sabato 31 ottobre 2009

A UN ANNO DAL MIO "FAMOSO" ARTICOLO

A un anno dalla pubblicazione del mio articolo intitolato “Le ragioni dell'abbandono. A Padova un prete su quattro si toglie la veste” su Il Mattino di Padova del 31 ottobre 2008, in occasione della presentazione del mio libro...
di reazioni ne ho ricevute molte, belle, forti, dolci e amare.
Aldilà delle smentite in riferimento alla statistica (1 su 4), la cosa più interessante sono state le numerose lettere che, fino a qualche settimana fa, ho ricevuto.
Dalla signora indispettita "che mi vuole insegnare" (prima lettera) alla donna coinvolta in passato in una relazione con un giovane prete "che si sfoga" (seconda lettera), fino alla confidenza di un ultraottantenne parroco in pensione che "rilegge il suo passato"(terza lettera).
In attesa di completare la stesura di un nuovo articolo su “Le ragioni della gelosia. A Padova (e in tutto il mondo) l'80 per cento del comportamento dei preti è una questione di ormoni, non di Vangelo”, vi consegno il contributo di queste tre persone che, in modi diversi, hanno reagito alla mia provocazione e che contribuiscono a mantenere viva la riflessione. Grazie di cuore.

PRIMA LETTERA

Caro don Federico,
sono sposata da 39 anni e con mio marito ci siamo preparati cercando di vivere, il nostro fidanzamento prima e il nostro matrimonio poi, da cristiani. Abbiamo incontrato e conosciuto una chiesa postconciliare sensibile e feconda che attraverso alcuni sacerdoti e in seguito anche coniugi, ci ha illuminato sulle realtà sacramentali a partire dal battesimo fino a farci scoprire la grandezza e il valore dei due sacramenti della maturità: ordine e matrimonio.
Mi sono così innamorata della chiesa ed ho imparato a riconoscere come compagni di strada i suoi vari membri: laici, presbiteri e religiosi/e, per l’unica meta: la felicità (ma potrei dire il Regno, la piena realizzazione umana, il paradiso, l’incontro con Dio, ecc…), compagni che si aiutano nel seguire il percorso tracciato da Gesù maestro che ha specificato i diversi ministeri per ogni vocazione. E’ vero non c’è nessun divieto nel vangelo per i presbiteri di sposarsi e se è per questo neanche per le donne ad accedere all’ordine, ma ci ritorneremo anche su questi argomenti.
Ho conosciuto tanti preti, con alcuni abbiamo sviluppato delle belle amicizie; di altri nutro una stima più o meno grande, ma li porto tutti nel cuore e prego per loro (come sono capace, molto semplicemente e poveramente) e tu sei uno di loro, tra i più giovani e con uno dei miei figli che è stato ordinato da pochi anni.
Ho smesso da tempo di idealizzare il prete, così come ho smesso di idealizzare qualsiasi persona anche che si sia potuta distinguere per aver compiuto qualcosa di importante nella vita e nel mondo, ed ho imparato invece ad amare l’uomo concreto che con la sua umanità è davvero qualcosa di straordinario. Ho imparato a riconoscere i grandi slanci e le grandi miserie dell’umanità a partire da me ed ho appreso proprio dalla madre chiesa (Santa e peccatrice), attraverso i suoi ministri, la buona notizia dell’incommensurabile amore del Padre che Gesù ci ha mostrato con la sua vita.
Come in una grande famiglia anche nella chiesa c’è di tutto: provengo da una numerosissima famiglia e ho fatto una numerosa famiglia. In esse ho sperimentato dei legami d’amore molto forti insieme a delle contraddizioni altrettanto grandi e un rifugio sicuro per ogni suo membro indipendentemente da tutto.
E’ vero i tempi oggi sono molto cambiati, anche i costumi, ma io credo che ciò che accomuna in ogni epoca l’esito di ogni progetto di vita, rimanga lo spirito di sacrificio.
