venerdì 27 novembre 2009

VIOLENTATE, SFRUTTATE E... POI RESPINTE

La voce della Tratta è arrivata fino alla conferenza internazionale contro le violenze sulle donne.
VIOLENTATE, SFRUTTATE E … POI RESPINTE

Il parterre del G8 al femminile si è emozionato sentendo parlare ISOKE AIKPITANYI, la ragazza di BENIN CITY.



(di JESSICA CUGINI) A CURA DI CARLO CASTELLINI

La storia singolare di ISOKE. E’ arrivata nel 2ooo in Italia, quando aveva vent’anni. Voleva fare la commessa. Credeva di poter andare a Londra a lavorare in un supermercato. Garantirsi una nuova vita le è costato 30 milioni di lire nove anni fa. Ma si è trovata in tutt’altra situazione: sbattuta sul marciapiede insieme ad altre ragazze con “ quei tacchi ridicoli e la carne di fuori”.

L’emozione è tanta, la voce trema più volte, si deve fermare, non per riordinare le idee – quelle sono chiare –ma per ripetersi tra sé e sé, ancora una volta, il motivo per cui è lì: dare voce alla Tratta. A quelle ragazze con cui trascorre le giornate ad Aosta, nella sua Casa di accoglienza per vittime ed ex vittime di quella nuova schiavitù che è la strada, a quelle giovani – a volte giovanissime, che immagina ma non conosce…e anche a sé stessa, che da quel giogo si è liberata.
E’ la prima volta che una ex-vittima della Tratta viene invitata a partecipare ad una Conferenza internazionale contro la violenza sulle donne, organizzata dal Ministero sulle Pari Opportunità italiano. L’hanno chiamato il G8 delle Donne, questo appuntamento del 9 e 10 settembre, e ISOKE AIKPITANYI sa che è un’opportunità da non lasciarsi scappare. Ma la sensazione di essere fuori luogo ritorna, le attanaglia la gola fino a farle tremare la voce, a costringerla ad allontanarsi dal microfono.
“Ho cercato di resistere: io non sono un’intellettuale, non sono una docente o una giornalista. Le mie analisi sono semplici e dirette, non ho tutte le parole per condire bene le cose che devo dire e, soprattutto, anche in quella sede ho voluto parlare italiano, anche se avrei potuto esprimermi in inglese. Mi conosco bene, conosco le mie emozioni e a volte mi sento davvero stanca. Vorrei vivere più tranquilla. Dimenticare. Ma qualcuno lo deve fare e per il momento, tocca a me. Altre non lo fanno, perché vedono quali problemi devo affrontare per essere ascoltata e non se la sentono di sostenerlo”.
JESSIKA.
D. COS’E’ CHE AVRESTI VOLUTO DIRE E CHE INVECE, POI, VINTA DALL’EMOZIONE, NON SEI RIUSCITA AD ESPRIMERE?
ISOKE. R. “Quel che non sono riuscita adire nell’intervento è rimasto scritto nel testo che mi era stato chiesto di consegnare in anticipo. Volevo descrivere il dramma e le violenze subite dalle vittime della Tratta, e questo l’ho fatto. Ma come sintetizzare i miei quindici minuti, poi diventati sette, poi cinque per l’emozione? Innanzitutto sono partita dal fatto che l Tratta e la prostituzione sono due cose completamente diverse e che c’è anche la questione dei respingimenti: si respingono i migranti in mare, ma si respingono anche le clandestine. Le si rimpatria, e se chiedono aiuto, non si offre loro una regolarizzazione e un vero accompagnamento nell’inserimento sociale. Il vero problema sono i trafficanti che portano le loro vittime in Europa, superando il problema dei respingimenti. Basta pagare di più e si ottengono viaggio e documenti - più o meno legali - e nessun respingimento in qualunque aeroporto metropolitano”.

