con i resti dei loro antenati. Immediatamente fuori casa, che quasi quasi ci inciampi con i piedi. Sono loro a proteggere la famiglia.

Ho collegato a questa tradizione, il bisogno che oggi molte persone hanno, in occasione di Halloween, di assumere aspetti simili ad un moribondo, ad un vampiro. Bisogno di sfidare la Morte. Alcuni psicologi affermano che per sconfiggere una paura per qualcosa, occorre affrontare faccia a faccia ciò che provoca questa paura. Fino a non molto tempo fa, quando i vecchi morivano lentamente davanti agli occhi dei figli e dei nipoti, la morte era conosciuta di più. E forse certi gesti di sfida nei confronti della morte, non esistevano.
Rimane però la tendenza ad isolare il malato nella nostra cultura occidentale moderna. I malati, pur essendo curati con tecniche sempre più efficaci, vengono comunque messi fuori dalle relazioni quotidiane. Gli ospedali, per vari motivi, sono sempre più chiusi alle visite. Sia al momento della nascita di un bambino, quando una donna partorisce. Sia al momento della morte, quando un malato si trova in gravi condizioni.

domenica 28 ottobre 2012

Ecco chi non sente la crisi!

Inaugurata ieri la nuova chiesa di Scientology a Padova

Ricordo di un incontro avvenuto alcuni anni fa davanti alla vecchia sede di Scientology a Padova. Una ragazza mi fermò mentre camminavo, facendomi questa domanda: Scusi, lei è felice?
In Seminario mi hanno insegnato a definire "setta" gruppi e movimenti come questi. Ma è anche vero che non bisogna giudicare una cosa prima di conoscerla. Ho conosciuto persone che entrando a far parte di gruppi come questi, sono passati da un problema ad un altro, hanno praticamente cambiato terapia, senza però risolverlo. E spesso si sono mangiati la casa, la famiglia, le amicizie.

L'altra sera, mentre ero bloccato dal traffico, ho visto numerosi fedeli, sotto la pioggia, festeggiare l'inaugurazione della nuova sede di Scientology a Padova. Una grande villa restaurata, a Pontevigodarzere, proprio accanto a Casetta Michelino, un centro diurno per anziani.
Mentre assistevo alla straordinaria partecipazione, mi è nato questo pensiero. Ho sempre immaginato che gli affari poco chiari si facessero al buio, di notte. O perlomeno di nascosto. 

«Veniamo da Milano, facciamo parte di Scientology da 20 anni – afferma una coppia prima di entrare -. Per ulteriori informazioni bisogna rivolgersi ai responsabili dei media, noi abbiamo l’ordine di non rilasciare dichiarazioni».  (dal Corriere del Veneto)

"Noi abbiamo l'ordine di non rilasciare dichiarazioni..." questo ritornello lo avevo già sentito pronunciare dai fedeli di un altro movimento il cui leader era stato accusato di non volere riconoscere il proprio figlio naturale. Ci sono atteggiamenti che si ripetono nelle persone che, anzichè essere educate alla libertà, vengono ridotte in schiavitù, convinte di essere più libere di prima.

giovedì 25 ottobre 2012

La grande festa dell'Islam

Con il tramonto di questa sera, è iniziata "la festa dell'agnello", la solennità massima dell'Islam. Detta anche "festa del sacrificio", ricorda il sacrificio di Ismaele da parte di suo padre Abramo/Ibrahim, obbediente alla volontà divina. Nel racconto islamico, grazie all'intervento di un angelo, Ismaele è sostituito da un agnello o da un montone. Nella Bibbia il figlio sacrificato è invece Isacco.
In ricordo del sacrificio dell'agnello, ogni capofamiglia musulmano sacrifica un animale e distribuisce ai poveri parte della carne.

Se domani, molti operai musulmani saranno assenti dalle fabbriche e dai luoghi di lavoro, è perchè stanno festeggiando la loro festa più grande, che per noi cristiani può essere paragonata alla Pasqua. Assenti ingiustificati? Lettere di contestazione in arrivo!

Il futuro della nostra società multietnica, mi auguro al più presto, sarà quello di riconoscere e lasciare celebrare le feste più importanti per i cittadini che abitano il nostro Paese. 

In Canada, a Montreal, ho conosciuto un Centro di formazione, composto da 6-7 persone di 3 differenti religioni. I giorni di festività dell'anno, e quindi di chiusura del Centro, coincidevano con le maggiori feste delle tre religioni, in modo da permettere a tutti di celebrare le proprie tradizioni religiose e culturali. E' possibile farlo anche nelle nostre fabbriche?

(diversamente da quei fenomeni di "con-fusione" di feste che sono già presenti, basta pensare a come la festa dei Santi e dei Morti si stia trasformando in festa di Halloween...e soltanto per motivi commerciali!)

Solo attraverso il riconoscimento della diversità religiosa e culturale, riusciremo a costruire una società di pace, ricca di colori e di belle e arricchenti differenze.