I miei genitori me ne hanno dato una testimonianza che per quanto mi sforzi io non riesco ad eguagliare e credo che siamo tutti un po’ debitori alle generazioni precedenti del frutto dei loro sacrifici. Oggi si è come un po’ ubriacati da falsi miti e false promesse, per cui vale più di ogni altra cosa la soddisfazione immediata di ogni nostro desiderio senza essere capaci della minima rinuncia, per cui riteniamo tiranni i genitori che pongono divieti; superata la chiesa nelle sue norme; imbecilli quelli che credono ancora nel rispetto dei valori quali la fedeltà, l’umiltà, l’obbedienza, la pazienza, la prudenza, ecc. Essi vengono respinti in nome di una psicologia spiccia che incentiva l’egocentrismo infantile (il sentirci unici al mondo e meglio degli altri), il soddisfacimento immediato delle nostre voglie in nome di una libertà che alla fine ci imprigiona più che mai, e l’incapacità di assumerci le responsabilità, attribuendo sempre ad altri le colpe di ogni nostro disagio. In più ci troviamo ricchi di capacità elucubrative e, talvolta, anche di mezzi materiali, che ci abilitano a fare quello che vogliamo in barba a tutte le promesse e al buon senso.
Detto questo voglio precisare che so benissimo che ci sono delle cose della tradizione che è stato giusto superare e molte altre ce ne sono per cui è giusto lottare; io stessa ho contestato e lottato non poco, ma quando si passa dall’altra parte di chi viene contestato, ecco che si ha come una nuova comprensione della realtà e si riconosce, prima di tutto la buona fede, la buona volontà di chi ci ha preceduto, pur con tanti limiti. E poi si scopre che gli ideali di gioventù devono fare i conti responsabilmente con una realtà molto complessa e molto più grande di noi, arrivando così ad un’alleanza cordiale con chi invece prima si voleva combattere, per perseguire quel piccolo cambiamento possibile sommando le forze anziché disperdere le giovani energie in lotte dai risultati improbabili, che appesantiscono il fardello di chi, già da tempo è impegnato a portarlo.
Ed ora veniamo alla tua specifica situazione: quando ti ho ascoltato al telefono e poi ti ho individuato in seminario nei giovedì sera, alla messa aperta a tutti, ho avuto la netta sensazione di una persona poco semplice e molto idealista. Il tuo modo di vestire (un po’ esibizionista?) non so bene cosa, la tua voglia di distinguerti mi ha fatto pensare: eccone un altro che si crede il salvatore del mondo. Speravo tanto di sbagliarmi e tanto più quando sei andato a Maserà e un mio zio ti aveva già eletto parroco per le tue belle doti espressive, la capacità di stare con i giovani e per il forte desiderio di rinnovamento che egli coltivava (lui ha comunque più di settant’anni), mi sono data della criticona, piena di pregiudizi e un po’ me ne sono vergognata. Per fortuna però non avevo fatto parola con alcuno. In seguito ho captato altre notizie e cioè che hai voluto cambiare, che necessitavi di tempo per pensare e intendevi fare nuove esperienze, magari di tipo missionario, e alla fine poi che avevi optato per scelte radicali non meglio precisate. E ora la tua testimonianza.