JESSICA. D. “NEL TUO DISCORSO RACCONTI CHE LA PRIMA VIOLENZA E’ TUTTA LA FEMMINILE: DONNE SU DONNE”.
ISOKE. R. “Come è successo a me, tutte le donne nella mia situazione subiscono la prima violenza da altre donne: le MAMAN, LE SFRUTTATRICI. La violenza maschile è a servizio delle MAMAN, per minacciare, picchiare, uccidere le ragazze che non ubbidiscono. Nessuna donna può credere che un’altra le possa fare del male, perché nel nostro Paese sono le donne a fare andare avanti la famiglia. Con la solidarietà femminile si affrontano la fame e la guerra , le malattie e le violenze tribali, come le mutilazioni sessuali, la lapidazione, la poligamia dei padri che abbandonano figli e moglie. Succede tutto questo perché l’Africa è arretrata? Il COLONIALISMO VECCHIO E NUOVO CI HA RUBATO LE RISORSE, ha corrotto la politica e a ha quasi cancellato la nostra dignità. I nostri valori più autentici si sono trasformati nel sogno di fare business, come i bianchi….Busness con tutto: con le donne, con i bambini, le armi, la droga, gli organi”.
JESSICA.D. “COME SPESSO ACCADE LA TUA EMOZIONE E’ PERO’ ARRIVATA PRIMA DELLE PAROLE”.
ISOKE.R. “Infatti, alcune giornaliste hanno scritto che la mia emozione ha toccato il pubblico. E allora ho capito una cosa: le istituzioni sono lontane, non vedono i drammi e le ingiustizie, le violenze e le sofferenze. Sono lontane perché sono altrove. Se basta un’emozione come la mia, condivisa pubblicamente, per scuoterle e sensibilizzarle, vuol proprio dire che le istituzioni sono sempre troppo lontane. Prendono decisioni razziste, anche quando non sono razziste, solo perché non hanno l’esperienza di che cosa vuol dire essere vittima del razzismo. E allora dobbiamo portare più sofferenza alle istituzioni e meno questioni politiche. Più verità e meno contestazioni . Noi vogliamo che nessuno muoia più in mare, nel deserto o nelle strade, non ci interessa che Berlusconi “cada” o non “cada”. La nostra verità è la verità dei drammi umani e umanitari, non vogliamo che diventi occasione per fare contrapposizioni politiche e che nelle contrapposizioni i protagonisti continuino a litigare mentre le persone muoiono”.
JESSICA. D.”C’E’ UN PASSAGGIO MOLTO DURO NEL TUO DISCORSO. UNA CONSIDERAZIONE CHE FORSE NOI ITALIANE NON ABBIAMO MAI FATTO, MI RIFERISCO ALLA TUA ANALISI SUI DIRITTI E SULLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE AFRICANE VITTIME DELLA TRATTA”.
ISOKE. R. “Anche in Italia, in Europa, le donne subiscono stupri, stalking, violenze in famiglia, come noi. Come se avere o non avere una cultura delle pari Opportunità per le donne non cambi la loro situazione. Restano e sono comunque sempre oggetto di violenza. Invece avere o non avere diritti è diverso: le donne italiane, europee, occidentali se subiscono violenze hanno il sostegno dell’opinione pubblica, delle istituzioni, della legge. Noi no. Sapete cosa diciamo noi africane, migranti, clandestine, vittime della Tratta?
“OGNI AFRICANA STUPRATA E’ UNA DONNA BIANCA CHE SI SALVA DALLO STUPRO”. “E’ PIU’ FACILE FARE VIOLENZA A UNA DONNA CHE CHE NON HA DIRITTI”. Lo stupro, è una violenza gravissima, ma la prostituzione per le vittime della Tratta è uno stupro a pagamento. Ecco perché noi africane pensiamo che non si possa fare una lista delle violenze contro le donne se non ci mettiamo dentro anche la prostituzione coatta. Purtroppo nessuno ci ascolta, così noi molto spesso subiamo stupri, ma non siamo considerate vittime, anzi, siamo colpevoli, perché siamo clandestine e ci prostituiamo, anche se non abbiamo scelto liberamente di farlo. Far sentire le donne vittime di stupro addirittura colpevoli per ciò che subiscono è una cosa che succede sempre: alle donne bianche si dice che sono troppe libere, troppo poco vestite,troppo provocanti; alle donne migranti che lo stupro se lo vanno a cercare, perché si prostituiscono”.
JESSICA. D. “ATTRAVERSO “LA RAGZZA DI BENIN CITY” LA VOCE DELLE EX-VITTIME DELLA TRATTA E’ ARRIVATA FINO AL G8 DELLE DONNE”.
ISOKE.R. “Si, è stata un’occasione per far conoscere il dramma della Tratta considerandola non una questione burocratica, come fanno alcune organizzazioni internazionali che dovrebbero occuparsi del problema. Io capisco che è un problema di professionalità; capisco che se un medico dovesse entrare in crisi perché vede i suoi pazienti soffrire, non riuscirebbe più a curarli, però li cura. I professionisti ella politica e dell’azione sociale forse sono un po’ come dei medici: svolgono il lavoro e si estraniano perché non possono farsi coinvolgere dalle storie di ciascuna persona. E’ così, la realtà è così. La disumanizzazione della politica e del sociale, è un grave errore e la sofferenza delle persone non è una pratica burocratica. Il fatto è che le singole persone contano e le comunità hanno un senso solo quando riescono ad essere un insieme di persone che si realizzano con altre, che affrontano i problemi insieme alla gente. Per gli esclusi, gli ultimi, non c’è soluzione, non esistono! Le clandestine non esistono o si vorrebbe che non esistessero più, non si vuole liberarle, si preferisce far finta che non ci siano, perché rappresentano un problema che ci coinvolge direttamente e personalmente tutti. Vorrei chiudere con un esempio”.
JESSICA. D. “PREGO”.
ISOKE. R. “Io ero ancora nella Tratta quando il mio compagno CLAUDIO MAGNABOSCO diventava matto nel tentativo di darmi una mano. Scrisse un libro e le comboniane di VERONA, SUOR ELISA KIDANE’ in testa, lo chiamarono a presentarlo. La sua emozione e quella del pubblico che lo ascoltò, rafforzate dalla forte e determinata volontà di suor ELISA e della sua rivista RAGGIO, diedero in qualche modo voce a me, che ancora non trovavo il coraggio necessario per uscire dalla Tratta , e a CLAUDIO,che capì di non essere solo in quel suo sforzo. Le vittime della Tratta non sono sole. Ecco perché ho parlato anche al G8 contro le violenze sulle donne. Ma tutto ciò è nato a VERONA, dalle COMBONIANE, dalla concretezza del vedere le sofferenze e i problemi e di agire per cancellarli. E’ questo che dovrebbero fare le istituzioni”.

(JESSICA CUGINI) A CURA DI CARLO CASTELLINI.


Giovedì 26 Novembre,2009 Ore: 10:14

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