venerdì 9 ottobre 2009

QUALITA' DELL'ALIMENTAZIONE, NON QUANTITA'



(Il paradiso della frutta e verdura in uno di quei paesi cosiddetti "del terzo mondo"!)

"Il 4,4% delle famiglie residenti, vale a dire tre milioni di italiani, vive sotto la soglia di povertà alimentare. È questo il dato principale che emerge dal rapporto "La povertà alimentare in Italia. Prima indagine qualitativa e quantitativa" presentato in Campidoglio, condotto su dati del Banco alimentare da Fondazione per la Sussidiarietà - in collaborazione con l'Università Cattolica e Bicocca - e sostenuto da Banca Prossima, Banca del gruppo Intesa Sanpaolo e Nestlè.
Secondo la ricerca, una famiglia di due persone viene considerata povera se ha una spesa per cibo e bevande, in un mese, inferiore ai 222,29 euro. Questo importo (che serve ad acquistare beni primari come pane, pasta e carne) costituisce il limite minimo individuato su base nazionale, ma subisce delle oscillazioni se si considerano le diverse aree geografiche della Penisola. Per tenere conto del differente costo della vita, la ricerca ha infatti individuato diversi indici a livello regionale: così le soglie di povertà variano a Nord tra i 233-252 euro, al centro tra i 207-233 euro e nel Mezzogiorno tra i 196-207 euro. [...]" (IlSole24ore)


Con tutto rispetto per chi realmente soffre la fame nel mondo, a causa di guerre e carestie, vorrei proporvi una riflessione sui termini e sulle violenze che, in modo subdolo, il mercato moderno sta esercitando nei confronti dei suoi credenti.
"Povertà alimentare" nuovo termine coniato da banche armate e multinazionali come la Nestlè, che in primis hanno contribuito a rendere "miseri" i poveri del Sud del Mondo, e ora anche quelli del Nord. Aspettiamo di sentire parlare di "povertà culturale" per sperare di ricevere più sussidi dello Stato a favore della scuola italiana e delle iniziative di carattere culturale. O di "povertà sociale" perchè le associazioni locali non arrivino a chiudere case di accoglienza o licenziare educatori e mediatori culturali assunti con contratto a progetto.

Nessuno parla di come sarebbe giusto alimentarsi, evitando cioè i prodotti industriali scadenti e favorendo una sana alimentazione, più sobria e quindi più salutare. Un conto è spendere 233-252 euro al mese in alimenti-spazzatura, un conto è spenderli per alimenti naturali e integrali (cereali, ortaggi, legumi, ecc...) che comunque sono più economici anche se richiedono tempo nella preparazione domestica. La povertà culturale favorisce un processo di autoconvincimento che, grazie alla pubblicità, ci rende fragili di fronte alle proposte alettanti e fasulle del mercato.
Libertà di informazione e volontà di auto-informazione!

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