Mi è dispiaciuto tanto e mi sono perdonata per i miei pregiudizi e soprattutto perché, avendo io un’opinione personale molto critica nei confronti della formazione del seminario (ma non è colpa del seminario – credo- se tu ti trovi in questa situazione), per certi stili di certi preti che a me sembrano o sembravano degli eterni fanciulli o peggio come degli scapoloni senza responsabilità dirette, mi confermavo sulle mie idee e pensavo e penso in cuor mio che i preti dovrebbero sì “sposarsi, non con una donna (il che aprirebbe un capitolo di riflessioni molto ampio), ma con il senso di responsabilità, considerando la loro comunità o qualunque altro servizio, come e molto di più di una moglie e una famiglia, con impegni più vasti e più vari e con tempi totalizzanti, non certo nel senso che hai descritto tu “burocrate e funzionario del sacro” (non è vero che la gente vuole questo), ma nel senso della cura di ogni persona e situazione (cioè del farsi carico, dell’esserci).
L’amarezza che mi ha provocato la tua testimonianza è tanto grande, non solo per la difficoltà e pena che stai vivendo tu direttamente, dalla quale, secondo me, ponendoti in un atteggiamento di ascolto, e umile preghiera puoi trarre giovamento per la tua crescita umana, spirituale e morale (nulla è impossibile a Dio), ma per il tuo spiattellare senza carità le miserie (vere o presunte) dei tuoi confratelli, quasi che queste possano giustificare la tua scelta, anzi lasciando trasparire un sottile orgoglio per il coraggio del tuo metterti in pubblico e con la segreta speranza di evidenziarti come innovatore.
I preti sono come tutti gli uomini e credo che “pecchino” percentualmente uguale.
Anche Don Sante, al quale sembra associarti, aveva la stesso dichiarato obbiettivo: rinnovare la chiesa con la forza degli eventi da lui compiuti. Solamente lui minacciava di rendere pubbliche le vicende scabrose del clero padovano, tu invece l’hai fatto, gettando fango su tutto il presbiterio, seminando insinuazioni su alcuni superiori (l’intrattenimento con la donna sposata, i siti pornografici, le deviazioni di altri), ma tu pensi davvero che l’abolizione del celibato sanerebbe tutte le perversioni?
L’altra cosa che mi fa molto soffrire - e che ti da discredito- è il considerare deboli quelli che rimangono o che si ricredono (arrendendosi ai ricatti del vescovo?) non avendo il coraggio di procedere nella propria ribellione.
Altro motivo che mi fa pensare ad una vostra formazione carente sta nel fatto che nella vostra testimonianza non c’è nulla del matrimonio cristiano, che risponde sì agli stimoli di attrazione e passione, ma è anche luogo in cui l’esercizio della sessualità risponde agli stessi criteri di castità ai quali dovrebbe attenersi ogni persona ancorché prete. La sessualità inserita in un progetto di amore, comunione e relazione che rispetta stati e tempi con gradualità e responsabilità. E a questo proposito dico anche a te quello che ho detto ad una figlia quando mi annunciò la sua gravidanza a sorpresa e per questo pensava di accelerare il matrimonio: “un bambino, non è sufficiente per fare un matrimonio, ci vuole molto di più!”. L’amore vero non è quello che si abbandona solo ai sentimenti, ma è quello capace di promuovere le persone e il bene di tutti, anche di un figlio che ha il diritto di nascere in una condizione di accoglienza gioiosa e serena e in un clima di stabilità affettiva dei genitori.
Le cose che tu auspichi come soluzione del problema dei preti che rifiutano a posteriori il celibato, mi sembrano banali o strumentali, in ogni caso semplicistiche. Sarebbe come dire a chi è deluso dal proprio partner che può fare altre esperienze; o a dei genitori delusi dai propri figli che è possibile cambiarli.
Scusa la lunghezza, ma è venuta così. Prega Federico, non lasciarti abbagliare ancora una volta, sei ancora in tempo per non complicarti ancora di più la vita. Un abbraccio.
A.

SECONDA LETTERA

Quando si dice che il mondo è bello perchè è vario.... questa mattina compro come sempre il mio giornale, mi fermo alla chiesa dei Servi per un momento di riflessione, arrivo nella mia scuola dove lavoro da otto anni, un manicomio per la verità, mi siedo in sala insegnanti, sono sola, in effetti sono le 7.30 della mattina...amo arrivare in anticipo, e comincio a leggere e subito in prima pagine ti trovo, Federico. E fin qui nenche male, succede di finire sul giornale...quello che mi stupisce è il contenuto del tuo articolo. Ti sei sposato... Veramente lo stupore è durato poco perchè nei secondi successivi ti ho focalizzato ed in effetti ho pensato che sì, ci stava, eri un contestatore uno che ha sempre faticato ad accogliere le regole soprattutto se prive di un senso profondo. E così ho sorriso e quasi mi sono commossa. Ho letto volentieri il tuo articolo e leggerei volentieri anche il tuo libro. Si trova nelle libreire?
Lo sai? Forse sì... se n'è parlato un po' in parrocchia... mi sono riconosciuta in molte delle tue parole, perchè anch'io sono stata innamorata di un prete, e ho molto sofferto per questo, si soffre quando i tuoi sentimenti, la tua passione, la parte più autentica di te, deve essere repressa. La differenza con la vostra storia è che la mia non ha avuto un lieto fine e ho impiegato anni per poter stare come prima. Oggi che sono sposata con un uomo che amo posso parlare serenamente di questo, me ce n'è voluto...avevo 24 anni e pensavo che non avrei mai più avuto la possibilità di amare ancora una persona in quel modo e invece fortunatamente le cose cambiano.  Ricordo cosa mi disse don S. informato dall'interessato: “Ti passerà questa infatuazione, devi capire che ciò che vivi non è niente a confronto della sua vocazione, della sua chiamata, il vostro non è soltanto che un sentimento”.
Come no? Lui aveva detto che mi amava e che avrebbe lasciato la chiesa per me, è che poi non ha avuto il coraggio e non l'ha fatto: "non posso" mi ha detto, "non ce la faccio". L'anno che ho passato con lui penso sia stato il più intenso della mia vita ma anche uno dei più tristi. E poi sono andata alla sua ordinazione per vedere coi miei occhi fino a che punto poteva annientare i suoi sentimenti, che non erano stupidaggini come dicevano i vari preti che lo circondavano... e lui quel giorno non era felice, io l'ho capito guardandolo perchè se ami una presona non ti serve molto per capirla... se la conosci a tal punto ti basta molto poco per capire di cosa ha bisogno. Così la storia è finita... tranne che nei giorni successivi ho ricevuto una serie di telefonate da un tal prete che mi consigliava una guida spirituale per capire cosa volevo dalla vita.. per me? “No guardi – gli ho risposto - io so bene cosa voglio ed è per questo che ora sto soffrendo, sono i vostri giovani preti che non lo sanno tanto bene!”. Avevano paura che tormentassi il loro prete novello... Figurati, del resto ero stata io a sedurlo, dicevano, dunque ero una mina vagante.....ma io avevo capito e mi ero messa da parte, erano loro a non aver capito nulla di me.
Non so perchè ti ho sommerso con tutte queste parole, al limite non le leggerai ma sono scaturite dalla lettura del tuo articolo e ho avuto voglia di comunicartele, in amicizia...in fondo siamo stati amici!! Allora un saluto e un abbraccio forte a te e a tua moglie, congratulazioni e buona fortuna per tutto.
S.
 
ps anche mia mamma ti saluta tanto.

TERZA LETTERA

Caro confratello,
sono un prete vecchio.
Ho letto la sua lettera e della sua  vicenda conosco soltanto quello che da essa se ne può capire. Non ho letto Il Mattino, nessuno mi aveva parlato di quanto accaduto. Una settimana fa una Mail di don Giuseppe parlava del dolore causato dalla decisione di "Federico Bollettin" senza il don davanti e cercavo di capire chi fosse questo signore e che sorta di decisione poteva aver preso.
Non conosco lei, non so nulla sulla sua storia. Men che meno so qualcosa dei suoi sentimenti, delle sue convinzioni profonde, di tutto quello insomma che l'ha spinto a fare la scelta che ha fatto. Perciò nessun giudizio da parte mia. Solo l'impressione che la sua lettera sia sincera.
Le scrivo per dirle che la sua lettera mi ha fatto ripensare al mio passato e non mi è stato difficile accorgermi che qualcuno dei problemi cui lei accenna talvolta furono anche i miei. Però tra me e lei c'è una differenza. Dalla sua lettera mi sembra di capire che lei è dotato di una notevole autostima che l'aiuta a sostenere con forza le sue convinzioni anche a rischio di scontrarsi o di provocare scompiglio. Io invece sono sempre stato carente di autostima e talvolta questo è stato causa di interiore mortificazione.
Ora sono vecchio e ho imparato a ringraziare il Signore perchè, lasciandomi quel difetto, mi ha impedito di fare qualche passo di cui forse potevo pentirmi.
Spero davvero che la decisione presa da lei sia quella voluta da Lui e che, di conseguenza, Lui l'aiuti a percorrere fino in fondo la strada che per lei ha stabilito.
Con sincera stima
Don M. C.

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